LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –
Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –
Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –
Dott. TATANGELO Augusto – rel. Consigliere –
Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al numero 28759 del ruolo generale dell’anno 2019, proposto da:
IMPRESA P. & C. S.p.A., (C.F.: *****), in persona del Presidente, legale rappresentante pro tempore, P.M., anche in rappresentanza di RETE FERROVIARIA ITALIANA S.p.A., e ITALFERR S.p.A., rappresentato e difeso dall’avvocato Marco Calvino, (C.F.: CLV MRC 60D06 F839D);
– ricorrente –
nei confronti di:
S.C., (C.F.: *****), S.F., (C.F.:
*****), SA.Ca., (C.F.: *****), S.M., (C.F.: *****), rappresentati e difesi dall’avvocato Giovanni Fiorentino, (C.F.: FRN GNN 45E09 F030N);
– controricorrenti –
per la cassazione della sentenza della Corte di appello di Napoli n. 3300/2019, pubblicata in data 17 giugno 2019 (e notificata in data 26 giugno 2019);
udita la relazione svolta nella Camera di consiglio in data 17 giugno 2021 dal consigliere Augusto Tatangelo.
FATTI DI CAUSA
S.C. e R.A. (alla quale, nel corso del giudizio, sono subentrati gli eredi S.C., S.F., Sa.Ca. e S.M.) hanno agito in giudizio nei confronti di Rete Ferroviaria Italiana S.p.A., Italferr S.p.A. e Garboli S.p.A. (oggi divenuta Impresa P. & C. S.p.A.) per ottenere il risarcimento dei danni conseguenti all’occupazione usurpativa di un fondo di loro proprietà sito in *****.
La domanda è stata accolta dal Tribunale di Nola.
La Corte di Appello di Napoli ha dichiarato inammissibile, in quanto tardivo, l’appello proposto da Impresa P. & C. S.p.A., anche in rappresentanza di Rete Ferroviaria Italiana S.p.A. ed Italferr S.p.A..
Ricorre Impresa P. & C. S.p.A., anche in rappresentanza di Rete Ferroviaria Italiana S.p.A. ed Italferr S.p.A., sulla base di due motivi.
Resistono con controricorso i S..
E’ stata disposta la trattazione in Camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375,376 e 380 bis c.p.c., in quanto il relatore ha ritenuto che il ricorso fosse destinato ad essere dichiarato inammissibile.
E’ stata quindi fissata con decreto l’adunanza della Corte, e il decreto è stato notificato alle parti con l’indicazione della proposta.
Le parti hanno depositato memorie ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., comma 2.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo del ricorso si denunzia “Omesso esame di un fatto decisivo per la decisione della causa – contraddittorietà della pronuncia – Art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5”.
La ricorrente sostiene che la corte territoriale, nel dichiarare tardivo il suo appello, avrebbe omesso di prendere in esame un fatto decisivo e avrebbe emesso una pronuncia contraddittoria, in quanto: a) non avrebbe considerato che l’errore sul civico dell’indirizzo del procuratore della controparte sarebbe stato di difficile individuazione; b) la costituzione degli appellati avrebbe comportato la sanatoria della notificazione per raggiungimento dello scopo.
Il motivo è inammissibile.
Le censure non colgono adeguatamente l’effettiva ratio decidendi della pronuncia impugnata.
La corte di appello, nel dichiarare tardivo l’appello dell’Impresa P. & C. S.p.A., ha in realtà fatto corretta applicazione dei principi di diritto affermati da questa Corte, secondo cui “in caso di notifica di atti processuali non andata a buon fine per ragioni non imputabili al notificante, questi, appreso dell’esito negativo, per conservare gli effetti collegati alla richiesta originaria deve riattivare il processo notificatorio con immediatezza e svolgere con tempestività gli atti necessari al suo completamento, ossia senza superare il limite di tempo pari alla metà dei termini indicati dall’art. 325 c.p.c., salvo circostanze eccezionali di cui sia data prova rigorosa” (Cass., Sez. U, Sentenza n. 14594 del 15/07/2016, Rv. 640441 – 01; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 19059 del 31/07/2017, Rv. 645352 01; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 20700 del 09/08/2018, Rv. 650482 – 01; Sez. 5, Ordinanza n. 11485 del 11/05/2018, Rv. 648022 – 01; Sez. L, Ordinanza n. 17577 del 21/08/2020, Rv. 658886 – 01).
