Corte di Cassazione, sez. III Civile, Sentenza n.33007 del 10/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – rel. Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 19082/2019 proposto da:

M.C., e D.R., elettivamente domiciliati in ROMA, presso lo studio dell’avvocato MARCO SAVERIO MONTANARI, che li rappresenta e difende;

– ricorrenti –

contro

OSPEDALE PEDIATRICO *****, elettivamente domiciliato in ROMA, presso lo studio dell’avvocato ANTONELLO PIERRO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

GENERALI ITALIA S.P.A., elettivamente domiciliata in ROMA, presso lo studio dell’avvocato FRANCO TASSONI, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 10/2019 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 04/01/2019;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 05/05/2021 dal Consigliere Dott. MARCO DELL’UTRI;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.ssa SOLDI Annamaria, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;

uditi i difensori delle parti.

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza resa in data 4/1/2019, la Corte d’appello di Roma, in accoglimento dell’appello proposto dall’Ospedale Pediatrico *****, e in riforma della decisione di primo grado, ha rigettato la domanda proposta da M.C. e D.R. per la condanna dell’Ospedale Pediatrico ***** al risarcimento dei danni subiti dalle attrici, in proprio e quali eredi di D’.Ro., a seguito del decesso di quest’ultimo, nella specie verificatosi a causa dell’asserita responsabilità della struttura sanitaria convenuta nell’omessa tempestiva diagnosi della patologia tumorale ch’ebbe a condurlo alla morte.

2. A fondamento della decisione assunta, la corte territoriale ha evidenziato l’insussistenza di alcuna responsabilità dei sanitari della struttura ospedaliera convenuta nel mancato approfondimento diagnostico e nella mancata tempestiva diagnosi della patologia tumorale dedotta, essendosi trattato, nella specie di una formazione tumorale originatasi a partire da organi estranei (il pancreas) a quello coinvolto dall’accertamento condotto su sollecitazione del paziente (lo stomaco), e tenuto altresì conto dell’irrilevanza di un’eventuale diagnosi tempestiva in relazione all’esito mortale verificatosi.

3. Avverso la sentenza d’appello, M.C. e D.R. propongono ricorso per cassazione sulla base di otto motivi d’impugnazione, illustrato da successiva memoria.

4. L’Ospedale Pediatrico ***** e la Generali Italia s.p.a. (già coinvolta in giudizio a fini di manleva) resistono con controricorso. La Generali Italia s.p.a. ha depositato memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo, le ricorrenti censurano la sentenza impugnata per violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4 (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4), per avere la corte territoriale dettato una motivazione manifestamente illogica in ordine all’accertamento dell’assenza di responsabilità della struttura sanitaria convenuta per l’errata diagnosi della patologia tumorale sofferta da D’.Ro., essendo il giudice d’appello pervenuto all’esclusione dell’origine gastrica di detta patologia proprio a partire dalla premessa della mancata diagnosi dello stesso tumore da parte del sanitario della struttura convenuta, con la conseguente assurda e tautologica conclusione che il mancato riscontro del tumore nello stomaco attesterebbe la relativa origine extragastrica.

2. Il motivo è infondato.

3. Osserva il Collegio come, ai sensi dell’art. 132 c.p.c., n. 4, il difetto del requisito della motivazione si configuri, alternativamente, nel caso in cui la stessa manchi integralmente come parte del documento/sentenza (nel senso che alla premessa dell’oggetto del decidere, siccome risultante dallo svolgimento processuale, segua l’enunciazione della decisione senza alcuna argomentazione), ovvero nei casi in cui la motivazione, pur formalmente comparendo come parte del documento, risulti articolata in termini talmente contraddittori o incongrui da non consentire in nessun modo di individuarla, ossia di riconoscerla alla stregua della corrispondente giustificazione del decisum.

