LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –
Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –
Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –
Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –
Dott. PENTA Andrea – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 5694/2016 proposto da:
Notaio Avv. S.M., nato a ***** (C.F.: *****), con studio e domicilio fiscale in *****, rappresentato e difeso, giusta procura speciale in calce al ricorso, dall’Avv. Marco Saponara del Foro di Roma (C.F.: SPN MRC 69R01 A662X) ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in Roma, alla Via Tibullo n. 10;
– ricorrente –
contro
Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale domicilia in Roma, alla Via dei Portoghesi n. 12;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 4310/28/2015 emessa dalla CTR Lazio in data 21/07/2015 e non notificata;
udita la relazione della causa svolta dal Consigliere Dott. Andrea Penta.
RITENUTO IN FATTO
Il notaio S.M. proponeva impugnazione avverso l’avviso di liquidazione dell’imposta e di irrogazione delle sanzioni che gli era stato notificato dall’Agenzia delle Entrate, in qualità di responsabile di imposta, in relazione alle imposte dovute per la registrazione di un atto del 26 giugno 2011 avente ad oggetto un’alienazione Immobiliare.
La parte acquirente aveva richiesto, all’atto della stipula notarile, l’applicazione delle imposte di registro, ipotecarie e catastali in misura fissa, ai sensi della L. n. 168 del 1982, art. 5 sussistendo, a suo dire, i relativi presupposti, in quanto l’immobile ricadeva nella zona di recupero del patrimonio edilizio e urbanistico esistente, ai sensi della L. n. 457 del 1978, art. 27; tale zona era stata individuata e determinata con il provvedimento adottato on data 12 gennaio 1989, Delib. n. 6 del Consiglio comunale di Roma; l’acquirente, con dichiarazione esternata nell’atto notarile, dichiarava di obbligarsi ad effettuare il recupero dell’immobile come previsto dalla normativa citata. Con l’avviso di liquidazione impugnato l’Agenzia delle Entrate, viceversa, riteneva insussistenti i presupposti dell’agevolazione fiscale, mancando una convenzione attuativa comprendente l’intervento di recupero da effettuarsi sull’immobile in oggetto.
Con il ricorso introduttivo del giudizio il Notaio S. impugnava l’avviso di liquidazione, sostenendo che spettava l’agevolazione fiscale negata dall’Ufficio.
I giudici di primo grado, con sentenza n. 18717/47/14, rigettavano il ricorso e, in particolare, richiamando la risoluzione dell’Agenzia delle Entrate, direzione centrale normativa e contenzioso del 24 luglio 2007, ritenevano che il presupposto delle agevolazioni tributarie, rappresentato dall’esistenza di un piano convenzionato, difettava nel caso di specie, sicché l’agevolazione non poteva essere concessa.
Il Notaio, proponendo appello avverso la detta sentenza, formulava due motivi di doglianza.
In primo luogo, insisteva nel sostenere la spettanza dell’agevolazione fiscale, ribadendo ed ampliando i motivi del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado. Con un secondo motivo d’appello sosteneva che difettavano le condizioni per la sua responsabintà solidale, poiché nel caso in esame si trattava non dell’imposta principale, bensì di un’imposta complementare.
Si costituiva l’Agenzia delle Entrate, chiedendo il rigetto dell’appello.
Con sentenza del 21.7.2015, la CTR Lazio rigettava l’appello sulla base delle seguenti considerazioni:
1) nella fattispecie, mancando la convenzione attuativa del piano di recupero del patrimonio edilizio, la cui esistenza era resa necessaria dalla L. n. 168 del 1982, art. 5, comma 1, secondo la quale doveva trattarsi di piani d’iniziativa privata convenzionati, non era possibile godere, da parte dell’acquirente dell’immobile, dell’agevolazione fiscale in discorso;
2) la sentenza di primo grado aveva correttamente condiviso la tesi dell’Agenzia delle Entrate secondo la quale, ai fini dell’agevolazione fiscale prevista della L. n. 168 del 1982, art. 5 non era sufficiente che l’immobile si trovasse nella zona inserita in un piano di recupero, ma era necessario altresì che l’immobile stesso fosse oggetto di apposita convenzione stipulata per la completa realizzazione di un intervento di recupero sul medesimo;
3) nel caso di specie, la parte acquirente aveva citato nell’atto notarile la deliberazione del consiglio comunale concernente l’individuazione e la determinazione del patrimonio edilizio da recuperare, cioè il piano di recupero di iniziativa pubblica esistente, ma non aveva indicato una convenzione attuativa dell’intervento di recupero, né poteva valere a surrogare tale condizione il generico impegno, formulato dall’acquirente stesso nell’atto notarile, ad effettuare il recupero dell’immobile come previsto dalla normativa;
4) quanto al secondo motivo d’appello, con il quale il notaio appellante sosteneva che nel caso di specie non sussisteva l’obbligazione del responsabile d’imposta, trattandosi di imposta complementare e non principale, a prescindere dal rilievo che si trattava di questione proposta per la prima volta in appello, essa era comunque infondata, non potendo l’imposta liquidata dall’ufficio essere qualificata come complementare, atteso che tale liquidazione era avvenuta sulla base dei dati desumibili direttamente dall’atto notarile soggetto a registrazione, e sulla base del valore imponibile dichiarato dalle parti.
Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso il notaio S.M., sulla base di due motivi.
L’Agenzia delle Entrate si è costituita al solo fine di partecipare all’eventuale udienza di discussione.
RITENUTO IN DIRITTO
1. Con il primo motivo il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione della L. n. 168 del 1982, art. 5 in relazione alla L. n. 457 del 1978, artt. 27 e ss. con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per aver la CTR ritenuto necessaria la presenza di una convenzione attuativa dell’intervento di recupero pur di fronte ad un piano di recupero di iniziativa pubblica e, comunque, anche in presenza di un espresso impegno, assunto dal privato nel contratto di compravendita, ad effettuare il recupero attraverso l’esecuzione di opere di ordinaria manutenzione.
2. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per non aver la CTR considerato che, in materia di riconoscimento o meno delle agevolazioni di cui alla L. n. 168 del 1982, art. 5 è l’Ufficio che dovrebbe dimostrare l’insussistenza dei presupposti per la concessione delle agevolazioni.
3. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 131 del 1986, artt. 42 e 57 con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per non aver la CTR ritenuto che, stante la natura complementare (e non principale) dell’imposta richiesta dall’Ufficio, egli, quale notaio rogante, non era tenuto a versarla.
3.1. Con nota del 3.11.2020 l’Agenzia delle Entrate ha depositato note del 19 e del 20 ottobre 2020 con le quali la Direzione Provinciale III di Roma aveva comunicato, rispettivamente all’Avvocatura Generale dello Stato e al difensore del ricorrente, la sopravvenuta estinzione dell’obbligazione tributaria nei confronti del Notaio Dott. S.M., essendo la stessa stata oggetto di definizione agevolata da parte del coobbligato solidale C.A., chiedendo, per l’effetto, la declaratoria di estinzione del giudizio per sopravvenuta carenza di interesse al ricorso.
3.2. In tema di condono fiscale, la produzione del provvedimento con cui uno dei coobbligati al pagamento dell’imposta è stato ammesso alla definizione della lite fiscale pendente, L. n. 289 del 2002, ex art. 16 determina la cessazione della materia del contendere nel giudizio relativo all’impugnazione proposta da altro coobbligato avverso il medesimo atto impositivo, in quanto, ai sensi del citato art. 16, comma 10 la definizione della lite effettuata da parte di uno dei coobbligati esplica efficacia anche a favore degli altri (Sez. 5, Sentenza n. 5393 del 05/03/2010).
In quest’ottica, Sez. 1, Sentenza n. 199 del 27/03/1985, ha statuito, avuto riguardo ad imposta di registro, che, qualora la controversia venga definita da una delle parti del contratto sottoposto a registrazione, mediante soddisfacimento del credito dell’amministrazione finanziaria e conseguente declaratoria di estinzione del procedimento, analoga declaratoria d’estinzione deve essere resa nel distinto procedimento inerente al medesimo tributo nel rapporto con l’altro contraente, condebitore solidale, restando egli liberato per effetto dell’adempimento del coobbligato (art. 1292 c.c.).
3.3. In presenza della dichiarazione del debitore (o, come nel caso di specie, del condebitore solidale) di avvalersi della definizione agevolata con impegno a rinunciare al giudizio ai sensi del D.L. n. 193 del 2016, art. 6 conv. con modif. in L. n. 225 del 2016, cui sia seguita la comunicazione dell’esattore ai sensi del comma 3 di tale norma, il giudizio di cassazione deve essere dichiarato estinto per cessazione della materia del contendere qualora risulti, al momento della decisione, che il debitore abbia anche provveduto al pagamento integrale del debito rateizzato (Sez. 6, Ordinanza n. 24083 del 03/10/2018; conf. Sez. L, Ordinanza n. 11540 del 02/05/2019).
4. Il giudizio va, pertanto, dichiarato estinto.
Nessuna pronuncia va adottata in tema di spese di lite, essendosi l’Agenzia delle Entrate costituita al solo fine di partecipare all’eventuale udienza di discussione, non tenutasi.
Nell’ipotesi di causa di inammissibilità sopravvenuta alla proposizione del ricorso per cassazione non sussistono i presupposti per imporre al ricorrente il pagamento del cd. “doppio contributo unificato” (così Sez. 5, Ordinanza n. 31732 del 07/12/2018, proprio in una fattispecie in tema di rinuncia al ricorso da parte del contribuente per adesione alla definizione agevolata di cui al D.L. n. 193 del 2016, art. 6, comma 2, conv., con modif., dalla L. n. 225 del 2016).
P.Q.M.
La Corte dichiarata estinto il giudizio.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio da remoto della V Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il 3 febbraio 2021.
Depositato in Cancelleria il 10 novembre 2021