Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.32698 del 09/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUCIOTTI Lucio – Presidente –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – rel. Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7637-2020 proposto da:

A.E.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FALERIA 17, presso lo studio dell’avvocato MANFREDO PIAZZA, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente-

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, DIREZIONE PROVINCIALE DI *****;

– intimata –

avverso la sentenza n. 2653/1/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DELLA CALABRIA, depositata il 12/07/2020;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 15/09/2021 dal Consigliere Relatore Dott. COSMO CROLLA.

CONSIDERATO IN FATTO

1. A.E.L., esercente la professione di avvocato, proponeva ricorso davanti alla Commissione Tributaria Provinciale di Catanzaro avverso l’avviso di accertamento con cui l’Agenzia delle Entrate, all’esito di accertamenti compiuti dalla Guardia di Finanza, aveva determinato il maggior reddito imponibile per l’anno 2011 sulla scorta delle movimentazioni bancarie, recuperando a tassazione le maggiori imposte Irpef ed Iva.

2. La Commissione Tributaria Provinciale rigettava il ricorso.

3. La sentenza veniva impugnata dal contribuente e la Commissione Regionale Tributaria della Calabria rigettava l’appello ritenendo operativa la presunzione di maggior reddito dei prelevamenti e dei versamenti operati in conti correnti in assenza di prova contraria fornita dal contribuente.

4. Avverso la sentenza della CTR il contribuente ha proposto ricorso per Cassazione affidandosi ad un unico motivo. L’Agenzia delle Entrate non si è costituita.

5 Sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi del novellato art. 380 bis c.p.c., risulta regolarmente costituito il contraddittorio.

RITENUTO IN DIRITTO

1. Con l’unico motivo di impugnazione il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1973, art. 32, della L. n. 212 del 2000, artt. 10 e 12; si sostiene che i giudici di seconde cure non hanno tenuto conto che, a seguito dell’intervento della Corte Costituzionale con la sentenza 228/2014, non è applicabile ai professionisti la presunzione che i prelevamenti generino reddito.

2. Il motivo è fondato.

2.1 Secondo la giurisprudenza pressoché unanime della Corte già nella vigenza del testo antecedente alla modifica introdotta dalla L. 31 dicembre 2004, n. 311, art. 1, comma 402 (che ha aggiunto la parola “o compensi”), la presunzione stabilita dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 32, secondo cui sia i prelevamenti che i versamenti operati sui conti correnti bancari vanno imputati ai ricavi conseguiti dal contribuente nella propria attività (se questo non dimostra di averne tenuto conto nella base imponibile oppure che sono estranei alla produzione del reddito) era applicabile non solo al reddito di impresa in senso stretto ma anche ai redditi di lavoro autonomo, dovendosi ritenere che il termine “ricavi” figura impiegato in una accezione ampia,, riferibile non solo ai componenti positivi del reddito di impresa di cui agli artt. 85 e 109 Tuir, ma anche e più in generale ai proventi derivanti da ogni attività di lavoro autonomo di cui all’art. 53 Tuir. (conformi: Sez. 5, Sentenza n. 14041 del 27/06/2011, n. 4601/2002, n. 11750/2008, n. 430/2008, n. 11750/2008, n. 14026/2012; Cass. n. 23709/2019; difforme n. 27845/2018).

2.2 Sennonché va considerato lo ius superveniens rappresentato dalla sentenza della Corte costituzionale n. 228 del 2014, che ha dichiarato l’illegittimità del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 32, comma 1, n. 2, nella parte in cui, con riferimento ai lavoratori autonomi, prevede che i prelevamenti costituiscano presunzione di maggiori compensi, restando invece invariata la presunzione legale posta dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, con riferimento ai versamenti effettuati su un conto corrente dal professionista o lavoratore autonomo, sicché questi è onerato di provare in modo analitico l’estraneità di tali movimenti ai fatti imponibili (Sez. 5, Sentenza n. 16697 del 09/08/2016; Sez.6-5 n. 7951 del 2018).

2.3 Ne consegue che in tema di accertamento, resta invariata la presunzione legale posta dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, ai soli versamenti effettuati su un conto corrente dal professionista o lavoratore autonomo, sicché questi è onerato di provare in modo analitico l’estraneità di tali movimenti ai fatti imponibili, mentre è venuta meno, all’esito della sentenza della Corte costituzionale n. 228 del 2014, l’equiparazione logica tra attività imprenditoriale e professionale relativamente ai prelevamenti sui conti correnti (Cass. n. 16697 del 09/08/2016, n. 19029 del 27/09/2016)1 2.4 La Commissione tributaria regionale, pur dando atto di ciò nella premessa della motivazione in diritto, ha contraddittoriamente concluso per la operatività della presunzione legale dell’imputabilità a compensi sia dei prelevamenti che dà versamenti operati dal professionista sui propri conti correnti.

3 Il ricorso va, quindi, accolto con cassazione della sentenza impugnata e rinvio della causa alla Commissione tributaria regionale della Calabria, in diversa composizione, la quale deciderà la controversia attenendosi alla regola che la presunzione prevista dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, comma 1, n. 2), è applicabile alle sole operazioni di versamento (e non di prelevamento) risultanti dai conti correnti bancari riferibili al professionista e provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte:

accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Commissione tributaria regionale della Calabria, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 15 settembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 9 novembre 2021

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