Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.32583 del 08/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERRINO Umberto – Presidente –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – rel. Consigliere –

Dott. BUFFA Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9771-2016 proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale mandatario della S.C.C.I. S.P.A. – Società di Cartolarizzazione dei Crediti I.N.P.S., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CESARE BECCARIA N. 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli avvocati ANTONINO SGROI, LELIO MARITATO, CARLA D’ALOISIO, EMANUELE DE ROSE, GIUSEPPE MATANO, ESTER ADA VITA SCIPLINO;

– ricorrenti principali –

contro

T.E., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE PARIOLI 87, presso lo studio dell’avvocato ALDO SEMINAROTI, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente – ricorrente incidentale –

nonché contro EQUITALIA CENTRO S.P.A., (già EQUITALIA ROMAGNA S.P.A.);

– intimata –

E SUL RICORSO SUCCESSIVO SENZA N. R.G. proposto da:

EQUITALIA CENTRO S.P.A., (già EQUITALIA ROMAGNA S.P.A.); in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CAIO MARIO 7, presso lo studio dell’avvocato MARIA TERESA BARBANTINI, rappresentata e difesa dall’avvocato FIORENZA SOLAINI;

– ricorrente successivo –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale mandatario della S.C.C.I. S.P.A. – Società di Cartolarizzazione dei Crediti I.N.P.S., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli avvocati ANTONINO SGROI, LELIO MARITATO, CARLA D’ALOISIO, EMANUELE DE ROSE, GIUSEPPE MATANO, ESTER ADA VITA SCIPLINO;

– resistenti con mandato al ricorso successivo –

nonché contro T.E.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 458/2015 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 13/04/2015 R.G.N. 38/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 01/07/2021 dal Consigliere Dott. LUIGI CAVALLARO.

RILEVATO IN FATTO

che, con sentenza depositata il 13.4.2015, la Corte d’appello di Bologna ha confermato la pronuncia di primo grado che aveva dichiarato parzialmente prescritto il credito iscritto a ruolo dall’INPS in danno di T.E. e relativo a contributi previdenziali non pagati, per i quali l’Istituto aveva ottenuto vari decreti ingiuntivi;

che avverso tale pronuncia l’INPS ha proposto ricorso per cassazione, deducendo due motivi di censura;

che T.E. ha resistito con controricorso, contenente ricorso incidentale fondato su un motivo, rispetto al quale l’INPS ha depositato delega in calce;

che Equitalia Centro s.p.a. ha resistito con controricorso anch’esso contenente ricorso incidentale fondato su un motivo.

CONSIDERATO IN DIRITTO

che, con il primo motivo del ricorso principale, l’INPS denuncia violazione dell’art. 112 c.p.c. per avere la Corte di merito ritenuto la novità e inammissibilità della prospettazione secondo cui, non essendo stati tempestivamente opposti i decreti ingiuntivi con cui erano stati richiesti i contributi previdenziali successivamente iscritti a ruolo, il termine prescrizionale applicabile avrebbe dovuto essere quello decennale, ed altresì per aver ritenuto l’infondatezza di tale prospettazione per carenza di documentazione idonea a dimostrare il passaggio in giudicato dei decreti medesimi, ancorché sul punto il debitore ingiunto non avesse formulato contestazione alcuna;

che, con il secondo motivo del ricorso principale, l’INPS lamenta violazione e falsa applicazione della L. n. 335 del 1995, artt. 3, commi 9-10, e art. 2953 c.c., per non avere la Corte territoriale ritenuto che i contributi oggetto d’iscrizione a ruolo, siccome oggetto di altrettanti decreti ingiuntivi non tempestivamente opposti, fossero ormai assoggettati al termine di prescrizione decennale;

che, con l’unico motivo del ricorso incidentale, T.E. si duole di violazione degli artt. 420,421 e 437 c.p.c., per avere la Corte di merito ritenuto la tardività e inammissibilità della prospettazione secondo cui l’unico credito non prescritto era già stato pagato a seguito di condono intervenuto nelle more del giudizio originato dalla sua opposizione al decreto ingiuntivo con cui l’INPS gliene aveva richiesto il pagamento, che proprio per ciò si era concluso con declaratoria di cessazione della materia del contendere;

che, con l’unico motivo del ricorso incidentale, Equitalia Centro s.p.a. deduce violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 26 e 60, e art. 145 c.p.c., per avere la Corte territoriale ritenuto l’invalidità della notifica della cartella effettuata in data 8.7.2005 presso la sede della Zeta Uno Arredamenti Gran Riposo di T.E. s.a.s., sul presupposto che nella relata si era dato atto che l’impresa non vi era stata trovata e che la notifica dovesse essere ritentata ai sensi dell’art. 145 c.p.c., invece che effettuata nella forma della notifica ad irreperibili ex art. 140 c.p.c.;