I giudici del merito hanno osservato, in fatto, che – dopo il mancato perfezionamento della notifica indirizzata al civico errato, nel 2017 – il procedimento notificatorio non era stato ripreso spontaneamente e con immediatezza dalla società appellante, sebbene il civico esatto fosse agevolmente ricavabile anche dagli stessi atti processuali del giudizio di primo grado (e, in particolare dall’atto di citazione), avendo invece quest’ultima chiesto al giudice, dopo oltre un anno, l’autorizzazione a rinnovare la notificazione stessa, mentre gli appellati si erano costituiti esclusivamente a seguito di tale seconda notificazione.
Di conseguenza, risulta in primo luogo evidente che la questione relativa all’imputabilità dell’errore in ordine al civico esatto dell’indirizzo del procuratore degli attori non ha alcun rilievo, potendo essa al più giustificare l’esito negativo della prima notificazione (effettuata peraltro l’ultimo giorno utile), ma non l’omessa tempestiva ripresa del procedimento notificatorio. D’altra parte, a tale proposito, l’accertamento di fatto operato dai giudici del merito (e da questi adeguatamente motivato) in ordine alla possibilità di individuare il civico esatto, almeno dopo l’esito negativo della prima notificazione, non è censurabile nella presente sede (e in realtà non è neanche specificamente censurato nel ricorso: in ogni caso, è sufficiente osservare sul punto che l’indirizzo esatto del difensore è sempre ricavabile dagli albi ufficiali).
Nessun rilievo decisivo ai fini della controversia, infine, può attribuirsi alla costituzione degli appellati a seguito della rinnovazione della notificazione dell’atto di appello eseguita nel 2018, dal momento che ciò che viene in rilievo, nella specie, non è la validità della notificazione rinnovata (che del resto è pacifico che si sia regolarmente perfezionata), ma la tempestività dell’appello che, in base ai principi di diritto sopra esposti, avrebbe richiesto da parte del notificante la spontanea ed immediata ripresa del procedimento notificatorio, che invece è certamente mancata.
2. Con il secondo motivo si denunzia “Violazione e falsa applicazione dell’art. 111 Cost., (ed della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, art. 6); Art. 156 c.p.c., comma 3, art. 157 c.p.c., comma 3, e art. 291 c.p.c., – in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.”.
La ricorrente sostiene che, in base al principio del giusto processo e delle altre norme, anche sovranazionali, richiamate in rubrica, la decisione impugnata sarebbe da ritenere illegittima.
Anche questo motivo è inammissibile.
La ricorrente non illustra in modo adeguato, chiaro e preciso il senso delle censure avanzate, che resta di ardua intelligibilità, non chiarisce sotto quale preciso profilo la decisione impugnata dovrebbe ritenersi illegittima, quale sarebbe esattamente l’errore di diritto commesso dalla corte territoriale, quali principi di diritto avrebbero invece dovuto essere applicati, a suo avviso, nella fattispecie concreta e con quale esito concreto, in relazione al giudizio sulla tempestività dell’appello.
Ad ogni buon conto, e per quanto possa occorrere, è assorbente, sul punto, il richiamo ai principi di diritto già esposti in relazione al primo motivo del ricorso, che sono stati enunciati da questa Corte, anche a Sezioni Unite, risultano correttamente applicati dalla corte di appello nella decisione della fattispecie concreta e che il ricorso non contiene ragioni idonee ad indurre a rimeditare.
3. Il ricorso è dichiarato inammissibile.
Per le spese del giudizio di cassazione si provvede, sulla base del principio della soccombenza, come in dispositivo.
La Corte non ritiene sussistenti, invece, i presupposti per la condanna della ricorrente ai sensi dell’art. 96 c.p.c., comma 3.
Deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.
P.Q.M.
La Corte:
– dichiara inammissibile il ricorso;
– condanna la società ricorrente a pagare le spese del giudizio di legittimità in favore dei controricorrenti, liquidandole in complessivi Euro 7.000,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, spese generali ed accessori di legge.
Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, per il versamento, da parte della società ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso (se dovuto e nei limiti in cui lo stesso sia dovuto), a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Depositato in Cancelleria il 9 novembre 2021
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