Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.32670 del 09/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 33575-2019 proposto da:

MACA S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE PARIOLI n. 44, presso lo studio dell’avvocato MASSIMILIANO MARSILI, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

IREN ENERGIA S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA G. PISANELLI n. 2, presso lo studio dell’avvocato DANIELE CIUTI, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato MARCO BUFFA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 573/2019 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 29/03/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 24/06/2021 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVA.

PREMESSO IN FATTO

Con atto di citazione notificato il 20.10.2014 Iren Energia S.p.a. proponeva opposizione al decreto ingiuntivo n. 8310/14, con il quale il Tribunale di Torino gli aveva ingiunto il pagamento, in favore di Maca S.r.l., della somma di Euro 94.273,05 a saldo di alcune fatture per servizi di pulizia, facchinaggio, disinfestazione e derattizzazione. L’opponente invocava, in via riconvenzionale, la declaratoria della risoluzione del contratto a suo tempo stipulato con l’opposta per fatto e colpa di quest’ultima, e la condanna di Maca S.r.l. al risarcimento del danno.

Nella resistenza del creditore opposto, il Tribunale dichiarava inefficace il recesso esercitato dall’opposto dal contratto a suo tempo sottoscritto tra le parti e, ritenuto l’inadempimento di Maca S.r.l. a detto accordo, la condannava, all’esito delle opportune compensazioni tra le rispettive poste in dare ed in avere, al pagamento in favore di Iren Energia S.p.a. della somma di Euro 134.453,17.

Interponeva appello avverso detta decisione Maca S.r.l. e si costituiva in secondo grado Iren Energia S.p.a., resistendo al gravame.

Con la sentenza impugnata, n. 573/2019, la Corte di Appello di Torino rigettava l’impugnazione, condannando l’appellante alle spese del grado.

Propone ricorso per la cassazione di detta decisione Maca S.r.l. affidandosi a due motivi.

Resiste con controricorso Iren Energia S.r.l..

La parte controricorrente ha depositato memoria in prossimità dell’adunanza camerale.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il Relatore ha avanzato la seguente proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c.: “PROPOSTA DI DEFINIZIONE EX ART. 380-BIS C.P.C. INAMMISSIBILITA’ del ricorso.

La controversia ha ad oggetto la richiesta, introdotta da Maca Srl nelle forme del ricorso per decreto ingiuntivo, di pagamento di somme a fronte dei servizi svolti da tale società in base al contratto di appalto di servizi di pulizie concluso con Iren Energia Srl. Quest’ultima ha interposto opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. ***** del 2014, emesso dal Tribunale di Torino in favore di Maca Srl, invocando la declaratoria dell’illegittimità del recesso dal contratto esercitato dall’appaltatrice e quindi del suo grave inadempimento alle obbligazioni contrattuali, nonché la sua condanna al risarcimento del danno, consistente nel maggior costo che la società committente aveva dovuto affrontare per assicurarsi i servizi non garantiti da Maca Srl. Il Tribunale di Torino ha accolto l’opposizione, revocando il decreto, accertando l’illegittimità del recesso di Maca Srl e condannando quest’ultima al pagamento della somma di Euro 134.453,17 oltre alla restituzione della somma ricevuta in base al decreto revocato. La Corte di Appello di Torino ha confermato la decisione, rigettando l’appello interposto da Maca Srl.

Quest’ultima propone ricorso articolato su due motivi. Il ricorso, notificato il 30 ottobre 2019 avverso decisione depositata il 29 marzo 2019, è tardivo. Ne deriva l’inammissibilità dello stesso.

