LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRIA Lucia – Presidente –
Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – rel. Consigliere –
Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –
Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –
Dott. TRICOMI Irene – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 1993-2015 proposto da:
COMUNE DI CATANIA, in persona del Sindaco pro tempore, domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato SANTA ANNA MAZZEO;
– ricorrente –
contro
A.S., C.I.U., DISTRETTO SOCIO SANITARIO N. *****, INVESTIACATANIA S.P.A.; O INVESTICATANIA S.P.A.;
– intimati –
avverso la sentenza n. 666/2014 della CORTE D’APPELLO di CATANIA, depositata il 10/07/2014 R.G.N. 1098/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 27/04/2021 dal Consigliere Dott. PAOLO NEGRI DELLA TORRE;
il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FRESA Mario, visto il D.L. n. 137 del 2020, art. 23, comma 8 bis, convertito con modificazioni nella L. 18 dicembre 2020, n. 176, ha depositato conclusioni scritte.
FATTI DI CAUSA
1. Con sentenza n. 666/2014, depositata il 10 luglio 2014, la Corte di appello di Catania ha confermato la sentenza di primo grado, con la quale il Tribunale della stessa sede aveva respinto l’opposizione del Comune di Catania al decreto ingiuntivo di pagamento del compenso per l’attività svolta da A.S. nell’ambito del “Progetto Pilota Cantieri Sociali”, in virtù del contratto di collaborazione concluso con il Distretto Socio Sanitario n. *****, del quale il Comune di Catania era Comune capofila.
1.1. La Corte di appello, come già il giudice di primo grado, ha ritenuto sussistente la legittimazione passiva del Comune di Catania, non avendo il Distretto Socio Sanitario una personalità giuridica autonoma e distinta da quella del Comune capofila, al quale è affidata dalla L. n. 328 del 2000 (Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali) l’organizzazione ed il coordinamento degli interventi assistenziali sul territorio.
1.2. La Corte ha comunque osservato che il finanziamento necessario alla realizzazione del progetto era stato assegnato, secondo quanto risultante dalla documentazione in atti, al Comune di Catania, e non al Distretto Socio Sanitario n. *****, a dimostrazione che era il Comune capofila a gestire il progetto, anche se la relativa organizzazione era affidata al Distretto Socio Sanitario.
1.3. La Corte ha infine escluso, confermando anche sul punto la decisione di primo grado, che potesse configurarsi la legittimazione passiva di C.U.I., all’epoca Direttore della Direzione Servizi Socio Sanitari del Comune di Catania e coordinatore del Distretto, nonché RUP, dovendosi direttamente imputare alla P.A. gli atti compiuti dal dipendente nell’esercizio delle proprie funzioni.
2. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il Comune di Catania, con tre motivi.
3. A.S., il Distretto Socio Sanitario n. ***** e Investiacatania s.c.p.a., società finanziatrice del progetto, già appellati non costituiti, sono rimasti intimati.
4. Parimenti intimato è rimasto il C..
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo viene dedotta la violazione della L. 8 novembre 2000, n. 328, artt. 6 e 9 per avere la Corte di appello erroneamente ritenuto che la legittimazione passiva spettasse al Comune di Catania e non al Distretto Socio Sanitario, senza considerare che con quest’ultimo il Comune aveva stipulato un’apposita convenzione per l’organizzazione e la gestione dei servizi sociali, che il Distretto è autonomo sul piano finanziario (come era dimostrato dal fatto che aveva pagato direttamente un acconto alla parte attrice, attingendo ai fondi messi a disposizione dalla Regione) e che, pertanto, era chiamato a dare attuazione agli impegni assunti; e senza inoltre considerare che il Comune poteva rispondere della gestione dei fondi ottenuti per il progetto soltanto alla condizione che fossero stati rispettati gli obblighi finanziario-contabili imposti dal D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (Testo Unico degli Enti Locali).
2. Con il secondo il ricorrente deduce la violazione del D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 192 insieme con il vizio di motivazione, assumendo che in assenza di un valido contratto, ai sensi della norma richiamata, con conseguente corretto impegno di spesa, il rapporto non obbligava l’Ente ma esclusivamente il dirigente (e cioè il C.) che aveva permesso le prestazioni: questione che aveva formato oggetto di specifico motivo di gravame, ma sulla quale la Corte non aveva fornito alcun riscontro, né reso alcuna motivazione.