4. A tale specifico riguardo, secondo il consolidato insegnamento della giurisprudenza di questa Corte, la mancanza di motivazione, quale causa di nullità della sentenza, va apprezzata, tanto nei casi di sua radicale carenza, quanto nelle evenienze in cui la stessa si dipani in forme del tutto inidonee a rivelare la ratio decidendi posta a fondamento dell’atto, poiché intessuta di argomentazioni fra loro logicamente inconciliabili, perplesse od obiettivamente incomprensibili;

5. In ogni caso, si richiede che tali vizi emergano dal testo del provvedimento, restando esclusa la rilevanza di un’eventuale verifica condotta sulla sufficienza della motivazione medesima rispetto ai contenuti delle risultanze probatorie (ex plurimis, Sez. 3, Sentenza n. 20112 del 18/09/2009, Rv. 609353 – 01).

6. Ciò posto, nel caso di specie, varrà rilevare come la motivazione dettata dalla corte territoriale a fondamento della decisione impugnata sia, non solo esistente, bensì anche articolata in modo tale da permettere di ricostruirne e comprenderne agevolmente il percorso logico, non avendo la corte d’appello affatto fondato l’esclusione dell’origine gastrica del tumore a partire dalla relativa mancata diagnosi, essendosi piuttosto fatta carico di precisare gli elementi di fatto che, sul piano della ricostruzione scientifica, hanno giustificato la conclusione accreditata in sentenza, avendo sottolineato il carattere decisivo dello sviluppo del tumore “in sede retro peritoneale, i rapporti anatomo-topografici della ghiandola pancreatica con lo stomaco, le modalità di coinvolgimento gastrico e la modalità di diffusione linfatica” del tumore: elementi tutti suscettibili di corroborare, proprio sul piano della conferma empirica, l’ipotesi dell’origine pancreatica della neoplasia, a sua volta compatibile con “una citoistopatologia a cellule ad anello con castone” (cfr. pag. 5 ss. della sentenza impugnata), in tal senso poco rilevando la minore probabilità di detta compatibilità, rispetto alla maggiore probabilità di compatibilità con un’origine gastrica del tumore, in presenza degli evidenziati co-elementi di valutazione.

7. L’iter argomentativo compendiato dal giudice a quo sulla base di tali premesse è pertanto valso a integrare gli estremi di un discorso giustificativo logicamente lineare e comprensibile, elaborato nel pieno rispetto dei canoni di correttezza giuridica e di congruità logica, come tale del tutto idoneo a sottrarsi alle censure in questa sede illustrate dalle ricorrenti.

8. Con il secondo motivo, le ricorrenti censurano la sentenza impugnata per omesso esame di fatti decisivi controversi (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5), per avere la corte territoriale omesso di esaminare le controdeduzioni alla consulenza tecnica d’ufficio articolate dai consulenti di parte in relazione alla contestata erronea affermazione dell’origine extragastrica del tumore in esame, tenuto conto degli elementi di fatto specificamente richiamati in ricorso, con particolare riguardo alla circostanza consistita nel mancato esame, da parte dei consulenti d’ufficio, dei preparati istologici che avrebbero potuto condurre, a seguito di un rinnovato esame istologico, alla sconfessione dell’asserita origine pancreatica della neoplasia de qua.

9. Con il quarto motivo, le ricorrenti censurano la sentenza impugnata per omesso esame di fatti decisivi controversi (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5), con particolare riguardo alla trascurata considerazione delle specifiche osservazioni critiche rivolte avverso la consulenza tecnica d’ufficio in relazione al mancato approfondimento diagnostico della lesione ulcerosa duodenale osservata all’endoscopia del *****, dal quale sarebbe potuto emergere, con maggiore probabilità, la documentazione dell’adenocarcinoma gastrico solo successivamente rilevato.

