LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –
Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere –
Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –
Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –
Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 34678-2019 proposto da:
C.A., rappresentato e difeso dall’avv. MARIO DELLA PORTA e domiciliato presso la cancelleria della Corte di Cassazione;
– ricorrente –
contro
D.S.R., rappresentata e difesa dall’avv. ANTONIO GAMBARDELLA e domiciliata presso la cancelleria della Corte di Cassazione;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1421/2018 della CORTE D’APPELLO di SALERNO, depositata il 27/09/2018;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 24/06/2021 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVA.
PREMESSO IN FATTO
Con atto di citazione ritualmente notificato C.A., titolare della ditta Art Edil, evocava in giudizio D.S.R. innanzi il Tribunale di Salerno invocandone la condanna al pagamento della somma di Euro 39.527,67 a titolo di saldo del corrispettivo di un appalto intercorso tra le parti.
Nella resistenza della convenuta, il Tribunale accoglieva la domanda.
Interponeva appello avverso detta decisione la D.S. e si costituiva in seconde cure il C., resistendo al gravame.
Con la sentenza impugnata, n. 1421/2018, la Corte di Appello di Salerno accoglieva l’impugnazione, rigettando la domanda di pagamento proposta dal C. avverso la D.S. e condannando l’appellato alle spese del doppio grado di giudizio. La Corte distrettuale riteneva, in particolare, non conseguita la prova dell’effettiva realizzazione delle opere appaltate, né del quantum del corrispettivo pattuito tra le parti.
Propone ricorso per la cassazione di detta decisione il C., affidandosi a due motivi.
Resiste con controricorso D.S.R..
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il Relatore ha avanzato la seguente proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c.: “PROPOSTA DI DEFINIZIONE EX ART. 380-BIS C.P.C., INAMMISSIBILITA’ del ricorso.
La controversia ha ad oggetto il pagamento del corrispettivo di un appalto. La domanda dell’appaltatore, accolta in Tribunale, è stata invece respinta dalla Corte di Appello, sul presupposto che mancasse in atti la prova della realizzazione delle opere appaltate e del corrispettivo pattuito tra le parti.
Il ricorso dell’appaltatore, articolato in due motivi, si risolve in una richiesta di revisione delle valutazioni e del convincimento del giudice di merito tesa all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, certamente estranea alla natura ed ai fini del giudizio di cassazione (Cass. Sez. U, Sentenza n. 24148 del 25/10/2013, Rv. 627790) e nella contrapposizione, rispetto alla sentenza impugnata, di una diversa lettura delle testimonianze e delle risultanze istruttorie acquisite agli atti del giudizio, in spregio al consolidato principio secondo cui “L’esame dei documenti esibiti e delle deposizioni dei testimoni, nonché la valutazione dei documenti e delle risultanze della prova testimoniale, il giudizio sull’attendibilità dei testi e sulla credibilità di alcuni invece che di altri, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata” (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 12362 del 24/05/2006, Rv. 589595: conf. Cass. Sez. 1, Sentenza n. 11511 del 23/05/2014, Rv. 631448; Cass. Sez. L, Sentenza n. 13485 del 13/06/2014, Rv. 631330).
Il secondo motivo – con il quale si contesta il fatto che la Corte di Appello abbia ritenuto superfluo esaminare la doglianza concernente i pagamenti eseguiti dalla committente e dal marito – è inoltre inammissibile anche perché il principio richiamato dal ricorrente, secondo cui, di fronte alla contestazione del creditore, spetta al debitore provare l’imputazione del pagamento eseguito con titoli di credito, non vale ad esonerare il creditore dal diverso (e presupposto) onere di dimostrare an e quantum del credito; dimostrazione che, nel caso specifico, il giudice di merito ha ritenuto che non fosse stata conseguita”.
Il Collegio condivide la proposta del Relatore.
Non risultano depositate memorie.
Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile.
Le spese del presente giudizio di legittimità, da liquidare nei confronti della parte controricorrente, vanno poste a carico della parte ricorrente.
Ricorrono i presupposti processuali di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, per il raddoppio del versamento del contributo unificato, se dovuto
PQM
La Corte Suprema di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta-2 Sezione Civile, il 24 giugno 2021.
Depositato in Cancelleria il 9 novembre 2021