LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRIA Lucia – Presidente –
Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –
Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –
Dott. SPENA Francesca – Consigliere –
Dott. BOGHETICH Elena – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 4828/2020 proposto da:
I.M.J., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato ANDREA MAESTRI;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI BOLOGNA – SEZIONE DI FORLI’ – CESENA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA, ALLA VIA DEI PORTOGHESI 12;
– resistente con mandato –
avverso il decreto n. 6305/2019 del TRIBUNALE di BOLOGNA, depositato il 18/12/2019 R.G.N. 6671/2018;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 01/07/2021 dal Consigliere Dott. ELENA BOGHETICH.
RILEVATO
Che:
1. Il Tribunale di Bologna, con decreto n. 6305 pubblicato il 18.12.2019, ha respinto il ricorso proposto da I.M.J., cittadino del Bangladesh, avverso il provvedimento con il quale la competente Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale ha, a sua volta, rigettato la domanda di protezione internazionale proposta dall’interessato escludendo altresì la sussistenza dei presupposti per la protezione complementare (umanitaria);
2. Il Tribunale ha precisato che:
a) il richiedente – fuggito per sottrarsi ad una denuncia a suo carico di pesca illegale e di furto di materiale da pesca a seguito del conflitto tra i due proprietari di un lago dove il richiedente, insieme ad altri pescatori, svolgeva la sua attività – ha rilasciato dichiarazioni generiche, prive di dettagli e di circostanze idonee a dare concretezza al racconto narrato, e non ha allegato di essere affiliato politicamente o di aver preso parte ad attività di associazioni per i diritti civili, né di appartenere ad una minoranza etnica e/o religiosa oggetto di persecuzione come richiesto per la protezione internazionale né lo stesso risulta compreso nelle categorie di persone esposte a violenze, torture o altre forme di trattamento inumano;
b) neppure sussistono i presupposti per la protezione sussidiaria, vista la provenienza da un paese che non presenta alcun tipo di conflitto armato, come si evince dalle più recenti ed accreditate COI (del 2017-2019);
c) neanche può essere concessa la protezione umanitaria perché non sono emerse situazioni di necessità di protezione dal punto di vista soggettivo e oggettivo e il richiedente ha mantenuto tutti i riferimenti affettivi e familiari nel paese d’origine;
3. il ricorrente domanda la cassazione del suddetto decreto per due motivi;
4. il Ministero dell’Interno intimato non ha resistito con controricorso, ma ha depositato atto di costituzione ai fini della eventuale partecipazione all’udienza di discussione ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1, ultimo alinea, cui non ha fatto seguito alcuna attività difensiva.
CONSIDERATO
Che:
1. con il primo motivo si denunzia violazione o falsa applicazione dell’art. 2 Cost., art. 10 Cost., comma 3, artt. 13,29,32 Cost., artt. 2, 3, 4, 8 CEDU, art. 13, Dichiarazione universale dei diritti umani, D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 2, art. 5, comma 4 e art. 6, art. 19, commi 1 e 1, n. 1, nonché del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, con riferimento alla protezione umanitaria, richiedendo – del D.Lgs. n. 286, art. 5, comma 6, la ricorrenza di “seri” motivi e non di “seria e grave” situazione di vulnerabilità, come indicato dal Tribunale;
2. con il secondo motivo si denuncia violazione dell’art. 132 c.p.c., non potendosi ignorare o banalizzare il rischio di irreversibile compromissione, in caso di rimpatrio, dei diritti fondamentali;
3. in via preliminare, deve essere rilevato che la procura rilasciata dal richiedente al difensore, apposta su foglio separato e materialmente congiunto all’atto, è priva della certificazione della data di rilascio, ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, comma 13, così da non consentire la verifica del suo conferimento in epoca successiva alla comunicazione del decreto impugnato;
4. le Sezioni unite di questa Corte hanno recentemente affermato che l’art. 35 bis, comma 13 citato, nella parte in cui prevede che “la procura alle liti per la proposizione del ricorso per cassazione deve essere conferita, a pena di inammissibilità del ricorso, in data successiva alla comunicazione del decreto impugnato” e che “a tal fine il difensore certifica la data del rilascio in suo favore della procura medesima”, richiede – quale elemento di specialità rispetto alle ordinarie ipotesi di rilascio della procura speciale, regolate dagli artt. 83 e 365 c.p.c. – il requisito della posteriorità della data rispetto alla comunicazione del provvedimento impugnato: appunto prevedendo una speciale ipotesi di inammissibilità del ricorso nel caso di mancata certificazione della data di rilascio della procura in suo favore da parte del difensore, integrante ipotesi di nullità per il suo invalido conferimento (Cass. SU 1 giugno 2021, n. 15177);
5. con ordinanza interlocutoria 23 giugno 2021, n. 17970, questa Corte ha rimesso alla Corte costituzionale, ritenendone la rilevanza e la non manifesta infondatezza, la questione di legittimità costituzionale del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, comma 13, per contrarietà agli artt. 3,10,24,111 Cost., per contrasto con l’art. 117 Cost., in relazione alla direttiva 2013/32/UE con riferimento all’art. 28 e art. 46, p. 11 e con l’art. 47 della Carta dei diritti UE, art. 18 e art. 19, p.2 della medesima Carta, artt. 6, 7, 13 e 14 della CEDU;
6. una sommaria delibazione dei motivi del presente ricorso esclude la rilevanza a fini decisori della questione di legittimità costituzionale sollevata, sicché ben può essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso per nullità della procura, senza attendere la pronuncia della Corte costituzionale;
7. in conclusione, va dichiarata l’inammissibilità del ricorso senza assunzione di un provvedimento sulle spese del giudizio, non avendo il Ministero vittorioso svolto attività difensive;
8. infine, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto, con la precisazione che esso va posto a carico del ricorrente dandosi seguito alla citata sentenza delle Sezioni Unite nella quale sul punto è stato affermato il seguente principio di diritto:
affermato il seguente principio di diritto:
“il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato previsto dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, in caso di declaratoria di inammissibilità del ricorso per cassazione conseguente alla mancata presenza, all’interno della procura speciale, della data o della certificazione del difensore della sua posteriorità rispetto alla comunicazione del provvedimento impugnato, va posto a carico della parte ricorrente e non del difensore, risultando la procura affetta da nullità e non da inesistenza”.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; nulla per le spese del presente giudizio di cassazione.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 1 luglio 2021.
Depositato in Cancelleria il 9 novembre 2021
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