10. Con il settimo motivo, le ricorrenti censurano la sentenza impugnata per omesso esame di fatti decisivi controversi (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5), per avere la corte territoriale erroneamente affermato la conformità delle conclusioni delle consulenze tecniche d’ufficio di primo e di secondo grado, laddove il consulente d’ufficio d’appello aveva dedotto la non curabilità della patologia tumorale riscontrata nel *****, in contrasto con quanto ritenuto dal consulente tecnico d’ufficio di primo grado e con le note critiche avanzate dalle odierne ricorrenti, del tutto trascurate dagli ausiliari del giudice in appello.

11. Il secondo, il quarto e il settimo motivo – congiuntamente esaminabili per ragioni di connessione – sono inammissibili.

12. Osserva il Collegio come alle censure in esame trovi applicazione il nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., n. 5 (quale risultante dalla formulazione del D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 1, lett. b), conv., con modif., con la L. n. 134 del 2012), ai sensi del quale la sentenza è impugnabile con ricorso per cassazione “per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”.

13. Secondo l’interpretazione consolidatasi nella giurisprudenza di legittimità, tale norma, se da un lato ha definitivamente limitato il sindacato del giudice di legittimità ai soli casi d’inesistenza della motivazione in sé (ossia alla mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico, alla motivazione apparente, al contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili o alla motivazione perplessa e obiettivamente incomprensibile), dall’altro chiama la Corte di cassazione a verificare l’eventuale omesso esame, da parte del giudice a quo, di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza (rilevanza del dato testuale) o dagli atti processuali (rilevanza anche del dato extratestuale), che abbia costituito oggetto di discussione e abbia carattere decisivo (cioè che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia), rimanendo escluso che l’omesso esame di elementi istruttori, in quanto tale, integri la fattispecie prevista dalla norma, là dove il fatto storico rappresentato sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché questi non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie astrattamente rilevanti (cfr. Sez. 2, Ordinanza n. 27415 del 29/10/2018, Rv. 651028 – 01).

14. Ciò posto, occorre rilevare l’inammissibilità delle censure in esame, avendo le ricorrenti propriamente trascurato di circostanziare gli aspetti dell’asserita decisività: 1) della mancata rinnovazione dell’esame istologico; 2) del mancato approfondimento diagnostico della lesione ulcerosa duodenale osservata all’endoscopia del *****; 3) delle censure critiche avanzate dei consulenti di parte avverso le considerazioni esposte dal c.t.u. d’appello (in dissenso rispetto a quello del c.t.u. di primo grado); circostanze di fatto, tutte, che le ricorrenti assumono decisive solo in via congetturale rispetto alla rilevata prova dell’origine pancreatica della neoplasia, senza che le odierni istanti abbiano in alcun modo argomentato come la mancata considerazione, da parte della corte territoriale, di dette occorrenze di fatto (asseritamente trascurate), avrebbe al contrario (in ipotesi) condotto a una sicura diversa risoluzione dell’odierna controversia.

15. Osserva pertanto il Collegio come, attraverso le odierne censure, le ricorrenti altro non prospettino se non una rilettura nel merito dei fatti di causa secondo il proprio soggettivo punto di vista, in coerenza ai tratti di un’operazione critica come tale inammissibilmente prospettata in questa sede di legittimità.

16. Con il terzo motivo, le ricorrenti si dolgono della nullità della sentenza impugnata per omessa motivazione (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4), per essersi il giudice a quo totalmente sottratto alla materiale redazione delle motivazioni concernenti le dedotte modalità differenziali della diffusione linfatica dell’adenocarcinoma gastrico, rispetto a quelle dell’adenocarcinoma di origine pancreatica, con la conseguente incomprensibilità del ragionamento seguito dal giudice d’appello a sostegno delle conclusioni dallo stesso recepite dalla consulenza tecnica d’ufficio.