che i due motivi del ricorso principale dell’INPS possono essere trattati congiuntamente, stante l’intima connessione delle censure svolte, e sono infondati, essendosi chiarito che la conversione in decennale del termine prescrizionale per effetto del giudicato, ex art. 2953 c.c., non si verifica a seguito della mancata tempestiva opposizione al decreto ingiuntivo, bensì nel momento in cui il giudice, dopo aver controllato la notificazione del decreto, lo dichiara esecutivo ex art. 647 c.p.c., stante che l’effetto di cui all’art. 2953 c.c. si collega ad un provvedimento giurisdizionale passato in giudicato e tale qualità non può essere attribuita che al decreto ingiuntivo dichiarato esecutivo ai sensi dell’art. 647 c.p.c., dal momento che solo per esso l’art. 656 c.p.c. prevede l’esperibilità dei mezzi straordinari d’impugnazione per la sentenza passata in giudicato (così Cass. n. 1774 del 2018 e succ. conf.);

che parimenti infondato è il motivo di ricorso incidentale di T.E., avendo la sentenza impugnata fatto corretta applicazione del principio secondo cui debbono ritenersi precluse in appello quelle eccezioni che, essendo fondate su elementi e circostanze non prospettati nel giudizio di primo grado, abbiano introdotto in sede di gravame un nuovo tema d’indagine, così alterando i termini sostanziali della controversia e determinando la violazione del principio del doppio grado di giurisdizione (così da ult. Cass. n. 2271 del 2021);

che contrari argomenti non possono desumersi da Cass. n. 15043 del 2015, pure richiamata nel ricorso incidentale, atteso che l’esercizio dei poteri ufficiosi in tema di ammissione di prove indispensabili ex art. 437 c.p.c. opera pur sempre – come si legge nella motivazione – nell’ambito dei “fatti allegati”, valendo a tal fine il limite temporale di cui all’art. 420 c.p.c. (così Cass. S.U. n. 761 del 2002 e innumerevoli succ. conf.), che è pacifico, nel caso di specie, non essere stato rispettato, risultando dalla stessa prospettazione del ricorso che la vicenda processuale e sostanziale relativa all’unico credito non ritenuto prescritto è stata approfondita solo a seguito della sentenza di primo grado (cfr. pag. 10 del controricorso con ricorso incidentale di T.E.);

che con riguardo all’unico motivo del ricorso incidentale proposto da Equitalia Centro s.p.a., va premesso che, per principio consolidato, la notificazione degli atti tributari a società priva di personalità giuridica dev’essere eseguita, ai sensi dell’art. 145 c.p.c., comma 2, (per come riformato dalla L. n. 263 del 2005, art. 2), presso la sede della stessa (Cass. n. 9009 del 2017), solo nel caso in cui manchi l’indicazione del legale rappresentante potendo avvenire mediante ricorso alla procedura D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 60, (Cass. n. 2620 del 2000), dovendo all’uopo accertarsi se la persona fisica, che sia indicata nell’atto quale legale rappresentante, risiede nel comune in cui l’ente ha il suo domicilio fiscale (Cass. nn. 3618 del 2006, 15856 del 2009);

che, applicando i suesposti principi al caso di specie e ricordando che, nel caso di notifica da effettuarsi a società dichiarata fallita, la persona fisica che ne ha la rappresentanza va individuata nel curatore fallimentare (così Cass. n. 15856 del 2009, cit.), ferma restando la necessità di notificare l’atto anche al contribuente, legittimato ad opporsi nell’inerzia del curatore (Cass. n. 21074 del 2011), nessuna censura merita la sentenza impugnata, avendo fatto corretta applicazione del principio secondo cui alla procedura D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 60, può farsi ricorso solo quando non sia nota l’identità del legale rappresentante e/o questi non abbia domicilio presso il comune dove ha sede il domicilio fiscale dell’ente (così Cass. n. 1668 del 2013, puntualmente richiamata dalla sentenza impugnata); che contrari argomenti non possono desumersi da Cass. nn. 13016 del 2012 e 26502 del 2014, che hanno invece applicato il medesimo principio di diritto, sia pure in fattispecie in cui non era nota né conoscibile la persona fisica legale rappresentante della società intimata;

che nemmeno può sostenersi che, al fine di escludere il ricorso alla procedura di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60 dall’atto da notificare dovrebbe potersi individuare non solo la persona fisica che sia legale rappresentante della società, ma anche la sua residenza (cfr. in tal senso il ricorso incidentale di Equitalia Centro s.p.a., pag. 8), atteso che tali dati costituiscono piuttosto l’oggetto delle ricerche che debbono essere infruttuosamente esperite (e documentate) dal messo notificatore per accertare l’assoluta irreperibilità del destinatario (cfr. in tal senso Cass. n. 4657 del 2020); che i ricorsi, pertanto, vanno conclusivamente rigettati, compensandosi le spese del giudizio di legittimità in ragione della soccombenza reciproca;

che, in considerazione del rigetto dei ricorsi, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso.

P.Q.M.

La Corte rigetta i ricorsi. Compensa le spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 1 luglio 2021.

Depositato in Cancelleria il 8 novembre 2021

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