LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –
Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –
Dott. CARADONNA Lunella – rel. Consigliere –
Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –
Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso n. 30816/2020 proposto da:
Y.I., rappresentato e difeso dall’Avv. Marco Lanzilao, ed elettivamente domiciliato in Roma, Viale Angelico, n. 38, in virtù
di procura speciale in calce al ricorso per cassazione;
– ricorrente –
contro
Ministero dell’Interno, in persona del Ministro in carica, domiciliato ex lege in Roma, Via dei Portoghesi, 12, presso gli uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato;
– resistente –
avverso la sentenza della Corte di appello di FIRENZE n. 1830/2020, pubblicata il 29 settembre 2020, non notificata;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 9 settembre 2021 dal consigliere Dott. Lunella Caradonna.
RILEVATO
CHE:
1. Con sentenza del 29 settembre 2020, la Corte di appello di Firenze ha rigettato l’appello proposto da Y.I., nato a *****, in *****, avverso l’ordinanza del Tribunale di Firenze del 14 gennaio 2019.
2. Il richiedente aveva dichiarato di essere fuggito dal paese di provenienza a causa di una invasione del proprio appezzamento di terreno ad opera della tribù *****, a seguito della quale erano state distrutte tutte le coltivazioni ed erano stati uccisi un amico e il fratello.
3. La Corte di appello ha confermato il giudizio di non credibilità del racconto del richiedente perché permanevano insuperabili contraddizioni ed incongruenze, anche tenuto conto del referto medico del 2008 prodotto in primo grado e che non sussistevano i presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. a) e b) anche alla luce dei documenti prodotti; né il ricorrete aveva indicato i motivi per cui era errata la decisione del tribunale di ravvisare l’esistenza di una situazione di violenza indiscriminata solo nelle regioni del nord est della ***** in cui imperversava il terrorismo di ***** e non anche nel centro e nel sud del paese; quanto alla protezione umanitaria, i giudici di merito hanno evidenziato l’insussistenza di una condizione di vulnerabilità e di una avvenuta integrazione in Italia.
4. Y.I. ha proposto ricorso per cassazione con atto affidato a quattro motivi.
5. L’Amministrazione intimata si è costituita ai soli fini della partecipazione all’eventuale udienza di discussione della causa ex art. 370 c.p.c., comma 1.
CONSIDERATO
CHE:
1. Con il primo motivo si lamenta, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame della condizione di pericolosità e delle situazioni di violenza generalizzata esistenti in ***** e delle fonti informative riguardanti la situazione politica, economica e sociale della *****.
2. Con il secondo motivo si lamenta, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, la mancata concessione della protezione sussidiaria cui il ricorrente aveva diritto ex lege in ragione delle attuali condizioni sociali e politiche del paese di origine; la violazione o falsa applicazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14; l’omesso esame delle fonti informative e l’omessa applicazione dell’art. 10 Cost., con particolare riguardo al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. c).
2.1 I motivi sono inammissibili, perché non si confrontano con la motivazione dei giudici di secondo grado, laddove hanno affermato che l’appellante aveva dedotto fatti nuovi con riferimento alla protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. a) e b) e che non aveva specificato i motivi per cui sarebbe stata errata la decisione del Tribunale che aveva ravvisato l’esistenza di una situazione di violenza indiscriminata solo nelle regioni del nord est della ***** e non anche nel centro e nel sud del paese, dove si trovava l'*****.
Ciò nel rispetto di quanto affermato da questa Corte, secondo cui il principio operante nei giudizi in materia di protezione internazionale, secondo cui spetta al giudice, nell’esercizio dei poteri officiosi di indagine e di informazione conferitigli dal D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 8, comma 3, il compito di verificare la sussistenza di un rischio di grave danno alla persona e la situazione delle condizioni del paese di provenienza del richiedente dev’essere coordinato con la portata limitata dell’effetto devolutivo dell’impugnazione, correlata alla configurazione del relativo giudizio come revisio prioris instantiae, anziché come un nuovo giudizio, in virtù della quale la cognizione del giudice di secondo grado deve ritenersi circoscritta alle questioni prospettate dall’appellante con i motivi di gravame o riproposte dall’appellato ai sensi dello art. 346 c.p.c., con la conseguenza che i punti della sentenza di primo grado non espressamente investiti dall’iniziativa di parte non possono più costituire oggetto di discussione, formandosi al riguardo una preclusione che ne impedisce il riesame (Cass., 12 maggio 2020, n. 8819).
3. Con il terzo motivo si lamenta, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, la violazione o falsa applicazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, artt. 2, 3, 4,5,6 e 14 e D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 8, nonché difetto di motivazione e travisamento dei fatti, con riferimento alla protezione umanitaria.
3.1 Il motivo è complessivamente infondato, poiché la motivazione della sentenza impugnata raggiunge la soglia del cd. “minimo costituzionale” non sindacabile in sede di legittimità (Cass., Sez. U. 22 settembre 2014, n. 19881; Cass., Sez. U., 3 novembre 2016, n. 22232; Cass., 23 maggio 2019, n. 13977) e le censure motivazionali non rispettano le prescrizioni imposte dalle Sezioni Unite, 7 aprile 2014, n. 8053, circa le modalità di deduzione del vizio ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5; in nessuno di esse, infatti, il ricorrente specifica quale sarebbe il fatto storico, il cui esame sarebbe stato omesso dalla corte distrettuale, né, soprattutto, argomenta in ordine alla sua necessaria decisività, ovvero all’essere stato esso oggetto di discussione tra le parti, né indica puntualmente quando esso sia stato dedotto; peraltro, le contestazioni attengono a valutazioni di merito non scrutinabili in questa sede, tanto più che il ricorrente non evidenzia nelle C.O.I. allegate in ricorso, specifici elementi che potrebbero sovvertire la decisione impugnata e che evidenzino che le informazioni sulla cui base è stata assunta la decisione sono state oggettivamente travisate, ovvero superate da altre più aggiornate e decisive fonti qualificate. (cfr. Cass., 18 febbraio 2020, n. 4037).
4. Con il quarto motivo si lamenta, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, che la Corte ha omesso di valutare l’applicabilità al ricorrente della protezione, ai sensi del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6, non potendo essere rifiutato il permesso di soggiorno allo straniero, qualora ricorrono seri motivi di carattere umanitario, nonché del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 19 e dell’art. 10 Cost.; l’omesso esame delle condizioni personali ai fini dell’applicabilità della protezione umanitaria e della necessaria comparazione tra la condizione raggiunta in Italia e quella del paese di provenienza; l’omesso esame delle fonti relativamente alle condizioni sociali ed economiche del paese di provenienza; la violazione del dovere di cooperazione istruttoria, non essendosi la Corte attivata per completare l’istruttoria in merito agli elementi necessari a compiere la valutazione comparativa tra la situazione del paese di origine e la situazione di integrazione raggiunta nel paese di accoglienza.
4.1 Il motivo è inammissibile, perché reca censure generiche sulla protezione umanitaria, anch’esse afferenti al merito, senza cogliere la ratio decidendi della sentenza impugnata, incentrata sulla genericità dei motivi di appello dedotti sulla protezione umanitaria e sulla mancata produzione di documentazione, sia in primo grado, che in fase di gravame, diretta a dimostrare l’asserita condizione di vulnerabilità e l’avvenuta integrazione del richiedente in Italia, solo genericamente asserita.
5. In conclusione, il ricorso va rigettato.
Nulla sulle spese, poiché l’Amministrazione intimata non ha svolto difese.
PQM
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 9 settembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 9 novembre 2021