Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.32832 del 09/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRAZIOSI Chiara – Presidente –

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – rel. Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2980-2020 proposti da:

R.A., domiciliata in ROMA PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato GUARINO EMANUELE;

– ricorrente –

contro

ITALGAS RETI SPA, già SOCIETA’ COMPAGNIA NAPOLETANA DI ILLUMINAZIONE E SCALDAMENTO COL GAS – NAPOLETANAGAS SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA DEL VIMINALE 5, presso lo studio dell’avvocato GALLO GIUSEPPE, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3065/2019 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 6/06/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 10/06/2021 dal Consigliere Relatore Dott. SCRIMA ANTONIETTA.

RILEVATO

Che:

R.A. convenne in giudizio la Compagnia Napoletana di Illuminazione e Scaldamento col Gas – NapoletanaGas S.p.a. (di seguito indicata, per brevità, NapoletanaGas), dinanzi al Tribunale di Napoli per sentirla condannare, previa declaratoria di risoluzione del contratto di fornitura di gas per inadempimento della convenuta, al risarcimento di tutti i danni, sia per l’adeguamento dell’impianto che per la diminuzione del valore di un suo immobile;

espose l’attrice di essere proprietaria, insieme al marito, di un appartamento sito in Nola e di aver stipulato con la convenuta, nell’anno 2002, un contratto di fornitura di gas metano, previo allacciamento delle conduttura alla rete; l’allacciamento alla rete era avvenuto mediante un prolungamento delle condutture che erano al servizio del *****, adiacente a quello ove si trovava l’appartamento dell’attrice, con un onere a carico di quest’ultima di Euro 300,00;

riferì, altresì, l’attrice di essere stata costretta a ripristinare, a proprie spese (Euro 400,00), rimpianto originario con le bombole, in quanto la Napoletana Gas, convenuta in giudizio dal *****, era stata condannata dal Tribunale di Nola alla rimozione del prolungamento delle condutture, non essendosi procurata, prima di effettuare i lavori, l’autorizzazione di detto Condominio, sulla cui proprietà insistevano gli interventi effettuati;

si costituì in giudizio la NapoletanaGas, negando la propria responsabilità per il danno asseritamente subito dalla Russo, per aver agito in ottemperanza dell’ordine giudiziale di ripristino della situazione antecedente ai lavori;

il Tribunale di Napoli, espletata l’istruttoria, condannò la convenuta al risarcimento del danno in favore della Russo per complessivi Euro 10.700,00, dei quali Euro 10.000,00 per la diminuzione del valore dell’immobile;

R.A. interpose gravame avverso la sentenza di primo grado;

si costituì la NapoletanaGas, proponendo, a sua volta, appello incidentale;

la Corte d’appello di Napoli, con sentenza n. 3065/2019, rigettò l’appello principale e, in accoglimento parziale dell’appello incidentale, riformò la sentenza di prime cure, condannando la NapoletanaGas al pagamento della minor somma di Euro 1.000,00, oltre interessi legali dalla domanda al saldo;

la Corte territoriale ritenne la società convenuta responsabile per l’interruzione della fornitura di gas metano, non costituendo valida giustificazione la circostanza che le tubature erano state rimosse in ottemperanza alla sentenza del Tribunale di Nola, poiché tale pronuncia, a sua volta, era stata determinata dal comportamento colposo della stessa società, che aveva instaurato abusivamente una servitù di gasdotto, non a endo essa previamente acquisito le necessarie autorizzazioni;

quanto all’entità del pregiudizio subito dalla R. per la diminuzione di valore dell’immobile a seguito del distacco dalle condutture di fornitura del gas, la Corte di merito osservò che difettava la prova in ordine a la potenziale esistenza ed alla obiettiva entità di tale danno, nonché del nesso causale tra l’asserito pregiudizio patito e la mancata fornitura del gas metano; ritenne, quindi, quella medesima Corte che l’unico danno risarcibile fosse quello consistente negli esborsi che l’attrice aveva sostenuto per procurarsi un nuovo impianto di fornitura del gas;

conseguentemente, la Corte liquidò il danno in complessivi Euro 1.000,00, dei quali Euro 700,00 per costi già sopportati ed Euro 300,00 per i costi che la R. avrebbe verosimilmente dovuto sostenere per l’attivazione di una nuova fornitura;

avverso la sentenza della Corte di appello di Napoli R.A. ha proposto ricorso per cassazione, basato su un unico motivo; ha resistito con controricorso Italgas Reti S.p.a., in qualità di incorporante della Società Compagnia Napoletana di Illuminazione e Scaldamento col Gas – NapoletanaGas S.p.a..