17. Il motivo è infondato.

18. Osserva il Collegio come, in totale contrasto con quanto in questa sede asserito dalle odierne ricorrenti, la corte territoriale abbia espressamente riportato i contenuti che la consulenza tecnico d’ufficio ha dedicato al tema delle modalità di diffusione linfatica dei tumori gastrici e dei tumori pancreatici, riportando, preliminarmente, il passaggio in cui consulenti tecnici hanno affermato di aver ampiamente illustrato nelle note generali (e poi di seguito nuovamente riportate) le modalità di diffusione in esame (pagg. 6-7 della sentenza impugnata), riferendo le stazioni che, in successione, vengono interessate da ripetitività metastatica nelle due forme neoplastiche, fornendo di seguito specifiche notazioni con riguardo all’importante “spread metastatico linfonodale a sede retro peritoneale con interessamento sino ai linfonodi pararenali, più tipico di una neoplasia pancreatica, in assenza, non descritte, di significative linfoadenomegalie perigastriche e del tripode, più tipiche di una neoplasia gastrica” (pag. 7).

19. Si tratta di un’articolazione argomentativa del tutto logica e pienamente comprensibile, sufficiente a integrare i requisiti di una motivazione costituzionalmente congrua, pienamente idonea a sottrarsi all’odierna censura delle ricorrenti.

20. Con il quinto motivo, le ricorrenti si dolgono della nullità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4 (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4), per avere la corte territoriale dettato una motivazione manifestamente illogica e irragionevole in relazione alla ritenuta non responsabilità dei sanitari della struttura convenuta per il denunciato omesso approfondimento diagnostico agli stessi addebitabile: argomentazione suscettibile di giustificare la paradossale conseguenza dell’oggettiva non diagnosticabilità, e della conseguente inevitabilità, del tumore rilevato.

21. Il motivo è infondato.

22. Osserva il Collegio come la corte territoriale non sia in alcun modo incorsa nelle contraddizioni sottolineate delle odierne ricorrenti, essendosi queste ultime piuttosto limitate a predicare il carattere (asseritamente) paradossale della motivazione dettata dal giudice a quo muovendo da una sorta di argomento per assurdo legato alla (pretesa) oggettiva non diagnosticabilità (e della conseguente inevitabilità) del tumore rilevato come conseguenza della condivisione del ragionamento seguito in sentenza. E’, viceversa, evidente come la diagnosticabilità, e la conseguente evitabilità di un tumore, necessariamente dipendano, caso per caso, dall’oggettiva rilevabilità e dalla tempestività della relativa scoperta nei limiti consentiti dalle evidenze sintomatiche e strumentali manifestatesi in tempi utili: evenienze di fatto non verificatesi nel caso di specie, in considerazione della rilevata oggettiva inesigibilità, da parte dei sanitari coinvolti, di una tempestiva diagnosi della patologia tumorale (solo successivamente) manifestatasi, avuto riguardo alle evidenze disponibili e alla storia clinica sottoposte all’esame degli stessi sanitari, secondo quanto congruamente argomentato nella motivazione della sentenza impugnata.

23. Con il sesto motivo, le ricorrenti censurano la sentenza impugnata per violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4 (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4), per avere la corte territoriale dettato una motivazione manifestamente illogica in ordine alla rilevata mancanza di un nesso di causalità tra l’omessa diagnosi della patologia tumorale nella specie rilevata e il decesso del D.; patologia dapprima negata, nel *****, e successivamente affermata come giunta a uno stadio avanzato a distanza di meno di quattro mesi.

24. Il motivo è inammissibile, dovendo ritenersi assorbito dal rigetto delle censure avanzate dalle ricorrenti sul tema della colpa dei sanitari della struttura ospedaliera originariamente convenuta.

25. Con l’ottavo motivo, le ricorrenti censurano la sentenza impugnata per violazione degli artt. 2697 e 2729 c.c., nonché dell’art. 116 c.p.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3), per avere il giudice d’appello erroneamente trascurato di conferire rilievo al principio della c.d. vicinanza della prova, con particolare riguardo al negato valore presuntivo della mancata produzione in giudizio, da parte della struttura convenuta, della documentazione visiva dell’esame endoscopico effettuato nel *****, dalla quale sarebbe emersa la prova diretta e inconfutabile della dedotta inesistenza in sede gastrica del tumore in esame.

