LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GRAZIOSI Chiara – Presidente –
Dott. FIECCONI Francesca – rel. Consigliere –
Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –
Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –
Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 15771-2020 proposto da:
CITTA’ METROPOLITANA di REGGIO CALABRIA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato VINCENZO MILEA;
– ricorrente –
CONSORZIO COOPERATIVE COSTRUZIONI (CCC), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato FILOMENA SACCA’;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
contro
P.A.;
– intimato –
avverso la sentenza n. 125/2020 della CORTE D’APPELLO di REGGIO CALABRIA depositata il 6/02/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 10/06/2021 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCESCA FIECCONI.
RILEVATO
che:
1. Con atto notificato il 17/6/2020, la Città Metropolitana di Reggio Calabria (già Provincia di Reggio Calabria) propone ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, illustrati da memoria, avverso la sentenza n. 125/2020 della Corte d’Appello di Reggio Calabria, notificata il 21/2/2020. Con atto notificato il 22/7/2020, il Consorzio Cooperative Costruzioni propone ricorso incidentale, illustrato da memoria. P.A., intimato, non ha svolto difese in questa sede.
2. Per quanto ancora rileva, P.A. conveniva in giudizio la Provincia di Reggio Calabria per sentirla condannare al risarcimento dei danni derivati dal sinistro avvenuto in data 11/6/2005 quando, percorrendo in bicicletta la strada provinciale Siderno-Salvi, a causa di un avvallamento del manto stradale non visibile e non segnalato era caduto rovinosamente a terra, in quanto il guardrail divelto ne avrebbe impedito la possibilità di appoggio. L’ente convenuto si costituiva e veniva autorizzato a chiamare in causa il Consorzio Ravennate delle Cooperative di Produzione Lavoro tenuto alla manutenzione della strada. In primo grado, il Tribunale rigettava la domanda attorea.
3. Con la sentenza in questa sede impugnata, la Corte d’Appello di Reggio Calabria, accogliendo il gravame spiegato dal sig. P., ha riformato integralmente la sentenza di prime cure. In particolare, non ha condiviso il rilievo del Tribunale per cui la domanda attorea sarebbe stata formulata esclusivamente ex art. 2043 c.c., in quanto – fin dall’atto introduttivo del giudizio di primo grado – i fatti costitutivi dedotti dall’attore erano suscettibili di integrare anche la fattispecie di cui all’art. 2051 c.c. Così riqualificata la pretesa, ha ritenuto sussistente la responsabilità dei convenuti per omessa custodia e manutenzione della strada. In specie, ha rilevato che dall’istruttoria espletata emergeva la prova sia del danno che del nesso causale tra quest’ultimo e la res in custodia, mentre il custode danneggiante – sul quale incombeva il relativo onere probatorio – non aveva fornito la prova del caso fortuito. Pertanto, ha condannato l’ente territoriale al risarcimento del danno, in solido col Consorzio Ravennate in quanto appaltatore contrattualmente obbligato in caso di danni conseguenti alla mancata segnalazione delle situazioni fonte di potenziale pericolo.
CONSIDERATO
che:
Ricorso principale.
1. La Città Metropolitana di Reggio Calabria affida il ricorso a tre motivi. Con il primo denuncia la “violazione e falsa applicazione dell’art. 2051 c.c. in relazione all’art. 2043 c.c. – in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”, per avere la Corte d’Appello ritenuto che la domanda attorea fosse stata formulata anche ex art. 2051 c.c., quandanche nell’originario atto di citazione l’attore avrebbe fatto riferimento alla sola fattispecie di cui all’art. 2043 c.c.
1.1. Il motivo è inammissibile in quanto induce a svolgere valutazioni di merito già effettuate dalla Corte d’appello; inoltre, il motivo non integra il requisito della autosufficienza ex art. 366 c.p.c., n. 6.
1.2. La Corte d’appello, sul punto, ha ritenuto che i fatti costitutivi della pretesa fossero meglio inquadrabili nella fattispecie di cui all’art. 2051 c.c., anziché in quella prospettata di cui all’art. 2043 c.c., e ciò in conformità a numerosi precedenti giurisprudenziali richiamati, rigettando per questo motivo l’eccezione sollevata dall’appellato.
