Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.32514 del 08/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCODITTI Enrico – Presidente –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – rel. Consigliere –

Dott. GIAIME GUIZZI Stefano – Consigliere –

Dott. GORGONI Marilena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5928-2020 proposto da:

L.M.G., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MUZIO CLEMENTI 9, presso lo studio dell’avvocato RAGUSO GIUSEPPE, rappresentata e difesa dall’avvocato CARLUCCI DONATO;

– ricorrente –

contro

AGENZIA NAZIONALE PER L’ATTRAZIONE DEGLI INVESTIMENTI E LO SVILUPPO DI IMPRESA SPA, AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE *****;

– intimate –

avverso la sentenza n. 4620/2019 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 04/07/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 24/06/2021 dal Consigliere Relatore Dott. PORRECA PAOLO.

CONSIDERATO

Che:

L.M.G. si opponeva all’ingiunzione di pagamento emessa dall’Agente per la riscossione ai sensi del R.D. n. 639 del 1910, per crediti vantati dall’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa, s.p.a., deducendo di non aver ricevuto precedente comunicazione della volontà risolutoria del finanziamento cui era stata indicata come sottesa la violazione degli accordi per trasferimento della propria residenza invece, a sua volta, previamente comunicato;

il Tribunale rigettava l’opposizione, mentre la Corte di appello dichiarava inammissibile il gravame per tardività, osservando che, dovendo qualificarsi come opposizione all’esecuzione, allo stesso non poteva applicarsi la sospensione feriale dei termini;

avverso questa decisione ricorre per cassazione L.M.G., articolando un unico motivo;

sono rimasti intimati l’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa, s.p.a., e l’Agenzia Entrate Riscossione.

RILEVATO

Che con l’unico motivo di ricorso si prospetta la violazione e falsa applicazione del R.D. n. 639 del 1910, artt. 2 e 3, poiché la Corte di appello avrebbe errato mancando di considerare che l’opposizione all’ingiunzione in parola era una domanda di accertamento negativo della pretesa creditoria, a fronte di una perduta valenza di precetto e titolo esecutivo dell’atto opposto;

Vista la proposta formulata del relatore ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c.;

Rilevato che:

il ricorso è tardivo;

infatti, il principio dell’apparenza, secondo cui l’impugnazione è soggetta al regime della domanda per come qualificata dal giudice del provvedimento impugnato, si estende anche ai termini per impugnare, oltre che quand’anche si contesti la qualificazione della domanda resa dal giudice della pronuncia gravata (Cass., 11/01/2012, n. 171, e succ. conf. quale ad es. Cass., 13/11/2020, n. 25837, pag. 4);

in tal caso la sentenza impugnata è stata pubblicata il 4 luglio 2019, e non notificata, mentre il ricorso è stato notificato il 27 gennaio 2020;

non deve provvedersi sulle spese in mancanza di difese delle parti intimate;

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, la Corte dà atto che il tenore del dispositivo è tale da giustificare il pagamento, se dovuto e nella misura dovuta, da parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, il 24 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 8 novembre 2021

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