CONSIDERATO

Che:

l’unico mezzo articolato dalla ricorrente è così rubricato. “violazione e falsa applicazior 13 di norme di diritto in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5 per avere la Corte di Appello di Napoli deciso il giudizio violando il dettato di cui all’art. 1218 c.c. omettendo l’esame circa un fatto decisivo; avendo la Corte deciso la lite riformando la sentenza di prime cure – ritenendo non esistente il danno risarcibile in favore della ricorrente in quanto la danneggiata non avrebbe provato la sua riconducibilità all’inadempimento omissione consistente nel fatto che tale nesso causale ed il danno stesso sono stati provati dalla ricorrente in prime cure a mezzo di testimoni, delle cui dichiarazioni la Corte di Appello non ha tenuto conto né ritenendole valida né ritenendole inattendibili; errata valutazione dell’inesistenza del danno per pregressa assenza di impianto di fornitura del gas per assenza di comunicazione della incertezza della permanenza dell’impianto all’epoca della stipula del contratto e/o per legittima aspettativa della fornitura durata 5 anni prima della sua definitiva rimozione”;

la ricorrente censura la decisione della Corte territoriale nella parte in cui ha ritenuto non provato il danno da riduzione del valore dell’immobile, affermando che al contrario, a mezzo dell’escussione del testimone, avvenuta all’udienza del 7 luglio 2011, ella avrebbe fornito la prova che l’appartamento aveva subito un deprezzamento del 20% dopo che era stato privato della fornitura del gas “di città”;

in riferimento allo stesso punto della sentenza, la ricorrente denunzia anche l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, consistente nelle risultanze della prova testimoniale, in merito alla quale la Corte territoriale non avrebbe espresso alcuna valutazione nella sentenza in questa sede impugnata;

la ricorrente afferma che anche la consulenza tecnica, al pari della menzionata prova testimoniale, avrebbe dimostrato l’avvenuto deprezzamento dell’immobile u seguito del “distacco” della fornitura del gas “di città”, ossia, del comportamento illecito della società convenuta;

neppure la Corte territoriale, ad avviso della ricorrente, avrebbe tenuto conto dell’aspettativa venutasi a creare in capo alla R., la quale aveva confidato nella “9.abilità” della fornitura di gas metano a mezzo delle condutture istallata dalla NapoletanaGas;

giova anzitutto precisare che l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riformulato dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54 , conv. in L. n. 134 del 2012, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia); pertanto, l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass., sez. un., n. 8053/2014; Cass., ord., n. 2498/2015; Cass., n. (17761/2016; Cass., ord. n. 27415/2018; Cass., ord., n. 28887/2019);

nel caso di specie, peraltro, il fatto storico consistente nell’asserito deprezzamento dell’immobile è stato preso espressamente in considerazione dalla Corte territoriale, la quale dunque non è certamente incorsa nel vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5;

d’altra parte, la Co-,:e di merito ha ritenuto che il deprezzamento dell’immobile non potesse costituire oggetto di risarcimento sia perché non era stata allegata dalla parte interessata che la diversa tipologia di impianto a gas abbia inciso negativamente sul valore del bene, sia perché mancava qualsiasi prova del nesso causale diretto tra l’asserito pregiudizio e l’inadempimento;

alla luce di tale ultima considerazione, la Corte ha espressamente negato rilevanza alle conclusioni del consulente tecnico, invocate dall’odierna ricorrente, proprio in quanto difettava la prova del nesso causale, con ciò mostrando di non aver trascurato l’esame dell’elaborato peritale;

in generale, anche relativamente al dedotto “omesso esame” della prova testimoniale, si osserva che, in tema di prova, spetta in via esclusiva al giudice di merito il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, assegnando prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, nonché la facoltà di escludere anche attraverso un giudizio implicito la rilevanza di una prova, dovendosi ritenere, a tal proposito, che egli non sia tenuto ad esplicitare, per ogni mezzo istruttorio, le ragioni per cui lo ritenga irrilevante ovvero ad enunciare specificamente che la controversia può essere decisa senza necessità di ulteriori acquisizioni (Cass., n. 16499/2009; Cass., n. 11511/2014; Cass., 13485/2014);

anche alla luce di tale orientamento va dichiarata l’inammissibilità della censura;

quanto alla deduzione di parte ricorrente secondo cui si sarebbe ingenerata nella medesima una legittima aspettativa di stabilità della fornitura del gas metano, anche perché la controparte non l’aveva avvertita della pendenza della lite con il proprietario del fondo su cui aveva installato le tubature e, in esecuzione della sentenza che ne aveva ordinato la rimozione, aveva staccato la fornitura senza cercare soluzioni alternative per continuare a fornire il gas, non risulta precisato dalla ricorrente quando e in quali termini la questione sia stata sollevata nel giudizio di legittimità, sicché trattasi di questione nuova e come tale inammissibile in questa sede, come pure eccepito dalla controricorrente (v. controricorso p. 9);

occorre rilevare, inoltre, che la dedotta violazione dell’art. 1218 c.c., che è enunciata nella rubrica del mezzo, mancando l’esposizione delle ragioni di diritto dell’impugnazione, è inammissibile ai sensi dell’art. 366 c.p.c., n. 4;

infine, va complessivamente evidenziato che la ricorrente, pur deducendo, apparentemente, un vizio di violazione o falsa applicazione di legge e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, con il proposto ricorso per cassazione mira, in realtà, ad una valutazione dei fatti storici, alternativa a quella operata dal giudice di merito, il che è inammissibile in sede di legittimità (Cass., sez. un., 34476/2019; Cass., ord., n. 5987/2021);

alla luce di quanto sopra evidenziato, va dichiarata l’inammissibilità del ricorso;

le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo;

(va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, se dovuto, da parte della ricorrente, ai sensi del D.P.R.. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di dontributo unificato, in misura pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13 (Cass., sez. un., 20/02/2020, n. 4315).

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della società controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 1.800,00 per compensi, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge; ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, se dovuto, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 3 della Corte Suprema il Cassazione, il 10 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 9 novembre 2021

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