3. Con il terzo, deducendo violazione e falsa applicazione degli artt. 2697,2730,2733 e 1353 c.c. e vizio di motivazione, il ricorrente censura la sentenza impugnata nella parte in cui la Corte territoriale ha ritenuto, in contrasto con le prove documentali fornite dal Comune e con le affermazioni della stessa attrice, che il finanziamento necessario al progetto fosse stato assegnato al Comune e non al Distretto Socio Sanitario.
4. Il primo motivo è infondato.
4.1. Si deve al riguardo rilevare che, ai sensi della L. 8 novembre 2000, n. 328, art. 4, comma 1, “La realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali si avvale di un finanziamento pubblico a cui concorrono, secondo competenze differenziate e con dotazioni finanziarie afferenti ai rispettivi bilanci, i soggetti di cui all’art. 1, comma 3” e cioè gli enti locali, le regioni e lo Stato; e che, ai sensi del comma 2 del medesimo art. 4, “Sono a carico dei comuni, singoli e associati, le spese di attivazione degli interventi e dei servizi sociali a favore della persona e della comunità”, fatte salve le disposizioni, di cui ai successivi commi 3 e 5, in materia di ripartizione dei finanziamenti statali o di cofinanziamento degli interventi (nelle ipotesi specificamente previste) da parte delle regioni e in materia di competenze dello Stato nella definizione e ripartizione del Fondo nazionale per le politiche sociali e della spesa per le pensioni e per altre attività di assistenza e sostegno al reddito.
4.2. L’art. 6, comma 1 L. cit. attribuisce poi chiaramente ai comuni la titolarità “delle funzioni amministrative concernenti gli interventi sociali svolti a livello locale”, con la contestuale previsione che tali funzioni siano dagli stessi esercitate “adottando sul piano territoriale gli assetti più funzionali alla gestione, alla spesa ed al rapporto con i cittadini”.
4.3. Segue, al comma 2 dello stesso art. 6, la definizione delle varie attività, il cui esercizio spetta ai comuni “nell’ambito delle risorse disponibili in base ai piani di cui agli artt. 18 e 19 e secondo la disciplina adottata dalle regioni” e che comprendono – oltre alla programmazione, progettazione e realizzazione del sistema locale dei servizi a rete, con la indicazione delle priorità e dei settori di innovazione attraverso la concertazione delle risorse umane e finanziarie locali – l’erogazione dei servizi, delle prestazioni economiche e delle attività assistenziali; con la previsione, contenuta nel successivo comma 4, che “Per i soggetti, per i quali si renda necessario il ricovero stabile presso strutture residenziali, il comune nel quale essi hanno la residenza prima del ricovero, previamente informato, assume gli obblighi connessi all’eventuale integrazione economica”.
4.4. la L. n. 328 del 2000, art. 19 inoltre dispone, al comma 1, che “I comuni associati, negli ambiti territoriali di cui all’art. 8, comma 3, lett. a), a tutela dei diritti della popolazione, d’intesa con le aziende unità sanitarie locali, provvedono, nell’ambito delle risorse disponibili, ai sensi dell’art. 4, per gli interventi sociali e socio-sanitari, secondo le indicazioni del piano regionale di cui all’art. 18, comma 6, a definire il piano di zona”, al quale è assegnata dalla norma in esame, tra altre essenziali finalità, quella di individuare “gli obiettivi strategici e le priorità di intervento nonché gli strumenti e i mezzi per la relativa realizzazione” unitamente alle “modalità organizzative dei servizi” e alle “risorse finanziarie, strutturali e professionali”.
4.5. L’esame della L. n. 328 del 2000 conduce, pertanto, attraverso plurime e convergenti evidenze normative, a identificare nel Distretto Socio sanitario una mera articolazione organizzativa per la gestione di progetti e interventi di natura sociale e assistenziale, restando attribuita al Comune capofila la responsabilità patrimoniale per le obbligazioni derivanti dall’esecuzione degli stessi progetti e interventi e delle varie attività dipendenti o connesse.
