LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –
Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –
Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –
Dott. TATANGELO Augusto – rel. Consigliere –
Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al numero 26172 del ruolo generale dell’anno 2019, proposto da:
R.N. (C.F.: *****) R.P. (C.F.: *****) R.M.V. (C.F.: *****) rappresentati e difesi dall’avvocato Massimo Burgazzi (C.F.: BRG MSM 60E26 G5350);
– ricorrenti –
nei confronti di:
CASEARIA BRESCIANA CA.BRE. – Società cooperativa agricola s.c.a.r.l.
(C.F.: *****), in persona del legale rappresentante pro tempore, B.E. rappresentato e difeso dall’avvocato Diana Della Vedova (C.F.: DLL DNI 72M49 B157I);
– controricorrente –
per la cassazione della ordinanza del Tribunale di Brescia emessa nel procedimento iscritto al n. 16749/2018 del R.G. in data 4 giugno 2019;
udita la relazione svolta nella Camera di Consiglio in data 17 giugno 2021 dal consigliere Tatangelo Augusto.
FATTI DI CAUSA
La Casearia Bresciana CA.BRE. – Società cooperativa agricola S.c.a.r.l. ha rinunziato, con dichiarazione resa nel corso dell’udienza del 4 giugno 2019, ad una opposizione all’esecuzione proposta, ai sensi dell’art. 615 c.p.c., comma 2, in relazione ad un procedimento esecutivo per espropriazione promosso nei suoi confronti da R.N., R.P. e R.M.V. sulla base di titolo esecutivo costituito da lodo arbitrale, davanti al Tribunale di Brescia. La rinuncia è stata accettata dagli opposti e il giudice, nel dichiarare l’estinzione della procedura, ha liquidato le spese processuali in favore di questi ultimi, ai sensi dell’art. 306 c.p.c., comma 4, in Euro 4.995,00, oltre accessori.
Avverso tale provvedimento ricorrono R.N., R.P. e R.M.V., sulla base di un unico motivo.
Resiste con controricorso Casearia Bresciana CA.BRE. – Società cooperativa agricola S.c.a.r.l..
E’ stata disposta la trattazione in Camera di Consiglio, in applicazione degli artt. 375,376 e 380 bis c.p.c., in quanto il relatore ha ritenuto che il ricorso fosse destinato ad essere dichiarato manifestamente infondato (limitatamente alla questione della omessa motivazione sul mancato aumento del compenso per l’assistenza a più parti aventi la medesima posizione processuale).
E’ stata quindi fissata con decreto l’adunanza della Corte, e il decreto è stato notificato alle parti con l’indicazione della proposta.
La società controricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., comma 2.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con l’unico motivo del ricorso si denunzia “Violazione del D.M. n. 55 del 2014, art. 4, commi 1, 1 bis, 4, 5 e 8, così come modificato dal D.M. 8 marzo 2018, n. 37, art. 1, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3; a) omessa liquidazione delle spese relative a fase giudiziale effettuata; b) mancanza equo compenso; c) carenza di motivazione sul mancato aumento per l’assistenza di più parti; d) mancato riconoscimento dell’aumento per redazione atti giudiziari “con tecniche informatiche idonee ad agevolare la consultazione o la fruizione””.
2. Va in primo luogo disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso, sollevata dalla società controricorrente.
Secondo l’indirizzo di questa Corte, infatti, “il provvedimento con cui il giudice, nel pronunciare l’estinzione del giudizio, ai sensi dell’art. 306 c.p.c., per rinuncia di una di esse agli atti, liquida le spese del giudizio in caso di mancato accordo delle parti, attesa l’espressa previsione di inoppugnabilità ed il suo carattere decisorio, per la sua attitudine ad incidere su diritti, è ricorribile in cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost., comma 7; viceversa, il provvedimento con cui il giudice, nel dichiarare l’estinzione, non solo liquida le spese ma provvede su di esse, compensandole o ponendole a carico di una di esse, esorbitando dalla fattispecie prevista dall’art. 306 c.p.c., comma 4, non è assoggettabile a detto ricorso ma è impugnabile o con un’apposita “actio nullitatis” o con l’appello (se emesso in primo grado)” (Cass., Sez. 2, Ordinanza n. 21707 del 10/10/2006, Rv. 592481 – 01; conf.: Sez. 2, Ordinanza n. 26210 del 14/12/2009, Rv. 610533 – 01).
Nella specie, il tribunale, con il provvedimento impugnato, ha provveduto alla liquidazione delle spese a carico della parte rinunziante, ai sensi dell’art. 306 c.p.c., comma 4, in mancanza di diverso accordo delle parti stesse, ed il presente ricorso ha ad oggetto esclusivamente la suddetta liquidazione, non l’imputazione di esse ad una delle parti ovvero la loro mancata compensazione.
Pertanto, il mezzo di impugnazione è da ritenersi correttamente individuato dai ricorrenti.
