Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.32453 del 08/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LEONE Margherita Maria – Presidente –

Dott. MARCHESE Gabriella – rel. Consigliere –

Dott. BUFFA Francesco – Consigliere –

Dott. BOGHETICH Elena – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 31463-2019 proposto da:

INPS, – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale procuratore della SOCIETA’ DI CARTOLARIZZAZIONE DEI CREDITI INPS (SCCI) SPA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati CARLA D’ALOISIO, LELIO MARITATO, EMANUELE DE ROSE, ANTONINO SGROI;

– ricorrente –

B.D., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLFRIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato MANUELA RINALDI;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

INPS, – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale procuratore della SOCIETA’ DI CARTOLARIZZAZIONE DEI CREDITI INPS (SCCI) SPA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati CARLA D’ALOISIO, LELIO MARITATO, EMANUELE DE ROSE, ANTONINO SGROI;

– controricorrente al ricorso incidentale –

avverso la sentenza n. 237/2019 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA, depositata il 18/04/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 17/06/2021 dal Consigliere Relatore Don. GABRIELLA MARCHESE.

RILEVATO

CHE:

la Corte d’appello di L’Aquila, confermando la decisione di primo grado, ha dichiarato non dovuto il credito richiesto dall’Inps, a titolo di contributi dovuti alla Gestione Separata, all’avvocato B.D., in relazione all’attività libero professionale svolta nell’anno 2009;

a fondamento del decisum, la Corte d’appello ha osservato che, in relazione all’anno oggetto di causa, la professionista aveva prodotto un reddito che non superava la soglia di Euro 5.000,00 e che “in ogni caso” il credito dell’INPS era prescritto, in quanto l’atto di messa in mora era intervenuto il 2.7.2015, decorso il quinquennio dalla data in cui i contributi dovevano essere versati (ovvero dal 16.6.2010). Per i giudici, non trovava applicazione il differimento al 6.7.2010, stabilito dal D.P.C.M. 10 giugno 2010, in difetto di prova, di cui era onerato l’Istituto, che al professionista si applicasse il regime giuridico degli studi di settore;

la cassazione della sentenza è domandata dall’INPS sulla base di un unico ed articolato motivo, cui ha opposto difese l’avv.to B.D., con controricorso, contenente ricorso incidentale condizionato; l’INPS ha depositato, a sua volta, controricorso;

la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.

CONSIDERATO

CHE:

con l’unico motivo del ricorso principale – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – l’INPS denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2935 e 2941 c.c., della L. n. 335 del 1995, art. 2, commi 26 – 31, del D.Lgs. n. 241 del 1997, art. 18, del D.P.R. n. 435 del 2001, art. 17 e del D.P.C.M. 10 giugno 2010, per avere la Corte di merito dichiarato l’intervenuta prescrizione, escludendo lo slittamento al 6.7.2010 del termine per il versamento dei contributi, disposto dal D.P.C.M. cit.;

l’INPS critica l’interpretazione resa dalla Corte di merito e deduce che, ai fini dello slittamento del termine di scadenza del versamento dei contributi, rileva esclusivamente che l’attività esercitata dal lavoratore sia da ricomprendere tra quelle per cui sono stati elaborati gli studi di settore. Nella specie, lo è sicuramente l’attività di avvocato, poiché il D.L. n. 331 del 1993, art. 62 ter conv. con modificazioni dalla L. n. 427 del 1993, prevede che gli studi di settore si applichino pure ai professionisti;

il motivo è inammissibile, per difetto di interesse;

come riportato nello storico di lite, la sentenza impugnata è sorretta da due rationes decidendi, distinte ed autonome: da un lato, l’affermazione di insussistenza dell’obbligo di contribuzione in ragione del reddito prodotto inferiore ad Euro 5.000,00 e, dall’altro, la declaratoria di intervenuta prescrizione del credito contributivo;

ciascun percorso argomentativo e’, infatti, idoneo a giustificare, in via autonoma, la decisione impugnata;

l’INPS ha censurato la seconda statuizione e non anche la prima; pertanto, divenuta definitiva una ratio, le critiche relative all’altra non possono produrre in nessun caso l’annullamento della sentenza, in base al principio della Corte, secondo cui: “Ove la sentenza sia sorretta da una pluralità di ragioni, distinte ed autonome, ciascuna delle quali giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione adottata, l’omessa impugnazione di una di esse rende inammissibile, per difetto di interesse, la censura relativa alle altre, la quale, essendo divenuta definitiva l’autonoma motivazione non impugnata, non potrebbe produrre in nessun caso l’annullamento della sentenza” (ex plurimis: Cass. n. 18641 del 2017; Cass. n. 3386 del 2011; Cass. n. 24540 del 2009; Cass. n. 389 del 2007);

sulla base delle svolte argomentazioni, il ricorso principale dell’INPS va dichiarato inammissibile, restando, di conseguenza, assorbito il ricorso incidentale condizionato dell’avv.to B.;

le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo;

sussistono, altresì, i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ove il versamento risulti dovuto.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso principale e assorbito quello incidentale condizionato.

Condanna l’INPS al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida, in favore dell’avv. to B., in Euro 1.300,00 per compensi professionali, in Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerate, il 17 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 8 novembre 2021

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