LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ORILIA Lorenzo – Presidente –
Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –
Dott. ABETE Luigi – rel. Consigliere –
Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –
Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso n. 14183 – 2020 R.G. proposto da:
H.L. – c.f. ***** – B.B. – c.f. ***** –
(quali eredi di H.F.), rappresentati e difesi in virtù
di procura speciale su foglio allegato in calce al ricorso dall’avvocato Bruno Guaraldi, ed elettivamente domiciliati in Roma, alla via Giuseppe Avezzana, n. 6, presso lo studio dell’avvocato Matteo Acciari;
– RICORRENTI –
contro
MINISTERO della GIUSTIZIA – c.f. ***** – in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12, domicilia per legge.
CONTRORICORRENTE – RICORRENTE INCIDENTALE –
avverso il decreto della Corte d’Appello di Campobasso dei 17.7/11.9.2019, udita la relazione nella Camera di consiglio del 19 maggio 2021 del consigliere Dott. Luigi Abete.
MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO 1. Con ricorso ex lege n. 89/2001 depositato il 9.12.2018 alla Corte d’Appello di Campobasso H.L. e B.B., in qualità di eredi di H.F., deceduto il *****, si dolevano per l’eccessiva durata del fallimento della “*****” s.r.l., dichiarato e chiuso dal Tribunale di Larino, rispettivamente, con sentenza dei 25/26.6.1993 e con decreto del 2.7.2018, fallimento al cui passivo il loro dante causa era stato ammesso in chirografo a seguito di domanda di ammissione depositata il 9.9.1993.
Chiedevano ingiungersi, iure hereditatis, al Ministero della Giustizia il pagamento di un equo indennizzo.
2. Con decreto n. 103/2018 il consigliere designato rigettava il ricorso.
Determinava in 12 anni la durata ragionevole della procedura fallimentare “presupposta” in considerazione della sua complessità, sicché nulla era dovuto agli istanti per il periodo compreso tra il 9.9.1993, di del deposito della domanda di ammissione al passivo, ed il 16.9.2004, di del decesso del loro dante causa.
3. H.L. e B.B. proponevano opposizione L. n. 89 del 2001, ex art. 5 ter.
Resisteva il Ministero della Giustizia.
4. Con decreto dei 17.7/11.9.2019 la Corte d’Appello di Campobasso accoglieva solo in parte l’opposizione e, per l’effetto, condannava il Ministero a pagare a H.L. e a B.B. la complessiva somma di Euro 900,00, con gli interessi dalla domanda al saldo; compensava fino a concorrenza di Y2 le spese dell’intero procedimento e condannava il Ministero a rimborsare ai ricorrenti la residua metà, liquidata in Euro 220,00, oltre rimborso forfetario ed accessori di legge.
Reputava la corte che la durata ragionevole del fallimento “presupposto” in considerazione della sua complessità poteva essere determinata in nove anni, sicché la durata irragionevole, sino al di del decesso di H.F., era stata pari a 2 anni e 7 giorni.
Reputava altresì che il “moltiplicatore” annuo ben poteva quantificarsi in Euro 450,00.
5. Avverso tale decreto hanno proposto ricorso H.L. e B.B.; ne hanno chiesto sulla scorta di tre motivi la cassazione con ogni conseguente provvedimento anche in ordine alle spese.
Il Ministero della Giustizia ha depositato controricorso contenente ricorso incidentale articolato in un unico motivo; ha chiesto dichiararsi inammissibile o rigettarsi l’avverso ricorso ed accogliersi il ricorso incidentale; in ogni caso con il favore delle spese.
6. Il relatore ha formulato proposta di manifesta fondatezza del ricorso principale e di inammissibilità del ricorso incidentale ex art. 375 c.p.c., n. 5); il presidente ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., comma 1, ha fissato l’adunanza in Camera di consiglio.
7. Con il primo motivo i ricorrenti principali denunciano ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e/o falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 2 bis, in relazione all’art. 6 C.E.D.U., par. 1, al primo protocollo addizionale, art. 1, ed agli artt. 111 e 117 Cost..
Deducono che, per legge, la durata ragionevole massima delle procedure fallimentari è pari a sei anni.
8. Con il secondo motivo i ricorrenti principali denunciano ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 92 c.p.c., comma 2.
Deducono che ha errato la corte di merito a compensare nella misura di 1/2 le spese dell’intero procedimento.
Deducono che la quantificazione del “moltiplicatore” annuo in misura inferiore a quella richiesta non costituisce ipotesi di accoglimento parziale della domanda.
9. Con il terzo motivo i ricorrenti principali denunciano ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e/o falsa applicazione del D.M. n. 55 del 2014, art. 4, comma 6.