3. Si premette che, secondo l’indirizzo costante di questa Corte, che il ricorso non contiene motivi tali da indurre a rimeditare, “in tema di liquidazione delle spese processuali successiva.al D.M. n. 55 del 2014, non trova fondamento normativo un vincolo alla determinazione secondo i valori medi ivi indicati, dovendo il giudice solo quantificare il compenso tra il minimo ed il massimo delle tariffe, a loro volta derogabili con apposita motivazione, la quale è doverosa allorquando si decida di aumentare o diminuire ulteriormente gli importi, affinché siano controllabili le ragioni che giustificano lo scostamento e la misura di questo” (Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 89 del 07/01/2021, Rv. 660050 – 02; conf.: Sez. 6 – L, Ordinanza n. 2386 del 31/01/2017, Rv. 642544 – 01; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 26608 del 09/11/2017, Rv. 646828 – 01; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 29606 del 11/12/2017, Rv. 647183 – 01).
Non è quindi fondato in diritto l’assunto dei ricorrenti, secondo cui il giudice avrebbe l’obbligo di motivare nel caso in cui si discosti dalla liquidazione ai valori medi di tariffa, non potendosi, in caso contrario, ritenere liquidato un compenso “equo”: l’obbligo di motivazione sussiste infatti esclusivamente in caso di superamento dei valori minimi e/o dei valori massimi della tariffa, ma non in caso di liquidazione di importi che comunque si mantengono al di sotto dei limiti massimi e al di sopra di quelli minimi.
4. E’ manifestamente infondata la censura relativa al mancato riconoscimento della liquidazione del compenso per la fase “istruttoria/trattazione”.
Il giudice non ha infatti riconosciuto tale voce di compenso essendo intervenuta la rinunzia all’opposizione prima ancora che si pervenisse alla relativa fase processuale, all’udienza del 4 giugno 2019, dopo una precedente udienza di mero rinvio (il verbale di detta udienza, tenuta in data 5 febbraio 2019, è stato prodotto dalla società controricorrente).
D’altra parte, i ricorrenti neanche specificano quali attività di istruzione/trattazione avrebbero avuto luogo in concreto nel procedimento, in violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6.
5. E’ manifestamente infondata altresì la censura relativa al mancato riconoscimento della liquidazione della maggiorazione del compenso per la redazione di atti giudiziari con tecniche informatiche idonee ad agevolare la consultazione o la fruizione.
In base D.M. n. 55 del 2014, comma 1 bis (come modificato dal D.M. 8 marzo 2018, n. 37), “Il compenso determinato tenuto conto dei parametri generali di cui al comma 1 è di regola ulteriormente aumentato del 30 per cento quando gli atti depositati con modalità telematiche sono redatti con tecniche informatiche idonee ad agevolarne la consultazione o la fruizione e, in particolare, quando esse consentono la ricerca testuale all’interno dell’atto e dei documenti allegati, nonché la navigazione all’interno dell’atto”.
Nella specie, peraltro, non è stato specificamente richiamato in violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 – il contenuto degli atti che sarebbero stati redatti con tali modalità e, in particolare, non sono state indicate in modo sufficientemente specifico le tecniche informatiche eventualmente utilizzate per agevolare la loro consultazione e/o fruizione, idonee a consentire la ricerca testuale e la navigazione all’interno degli stessi. E’ poi decisiva la considerazione che l’aumento in questione non risulta neanche richiesto dagli stessi ricorrenti, nella nota specifica delle spese depositata nel giudizio di merito.
6. Risulta invece manifestamente fondata la censura relativa al difetto assoluto di motivazione sul mancato riconoscimento della maggiorazione del compenso prevista per l’assistenza a più parti aventi la medesima posizione processuale, ai sensi del D.M. 10 marzo 2014, n. 55, art. 4.
Va in proposito ribadito che tale maggiorazione non è obbligatoria, ma rientra nei poteri discrezionali del giudice, il cuì esercizio non è sindacabile in sede di legittimità, se motivato. Secondo l’indirizzo di questa Corte, si tratta peraltro di un potere discrezionale che richiede espressa motivazione, sia nell’evenienza in cui sia riconosciuto l’aumento, sia nell’evenienza contraria (Cass., Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 461 del 14/01/2020, Rv. 656861 – 02; in precedenza: Sez. 1, Sentenza n. 16040 del 21/07/2011, Rv. 619695 – 01; Sez. 1, Sentenza n. 269 del 10/01/2017, Rv. 643023 – 02).
Nella specie l’aumento, pur espressamente richiesto dai ricorrenti nella nota specifica depositata nel giudizio di merito, non è stato riconosciuto, e nel provvedimento impugnato manca qualunque motivazione in proposito.
La decisione va quindi cassata esclusivamente in ordine a tale punto, con rinvio al Tribunale di Brescia, in persona di diverso magistrato, affinché venga valutata l’opportunità di riconoscere o meno il suddetto aumento (ed eventualmente, in caso positivo, in quale misura, anche tenendo conto del corretto scaglione di valore applicabile nella fattispecie), in ogni caso sulla base di adeguata motivazione.
7. Il ricorso è accolto, per quanto di ragione, nei limiti in precedenza indicati.
La decisione impugnata è cassata in relazione alla censura accolta, con rinvio al Tribunale di Brescia, in persona di diverso magistrato, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.
P.Q.M.
La Corte:
– accoglie il ricorso nei limiti di cui in motivazione e cassa la decisione impugnata in relazione alla censura accolta, con rinvio al Tribunale di Brescia, in persona di diverso magistrato, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Depositato in Cancelleria il 9 novembre 2021