In ogni caso, con il primo motivo la società ricorrente censura l’interpretazione della clausola di cui al capitolato generale di appalto, art. 16, fatta propria dalla Corte torinese. Ad avviso di Maca Srl, tale clausola -attributiva all’appaltatrice della facoltà di recedere dall’appalto in caso di riduzione oltre il quinto delle richieste di servizi di pulizia provenienti dalla committente- avrebbe dovuto essere letta nel senso che detto quinto doveva essere calcolato su base mensile, prendendo a riferimento il valore globale dell’appalto diviso per il numero dei mesi previsti per la durata del rapporto. La Corte di Appello, invece, con articolata motivazione nella quale, oltre al richiamato capitolato generale, art. 16, vengono esaminate anche le varie clausole contenute nel capitolato speciale di appalto, ha ritenuto che “… non era possibile ipotizzare l’effettiva incidenza economica dei servizi di appalto su una base mensile, perché alcuni di questi avevano frequenza diversa e perché vi potevano essere modifiche non prevedibili ex ante su legittima richiesta dell’appaltante; la conseguenza è che una distribuzione dell’importo contrattuale complessivo su base mensile, dividendo l’importo stesso per il numero di mesi di durata del contratto, non avrebbe potuto avere alcuna significatività reale per la ricostruzione dell’andamento del rapporto e non avrebbe potuto fare quindi da riferimento congruente e attendibile per la valutazione dello jus variandi. Proprio ai sensi dell’art. 1362 e ss. c.c., pertanto le disposizioni non solo del capitolato generale ma del capitolato speciale effettivamente disciplinanti il rapporto, regolanti lo jus variandi e la possibilità di esercitare il recesso per diminuzione oltre il quinto delle prestazioni richieste dall’appaltatrice, non possono essere valutate come presupponenti a tal fine un valore di riferimento ottenuto con una distribuzione su base mensile dell’importo contrattuale complessivo previsto -perché il valore medio” così ottenuto non sarebbe stato confrontabile con l’effettivo andamento mensile delle prestazioni richieste dall’appaltante all’appaltatrice, per quanto sopra detto, e non sarebbe stato pertanto indicatore attendibile” (cfr. pagg. 13 e 14).

La censura si risolve nella prospettazione di una interpretazione del contratto diversa, ed alternativa, a quella fatta propria dal giudice di merito, senza peraltro alcuna specifica contestazione, da parte della società ricorrente, del presupposto logico posto a base del ragionamento della Corte di Appello, rappresentato dalla constata irregolare distribuzione delle prestazioni nel corso del rapporto negoziale e, quindi, dalla scarsa attendibilità del criterio proposto dalla ricorrente. Con il secondo motivo la Maca Srl censura la decisione nella parte relativa alla quantificazione del danno posto a carico della ricorrente. Ad avviso di quest’ultima, infatti, il giudice di merito avrebbe omesso di considerare che la committente avrebbe dovuto rivolgersi alle stesse imprese che avevano partecipato alla gara, scorrendo la relativa graduatoria, e non invece rivolgersi all’esterno, come nel caso di specie Iren Energia Spa aveva fatto, in violazione del D.Lgs. n. 163 del 2006, art. 140. La Corte piemontese, dopo aver evidenziato che l’argomento della violazione della norma da ultimo richiamata era stato introdotto da Maca Srl solo con la comparsa conclusionale in appello, lo ha comunque preso in esame (ritenendo che il richiamo a detta norma non introducesse una nuova questione di fatto, ma solo un ulteriore profilo di valutazione dell’identica condotta della committente, rappresentata dall’affidamento del servizio di pulizia a soggetto che non aveva preso parte alla gara) ed ha ritenuto tale scelta coerente sulla base di tre concorrenti argomenti logici: (1) il contenuto testuale del capitolato generale di appalto, art. 18, che stabiliva che “in tutti i casi di risoluzione” del contratto per fatto e colpa dell’appaltatore, questo fosse “… sempre tenuto al risarcimento di tutti i danni derivanti dall’inadempimento, fra cui il rimborso dei maggiori costi derivanti al Gruppo Iren dalla stipulazione di un nuovo contratto o comunque dalla necessità di procurarsi in altro modo le prestazioni oggetto di contratto” (cfr. pag. 17); (2) la mancata produzione in atti, a cura di Maca Srl, dei documenti di gara, con conseguente impossibilità di verificare se nel bando fosse contenuto un esplicito riferimento al D.Lgs. n. 163 del 2006, art. 140; (3) la giustificabilità della scelta di Iren Energia Spa, tenendo conto dell’esigenza di trovare altro fornitore di servizi in tempi rapidi, di affidare in via provvisoria il servizio non garantito da Maca Srl ad altra impresa che aveva partecipato alla gara, e che aveva manifestato la sua disponibilità a tempo determinato, indicendo al contempo nuova gara per reperire sul mercato un interlocutore affidabile e stabile (cfr. pagg. 18 e 19).

Anche in questo caso, la censura proposta da Maca Srl tende a contrapporre all’articolata motivazione della Corte di Appello una interpretazione difforme, senza peraltro attingere il decisivo passaggio relativo alla mancata produzione dei documenti di gara, e si risolve quindi in una doglianza inammissibile”.

Il Collegio condivide la proposta del Relatore, in particolare in relazione al rilievo della tardività del ricorso.

Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile.

Le spese del presente giudizio di legittimità, da liquidare nei confronti della parte controricorrente, vanno poste a carico della parte ricorrente.

Ricorrono i presupposti processuali di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 comma 1-quater, per il raddoppio del versamento del contributo unificato, se dovuto.

PQM

La Corte Suprema di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta-2 Sezione Civile, il 24 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 9 novembre 2021

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