26. Il motivo è inammissibile.

27. Osserva il Collegio come, con il motivo in esame, le ricorrenti lungi dal denunciare l’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata dalle norme di legge richiamate – alleghino un’erronea ricognizione, da parte del giudice a quo, della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa: operazione che non attiene all’esatta interpretazione della norma di legge, inerendo bensì alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, unicamente sotto l’aspetto del vizio di motivazione (cfr., ex plurimis, Sez. L, Sentenza n. 7394 del 26/03/2010, Rv. 612745; Sez. 5, Sentenza n. 26110 del 30/12/2015, Rv. 638171), neppure coinvolgendo, la prospettazione critica delle ricorrenti, l’eventuale falsa applicazione delle norme richiamate sotto il profilo dell’erronea sussunzione giuridica di un fatto in sé incontroverso, insistendo propriamente le stesse nella prospettazione di una diversa ricostruzione dei fatti di causa, rispetto a quanto operato dal giudice a quo.

28. Varrà considerare, sul punto, come la combinata valutazione delle circostanze di fatto indicate dalla corte territoriale a fondamento del ragionamento probatorio in concreto eseguito (secondo il meccanismo presuntivo di cui all’art. 2729 c.c.) non può in alcun modo considerarsi fondata su indici privi, ictu oculi, di quella minima capacità rappresentativa suscettibile di giustificare l’apprezzamento ricostruttivo che il giudice del merito ha ritenuto di porre a fondamento del ragionamento probatorio argomentato in sentenza, con la conseguente oggettiva inidoneità delle censure in esame a dedurre la violazione dell’art. 2729 c.c., nei termini analiticamente indicati da Cass., Sez. Un., n. 1785 del 2018 (v. in motivazione sub par. 4. e segg.).

29. Nel caso di specie, al di là del formale richiamo, contenuto nell’epigrafe del motivo d’impugnazione in esame, al vizio di violazione e falsa applicazione di legge, l’ubi consistam delle censure sollevate dalle odierne ricorrenti deve piuttosto individuarsi nella negata congruità dell’interpretazione fornita dalla corte territoriale del contenuto rappresentativo degli elementi di prova complessivamente acquisiti e dei fatti di causa.

30. Si tratta, come appare manifesto, di un’argomentazione critica con evidenza diretta a censurare una (tipica) erronea ricognizione della fattispecie concreta, di necessità mediata dalla contestata valutazione delle risultanze probatorie di causa; e pertanto di una tipica censura diretta a denunciare il vizio di motivazione in cui sarebbe incorso il provvedimento impugnato.

31. Ciò posto, il motivo d’impugnazione così formulato deve ritenersi inammissibile, non essendo consentito alla parte censurare come violazione di norma di diritto, e non come vizio di motivazione, un errore in cui si assume che sia incorso il giudice di merito nella ricostruzione di un fatto giuridicamente rilevante sul quale la sentenza doveva pronunciarsi, non potendo ritenersi neppure soddisfatti i requisiti minimi previsti dall’art. 360 c.p.c., n. 5, ai fini del controllo della legittimità della motivazione nella prospettiva dell’omesso esame di fatti decisivi controversi tra le parti.

32. Sulla base di tali premesse, rilevata la complessiva infondatezza dei motivi esaminati, dev’essere pronunciato il rigetto del ricorso.

33. L’obiettiva complessità degli accertamenti di fatto coinvolti dall’odierno giudizio, e l’esito alterno della controversia nei diversi gradi del processo, giustificano l’integrale compensazione tra le parti delle spese del presente giudizio di legittimità.

34. Dev’essere, viceversa, attestata la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte delle ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

PQM

Rigetta il ricorso.

Dichiara integralmente compensate tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte delle ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 5 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 10 novembre 2021

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