Deducono che ha errato la corte distrettuale a non riconoscere i compensi per la fase decisionale.
10. Con l’unico motivo il ricorrente incidentale denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e/o falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 2, e dell’art. 75 c.p.c..
Deduce che il dante causa dei ricorrenti principali ha acquistato la veste di parte nella procedura fallimentare “presupposta” non già al momento del deposito della domanda di ammissione al passivo bensì al momento dell’ammissione al passivo.
Deduce quindi, per un verso, che la corte territoriale ha erroneamente individuato il dies a quo della durata ragionevole del fallimento; per altro verso, che l’iniziale domanda dei ricorrenti principali non conteneva indicazione della data di ammissione al passivo, sicché era in parte qua aspecifica e, come tale, non poteva che essere respinta.
11. Va debitamente premesso che, nonostante la rituale notificazione del decreto presidenziale e della proposta del relatore, le parti, il Ministero controricorrente in particolare, non hanno provveduto al deposito di memoria.
In ogni caso, pur al di là del teste’ riferito rilievo, il collegio appieno condivide la proposta, che, nei termini che seguono, ben può essere reiterata in questa sede.
12. Il primo motivo del ricorso principale è dunque fondato e meritevole di accoglimento. Il suo buon esito assorbe e rende vana la disamina del secondo motivo e del terzo motivo del ricorso principale.
13. E’ sufficiente evidenziare che per espressa indicazione legislativa (L. n. 89 del 2001, ex art. 2, comma 2 bis, nella formulazione applicabile ratione temporis al caso de quo) la procedura fallimentare non può avere una durata ragionevole superiore a sei anni.
E’ perciò, da un canto, in toto ingiustificata la determinazione, cui ha fatto luogo la corte molisana, in nove anni della durata ragionevole della procedura fallimentare “presupposta”.
E’ perciò, d’altro canto, in toto da condividere l’assunto dei ricorrenti principali a tenor del quale la “percentuale di aumento” della durata ragionevole del fallimento è estranea al testo normativo, sicché al riguardo il giudice dell’equa riparazione non ha alcun margine di valutazione discrezionale (cfr. ricorso principale, pag. 13).
14. Il motivo di ricorso incidentale è inammissibile.
Invero il Ministero non ha dedotto in maniera specifica ed “autosufficiente” di aver in sede di opposizione L. n. 89 del 2001, ex art. 5 ter, formulato i rilievi e sollevato le quaestiones prefigurate con il motivo di ricorso incidentale.
Anzi dal paragrafo 1) del decreto in questa sede impugnato (cfr. pag. 2) si evince che in sede di opposizione citato ex art. 5 ter, il Ministero opposto si è limitato a domandare la declaratoria di inammissibilità ovvero il rigetto dell’opposizione ed “in via subordinata e in ipotesi di accoglimento dell’opposizione (…) la riduzione dell’indennizzo nella misura del 40% ai sensi della L. n. 89 del 2001, art. 2-bis, comma 1-bis”.
Conseguentemente, in questa sede, le ragioni di censura veicolate dal ricorso incidentale rivestono un indubbio connotato di novità.
15. In accoglimento del primo motivo del ricorso principale il decreto della Corte d’Appello di Campobasso dei 17.7/11.9.2019 va cassato con rinvio alla stessa corte d’appello in diversa composizione.
In dipendenza del buon esito del primo motivo del ricorso principale, formulato ed accolto nel segno della previsione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, si attende, giusta il disposto dell’art. 384 c.p.c., comma 1, all’enunciazione del principio di diritto – al quale ci si dovrà uniformare in sede di rinvio – nel modo che segue:
per espressa indicazione legislativa (L. n. 89 del 2001, ex art. 2, comma 2 bis, nella formulazione applicabile ratione temporis al caso di specie) la procedura fallimentare non può avere una durata ragionevole superiore a sei anni.
In sede di rinvio si provvederà alla regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
16. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 10, non è soggetto a contributo unificato il giudizio di equa riparazione ex L. n. 89 del 2001. Il che – al di là dell’accoglimento del ricorso principale e della veste di Pubblica Amministrazione del ricorrente incidentale – rende inapplicabile il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.
PQM
La Corte così provvede:
accoglie il primo motivo del ricorso principale;
cassa – in relazione e nei limiti dell’accoglimento del primo motivo del ricorso principale – il decreto della Corte d’Appello di Campobasso dei 17.7/11.9.2019 e rinvia alla stessa corte d’appello in diversa composizione anche per la regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità;
dichiara assorbiti nell’accoglimento del primo motivo del ricorso principale il secondo motivo ed il terzo motivo del ricorso principale;
dichiara inammissibile il ricorso incidentale.
Depositato in Cancelleria il 8 novembre 2021