Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.32535 del 08/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERRINO Umberto – Presidente –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – rel. Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19784/2015 proposto da:

SOGES S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, L. G. FARAVELLI 22, presso lo studio dell’avvocato ARTURO MARESCA, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati VINCENZO STUMPO, VINCENZO TRIOLO, ANTONIETTA CORETTI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1134/2014 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 02/02/2015 R.G.N. 578/2013;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 03/06/2021 dal Consigliere Dott. GABRIELLA MARCHESE.

RILEVATO CHE:

1. la Corte d’appello di Torino, in accoglimento dell’appello proposto dall’Inps, respingeva la domanda proposta da SOGES S.p.A. (di seguito, Soges), diretta ad ottenere la restituzione, a carico del Fondo di Garanzia, di quanto pagato ai dipendenti a titolo di TFR, a seguito di affitto di ramo d’azienda dal GRUPPO SOGES S.p.A. (di seguito Gruppo Soges), poi assoggettata a procedura concorsuale, per la quota di competenza di quest’ultima;

2. di tale sentenza, Soges ha chiesto la cassazione, affidando l’impugnazione ad un motivo, cui ha resistito l’Inps con controricorso, poi illustrato con memoria.

CONSIDERATO CHE:

3. con un unico motivo di censura – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – Soges deduce la violazione e la falsa applicazione dell’art. 1203 c.c., n. 3, nonché della L. n. 297 del 1982, artt. 1 e 2, di attuazione della direttiva n. 80/987/CEE, successivamente codificata nella direttiva 2008/94/CE;

4. nello specifico, la società ricorrente censura la sentenza della Corte d’appello di Torino per aver negato il diritto di Soges a surrogarsi ai lavoratori nei loro diritti verso il Fondo di Garanzia per il trattamento di fine rapporto, nonostante la corresponsione agli stessi, già dipendenti del Gruppo Soges, sottoposto a procedura fallimentare, dell’intero TFR e dunque anche della quota maturata durante il rapporto di lavoro intercorso con la società cedente;

5. pacifici i fatti di causa, il motivo è da respingere;

6. è controverso se sussista il diritto alla surrogazione, nei diritti dei lavoratori e nei confronti del Fondo di garanzia istituito presso l’Inps, in favore del cessionario che, a seguito di vicenda di trasferimento d’azienda, in forza dell’obbligo di legge, ex art. 2112 c.c., abbia corrisposto ai lavoratori ceduti anche la quota del TFR, maturata durante il rapporto di lavoro con la società cedente, divenuta esigibile al momento di cessazione dello stesso (id est: del rapporto di lavoro);

7. la Corte di appello ha giudicato infondata la pretesa della Soges e la decisione va confermata in questa sede;

8. la correttezza del decisum discende dai principi affermati da questa Corte in numerosi arresti (v., ex plurimis, Cass. n. 19314 del 2021; Cass. n. 1655 del 2020; Cass. n. 9752 del 2019; Cass. n. 6361 del 2017, Cass. nn. 10543 e 10544 del 2016) che seppure riferiti alla diversa fattispecie della responsabilità del committente, del D.Lgs. n. 276 del 2003, ex art. 29, per i debiti, a titolo di TFR, maturati dall’appaltatore nei confronti dei suoi dipendenti, valgono anche nel caso che occupa;

9. nei precedenti citati, è stato osservato che il committente, solidalmente responsabile con il proprio appaltatore, ai sensi del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 29, comma 2, non trae la sua posizione in via derivata da un dante causa (nel caso di specie: il lavoratore) come invece il cessionario del suo credito, ma presta una garanzia in favore del datore di lavoro ed a vantaggio del lavoratore, adempiendo alla quale assolve ad un’obbligazione propria, istituita ex lege, che lo legittima, come nei rapporti tra condebitori solidali, ad un’azione di regresso ai sensi dell’art. 1299 c.c., nei confronti dell’appaltatore, obbligato principale ovvero ad un’azione di surroga nei diritti del lavoratore, ai sensi dell’art. 1203 c.c., n. 3, in base al diverso titolo del rapporto di appalto, assistito dal particolare obbligo di garanzia legale. A tale riguardo, si è considerato che “Ai fini dell’operatività della surrogazione legale di cui all’art. 1203 c.c., n. 3, non è necessario né che il surrogante sia tenuto al pagamento del debito in base allo stesso titolo del debitore surrogato, né che egli sia direttamente obbligato nei confronti dell’accipiens, richiedendo la norma soltanto che il surrogante abbia un interesse giuridicamente qualificato alla estinzione dell’obbligazione” (v. pronunce citate che richiamano Cass. n. 28061 del 2013);

10. la fattispecie oggetto d’esame non si pone in termini differenti poiché, anche nel trasferimento d’azienda, la responsabilità del cessionario, in via solidale con il cedente, per la parte del debito maturata, a titolo di TFR, durante il rapporto con quest’ultimo, trova il suo fondamento, ex lege, nell’art. 2112 c.c. e non in via derivata dal lavoratore;

11. pertanto, come è stato escluso che il committente possa essere qualificato, ad alcun titolo, avente diritto del lavoratore, così deve escludersi che tale posizione possa assumere il cessionario, la cui tutela sarà garantita dai principi che governano i rapporti di solidarietà e non attraverso la speciale disciplina di accesso al Fondo di Garanzia;

12. sulla base delle svolte argomentazioni, il ricorso va rigettato;

13. le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo;

14. sussistono i presupposti processuali per il pagamento, da parte della ricorrente, del doppio contributo, ove dovuto.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida, in favore della parte controricorrente, in Euro 7.00,00 per compensi professionali, in Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 3 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 8 novembre 2021

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