LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –
Dott. SCOTTI Umberto L.C.G. – Consigliere –
Dott. MARULLI Marco – Consigliere –
Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –
Dott. VELLA Paola – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso n. 20926/2020 proposto da:
F.V., elettivamente domiciliato in ROMA, Via Giovanni Nicoera n. 31, presso lo studio dell’avvocato Prof. Francesco Astone, rappresentato e difeso dagli avvocati Carla Nassetti ed Andrea Montanari;
– ricorrente –
contro
E.F., elettivamente domiciliata in ROMA, presso la CANCELLERIA CIVILE DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato Salvatore Vito Villani;
– controricorrente –
avverso il decreto n. cronol. 1617/2020 della Corte d’appello di Bologna, depositato il 15/4/2020;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 1/7/2021 dal Consigliere Relatore Dott. GIULIA IOFRIDA.
FATTI DI CAUSA
La Corte d’appello di Bologna, con decreto n. cronol. 1617/2020, depositato in data 15/4/2020, ha respinto il reclamo di F.V., nei confronti di E.F., avverso il decreto del 14/7/2018 con il quale il Tribunale aveva respinto la richiesta del F. di revisione, L. n. 898 del 1970, ex art. 9, delle condizioni del divorzio dall’ex coniuge E., quali risultanti da sentenza della stessa Corte di merito del 2016 (assegno, a carico dell’ex marito, di Euro 1.000,00 a favore della ex moglie, e di Euro 1.500,00, per la figlia minore G., nata nel 2003, affidata ad entrambi i genitori, con prevalente collocamento presso la madre, oltre contributo nella misura del 50% delle spese straordinarie). In particolare, i giudici d’appello hanno sostenuto che non era stato dimostrato un significativo mutamento nell’assetto dei rapporti tra gli ex coniugi, atteso che permaneva un notevole squilibrio tra le condizioni economiche delle due parti, in quanto, il reddito del F. aveva subito solo una lieve contrazione, nel 2017, ma doveva tenersi conto del fatto che per il mutuo contratto per l’acquisto della casa coniugale, le cui rate erano a carico dello stesso, era prevista l’estinzione nel luglio 2018, mentre la E. risultava percepire solo un reddito mensile pari ad Euro 638,00; inoltre, l’evoluzione giurisprudenziale in materia di assegno divorzile, dedotta dal reclamante anche a fondamento della richiesta di revisione, non influiva in alcun modo sull’assegno di contributo al mantenimento della minore, che andava pertanto del pari confermato.
Avverso la suddetta pronuncia, F.V. propone ricorso straordinario per cassazione, ex art. 111 Cost., notificato il 27/7/2020, affidato ad unico motivo, nei confronti di E.F. (che resiste con controricorso, notificato il 15/4/2020). E’ stata disposta la trattazione con il rito camerale di cui all’art. 380-bis c.p.c., ritenuti ricorrenti i relativi presupposti. Il ricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il ricorrente lamenta, con unico motivo, “l’errata applicazione del principio di diritto introdotto dalla sentenza della Suprema Corte n. 18287 del 2018, pronunciatasi a Sezioni unite in tema di assegno divorzile”, deducendo che la Corte d’appello avrebbe ritenuto “sbrigativamente” insussistenti sopravvenienze al fine della chiesta revisione delle condizioni economiche del divorzio, limitandosi ad affermare il permanere di un notevole squilibrio o divario delle condizioni economiche delle due parti, così richiamando il principio del tenore di vita e non applicando il nuovo principio espresso dal giudice di legittimità della funzione equilibratrice e compensativa dell’assegno di divorzio, nella specie insussistente, avendo avuto il matrimonio breve durata, dal 2002 a 2007, nel corso del quale i coniugi sono sempre stati economicamente autosufficienti.
2. La censura è inammissibile. Invero, questa Corte (Cass. n. 1119 del 2020) ha già chiarito che “in tema di revisione dell’assegno divorzile, ai sensi della L. n. 898 del 1970, art. 9, il mutamento sopravvenuto delle condizioni patrimoniali delle parti attiene agli elementi di fatto e rappresenta il presupposto necessario che deve essere accertato dal giudice perché possa procedersi al giudizio di revisione dell’assegno, da rendersi, poi, in applicazione dei principi giurisprudenziali attuali”, cosicché “consentire l’accesso al rimedio della revisione attribuendo alla formula dei “giustificati motivi” un significato che includa la sopravvenienza di tutti quei motivi che possano far sorgere un interesse ad agire per conseguire la modifica dell’assegno, ricomprendendo tra essi anche una diversa interpretazione delle norme applicabili avallata dal diritto vivente giurisprudenziale, è opzione esegetica non percorribile poiché non considera che la funzione della giurisprudenza è ricognitiva dell’esistenza e del contenuto della “regula iuris”, non già creativa della stessa”. Questa Corte ha ribadito che la revisione dell’assegno divorzile di cui alla L. n. 898 del 1970, art. 9, postula l’accertamento di una sopravvenuta modifica delle condizioni economiche degli ex coniugi idonea a mutare il pregresso assetto patrimoniale realizzato con il precedente provvedimento attributivo dell’assegno, secondo una valutazione comparativa delle condizioni suddette di entrambe le parti, non potendo, in sede di revisione, il giudice procedere ad una nuova ed autonoma valutazione dei presupposti o della entità dell’assegno, sulla base di una diversa ponderazione delle condizioni economiche delle parti già compiuta in sede di sentenza divorzile, dovendosi solo limitare a verificare se, ed in che misura, le circostanze, sopravvenute e provate dalle parti, abbiano alterato l’equilibrio così raggiunto e adeguare l’importo, o lo stesso obbligo della contribuzione, alla nuova situazione patrimoniale-reddituale accertate (Cass. n. 787 del 2017 e Cass. n. 11177 del 2019). Si è osservato che l’interpretazione giurisprudenziale, anche ad opera delle Sezioni Unite di questa Corte, “costituisce una chiave di lettura dei dati di fatto rilevanti per il diritto e non li produce essa stessa né nel mondo fenomenico né, come si è visto, quale fonte normativa”.
Ora, nella specie, la censura, invocando direttamente l’operatività del nuovo orientamento giurisprudenziale espresso da questa Corte sull’assegno L. n. 898 del 1970, ex art. 5 (Cass. SU. n. 18287 del 2018), è inammissibile, atteso che i fatti in essa, dedotti sono stati puntualmente oggetto di specifica disamina da parte della Corte territoriale, che ha affermato che le circostanze allegate dall’ex marito, in relazione al peggioramento delle proprie condizioni reddituali, non erano sopravvenute e non assumevano carattere significativo, quindi non erano decisive. L’insussistenza di fatti sopravvenuti valeva, ovviamente, anche in relazione alla richiesta di riduzione dell’assegno di mantenimento in favore della figlia.
3. Per tutto quanto sopra esposto, va dichiarato inammissibile il ricorso. Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente al rimborso delle spese processuali del presente giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 4.000,00, a titolo di compensi, oltre Euro 100,00 per esborsi, nonché al rimborso forfetario delle spese generali, nella misura del 15%, ed agli accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della ricorrenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, ove dovuto, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Dispone che, ai sensi del D.Lgs. n. 198 del 2003, art. 52, siano omessi le generalità e gli altri dati identificativi, in caso di diffusione del presente provvedimento.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 1 luglio 2021.
Depositato in Cancelleria il 9 novembre 2021