5. Il secondo motivo è da ritenersi inammissibile.
5.1. Esso, infatti, risulta formulato nell’inosservanza del requisito di cui all’art. 366 c.p.c., n. 6, non essendo, da un lato, specificato dal ricorrente se la questione, che ne forma oggetto, sia stata sollevata, e in quali termini, nel giudizio di secondo grado, così da rappresentare una questione nuova nella presente sede di legittimità (cfr., fra le molte conformi, Cass. n. 907/2018); dall’altro, non essendo trascritto, né depositato insieme con il ricorso, il contratto stipulato dalla lavoratrice, di cui il Comune assume l’inefficacia nei propri confronti, né essendo comunque specificamente indicato il luogo dei fascicoli di merito in cui sia possibile rinvenirlo.
6. Egualmente inammissibile è il terzo motivo.
6.1. Deve in proposito ribadirsi il consolidato principio, per il quale “La violazione del precetto di cui all’art. 2697 c.c., censurabile per cassazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, è configurabile soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne era onerata secondo le regole di scomposizione delle fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni e non invece laddove oggetto di censura sia la valutazione che il giudice abbia svolto delle prove proposte dalle parti (sindacabile, quest’ultima, in sede di legittimità, entro i ristretti limiti del nuovo art. 360, n. 5)”: Cass. n. 13395/2018; conformi, fra altre: Cass. n. 15107/2013; Cass. n. 18092/2020.
6.2. D’altra parte, la Corte di appello, rilevando – sulla base della documentazione prodotta – che il finanziamento necessario per l’intero progetto era stato assegnato al Comune di Catania e non al Distretto Socio Sanitario (a dimostrazione del fatto che era il Comune, destinatario del finanziamento, a gestire il progetto e non il Distretto, al quale erano affidati compiti meramente organizzativi), ha svolto un motivato accertamento di fatto, insindacabile come tale nel giudizio di legittimità; né il vizio di motivazione risulta dedotto dal ricorrente secondo il paradigma normativo dell’art. 360 c.p.c., n. 5, quale derivante dalle modifiche introdotte nel 2012 e dalle precisazioni fornite dalle Sezioni Unite di questa Corte, quanto a perimetro applicativo e oneri di deduzione, con le sentenze n. 8053 e n. 8054 del 2014 e con le molte che ad esse si sono conformate.
6.3. Quanto alla violazione e falsa applicazione degli artt. 2730 e 2733 c.c., è da osservare come il motivo ora in esame non si sottragga, anch’esso e per questa parte, ad una censura di inammissibilità per inosservanza del requisito di cui all’art. 366 c.p.c., n. 6, non risultando trascritti gli atti da cui emergerebbero le dichiarazioni aventi valore confessorio rese dall’attrice, secondo quanto dedotto dal ricorrente: trascrizione peraltro di obiettiva e sicura rilevanza, ai fini dell’esame e della valutazione del motivo, proprio in relazione al richiamato principio di diritto, per il quale le ammissioni contenute negli scritti difensivi sottoscritti dal solo procuratore ad litem, pur non avendo valore confessorio, costituiscono elementi indiziari che possono essere liberamente valutati dal giudice per la formazione del suo convincimento, mentre quando essi rechino anche la sottoscrizione della parte, ben può essere loro attribuito valore confessorio, dovendo presumersi che la parte abbia avuto piena conoscenza di quelle ammissioni e ne abbia assunto la titolarità (Cass. n. 15760/2001; conforme Cass. n. 319/2004).
6.4. Nel caso di specie, in mancanza di trascrizione dell’atto (o di specifica indicazione del luogo ove sia possibile rinvenirlo), e’, pertanto, da ritenere che difetti il requisito di cui all’art. 366 c.p.c., n. 6, con riferimento alla eventuale sottoscrizione della parte personalmente, rimanendo applicabile la prima parte del principio che rende possibile al giudice di merito una libera valutazione della portata della dichiarazione, ai fini della formazione del suo convincimento.
7. Per tutte le considerazioni svolte, il ricorso deve essere respinto.
8. Non vi è luogo a pronuncia sulle spese di lite, essendo la controparte rimasta intimata.
9. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.
PQM
La Corte rigetta il ricorso; nulla spese.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 27 aprile 2021.
Depositato in Cancelleria il 8 novembre 2021
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