1.3. In merito, vale il principio secondo cui, qualora la diversa qualificazione della pretesa venga prospettata solo nell’atto di appello, la domanda di responsabilità aquiliana proposta in primo grado invocando l’art. 2043 c.c. non può essere modificata con la riconduzione della vicenda al paradigma dell’art. 2051 c.c. per la inconciliabile diversità dei presupposti, a meno che i fatti enunciati sin dall’atto introduttivo consentano la sussunzione nella fattispecie disciplinata dall’art. 2051 c.c. (Sez. 3 -, Ordinanza n. 30920 del 22/12/2017; Sez. 3, Sentenza n. 18609 del 05/08/2013). Sicché, il relativo giudizio effettuato dalla Corte in merito alla qualificazione per come proposta nel giudizio di primo grado, estrinsecandosi in valutazioni discrezionali sul merito della controversia, è sindacabile in sede di legittimità unicamente se sono stati travalicati i detti limiti o per vizio della motivazione (Cass., Sez. 3 -, Ordinanza n. 13602 del 21/5/2019; Sez. L, Sentenza n. 22893 del 9/9/2008; Sez. 2, Sentenza n. 8225 del 29/5/2004).
1.4. Nella formulazione del motivo, tuttavia, la ricorrente non deduce né il vizio motivazionale della sentenza impugnata, né la violazione del principio della domanda o di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, né – soprattutto – riporta stralci dell’atto di citazione tali da rendere evidente la suddetta incompatibilità logica rispetto a quanto fattualmente dedotto nell’atto di citazione, poiché già gli stralci riportati conducono a ritenere, al contrario, del tutto corretta l’operazione di sussunzione della fattispecie entro la cornice dell’art. 2051 c.c.
2. Con il secondo motivo si denuncia “Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti e risultante dagli atti di causa ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in relazione agli artt. 115 e 116 c.p.c., e all’art. art. 2697 c.c.”. La Corte d’Appello avrebbe basato la propria decisione sulle dichiarazioni dei testi escussi che, tuttavia, risulterebbero essere contraddittorie rispetto al contenuto dell’atto introduttivo del giudizio (quanto all’ora dell’accadimento – mattino anziché pomeriggio -) e tra loro contraddittorie (quanto allo stato dei luoghi riguardo alla presenza del guard rail). In particolare, i fatti diversamente descritti dagli atti summenzionati riguarderebbero le circostanze di tempo e di luogo in cui è accaduto il sinistro che, secondo il ricorrente, renderebbero la motivazione ” incompleta, contrastante e apparente”.
2.1. Il motivo è inammissibile in quanto non integra il paradigma di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per come interpretato da questa Corte a partire dalla sentenza delle Sezioni Unite n. 8053/2014. Difatti, nel caso di specie, in primo luogo non si tratta di “fatti storici”, ma di risultanze istruttorie diversamente valutate e interpretate di cui la ricorrente non indica la “decisività”, né come e dove siano state oggetto di discussione tra le parti. In secondo luogo la motivazione non rileva indici di apparenza e palese incongruenza perché non presenta argomentazioni intrinsecamente illogiche, sempre secondo il paradigma indicato dai precedenti delle sezioni unite sul tema (Cass. Sez. Un. 22232/2016 e 8053/2014).
3. Con il terzo motivo si denuncia “Nullità della sentenza in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4”. La motivazione della sentenza impugnata sarebbe meramente apparente in quanto non vaglierebbe analiticamente le risultanze dell’istruttoria espletata in primo grado.
3.1. Anche il terzo motivo è inammissibile per quanto già sopra detto. Dalla lettura della sentenza impugnata emerge che la Corte territoriale ha fatto specifico riferimento alle risultanze istruttorie sulle quali ha fondato la propria decisione non essendo, di contro, obbligata a valutare analiticamente tutte le risultanze istruttorie e a darne conto nella motivazione.
Ricorso incidentale 4. Il Consorzio Cooperative Costruzioni ha proposto ricorso incidentale senza elencazione di specifici motivi, né indicazione di alcuno dei vizi tassativamente previsti dall’art. 360 c.p.c., comma 1. In particolare, il Consorzio insiste, in primo luogo, sulla dichiarazione della sua carenza di legittimazione in relazione alla intervenuta scadenza del contratto di manutenzione stradale all’epoca del sinistro e, in secondo luogo, aderisce ai motivi svolti dal ricorrente principale.
4.1. Il ricorso è inammissibile. Invero, esso introduce temi non trattati dalla sentenza impugnata, peraltro, senza riferimento alcuno agli atti e ai documenti del procedimento, talché risulta inammissibile ex art. 366 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 6, per la parte che riguarda la posizione contrattuale del ricorrente; per il resto, propone argomentazioni inammissibili in quanto in sostanza ripetitive di quanto affermato dal ricorrente principale, senza null’altro aggiungere.
4.2. Conclusivamente i ricorsi principale e incidentale vanno dichiarati inammissibili; le spese sono compensate stante che il ricorso incidentale insiste infondatamente sul tema del difetto di legittimazione. Entrambe le parti vanno condannate al pagamento dell’ulteriore importo per Contributo Unificato, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibili il ricorso principale e incidentale; compensa le spese tra le parti.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti principale e incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1- bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione sesta civile, il 10 giugno 2021.
Depositato in Cancelleria il 10 novembre 2021