LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –
Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –
Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –
Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –
Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 25218-2019 proposto da:
G.I., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA MAZZINI n. 112, presso lo studio dell’avvocato STEFANO TALARICO, rappresentato e difeso dall’avvocato NICOLA PEZONE;
– ricorrente –
contro
C.M. e CE.LU., soci e titolari dello STUDIO TECNICO ASSOCIATO LU.CE. E C.M., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEL PLEBISCITO n. 107, presso lo studio dell’avv. ANDREA NECCI, rappresentati e difesi dall’avv. PAOLO BARTALINI;
– controricorrenti –
avverso la sentenza del TRIBUNALE di SIENA, depositata il 01/06/2017;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 15/07/2021 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVA.
FATTI DI CAUSA
Con atto di citazione ritualmente notificato G.I. proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 777/2013, emesso dal Tribunale di Siena, in virtù del quale le era stato ingiunto di pagare allo Studio Tecnico Associato Lu.Ce. e C.M. la somma dovuta a titolo di corrispettivo per lo svolgimento di alcune prestazioni professionali.
Nella resistenza dell’opposto, il Tribunale, con sentenza n. 517/2017, rigettava l’opposizione condannando l’opponente alle spese di primo grado.
Interponeva appello la G. e la Corte di Appello di Firenze, con ordinanza ex artt. 348 bis e ter c.p.c., dichiarava inammissibile il gravame.
Propone ricorso per la cassazione della decisione di prime cure G.I., affidandosi a due motivi.
Resistono con controricorso Ce.Lu. e C.M..
Non risultano depositate memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il Relatore ha avanzato la seguente proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c.: “PROPOSTA DI DEFINIZIONE EX ART. 380-BIS C.P.C. INAMMISSIBILITA’ del ricorso.
Con ordinanza ex artt. 348 bis e ter c.p.c., la Corte di Appello di Firenze dichiarava inammissibile il gravame proposto da G.I. avverso la sentenza n. 517/2017, con la quale il Tribunale di Siena aveva rigettato l’opposizione dalla medesima interposta avverso il decreto ingiuntivo n. 777/2013, emesso in favore di Studio Tecnico Associato di Lu.Ce. e C.M. per il pagamento della somma di Euro13.738,33 a titolo di compensi professionali.
Ricorre per la cassazione della sentenza di primo grado G.I. affidandosi a due motivi.
Con il primo di essi, la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perché il giudice di merito avrebbe solo parzialmente tenuto conto delle risultanze dell’istruttoria espletata in primo grado. Con il secondo motivo, invece, la ricorrente lamenta la violazione dell’art. 246 c.p.c., sempre in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perché il giudice di merito avrebbe erroneamente escluso la testimonianza di S.S., figlio della G., ritenendolo interessato alla lite.
Le due censure, meritevoli di esame congiunto, sono inammissibili poiché si risolvono in una istanza di riesame del giudizio di fatto operato dal giudice di merito, estranea alla finalità e alla natura del giudizio di legittimità (Cass. Sez. U, Sentenza n. 24148 del 25/10/2013, Rv. 627790). Il Tribunale ha esaminato le deposizioni dei testimoni escussi e tenuto conto della documentazione prodotta in atti del giudizio e, all’esito di una valutazione in fatto sostanzialmente confermata dalla Corte di Appello e non suscettibile di riesame in questa sede, ha ritenuto provata la prestazione professionale di cui è causa e dovuto il compenso indicato nel decreto ingiuntivo opposto. La Corte di Appello ha poi respinto il motivo di gravame con il quale la G. si doleva della mancata ammissione del teste S., poiché l’appellante non aveva depositato il fascicolo di parte del primo grado, in tal modo non consentendo alla Corte distrettuale la verifica del capitolato sul quale il predetto teste avrebbe dovuto deporre: tale statuizione non è attinta dalle censure proposte in questa sede, che pertanto appaiono anche carenti del richiesto grado di specificità”.
Il Collegio condivide la proposta del Relatore.
Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile. Le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
Ricorrono i presupposti processuali di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, per il raddoppio del versamento del contributo unificato, se dovuto.
PQM
La Corte Suprema di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso e condanna la parte ricorrente a pagare alla parte controricorrente le spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.200, di cui Euro 200 per esborsi, oltre rimborso delle spese generali nella misura del 15%, iva, cassa avvocati ed accessori tutti come per legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta-2 Sezione Civile, il 15 luglio 2021.
Depositato in Cancelleria il 9 novembre 2021