Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.33025 del 10/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – rel. Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22203-2019 proposto da:

G.U., D.L.F., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DELLA GIULIANA n. 44, presso lo studio dell’avvocato ARNALDO MIGLINO, rappresentati e difesi dall’avvocato CARMINE FRANCIA;

– ricorrenti –

contro

PROVINCIA DI SALERNO, in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA UGO DE CAROLIS 86, presso lo studio dell’avvocato ALFONSO FERRAIOLI, rappresentata e difesa dall’avvocato FRANCESCO TEDESCO;

– controricorrente-

avverso la sentenza n. 29/2019 della CORTE D’APPELLO di SALERNO, depositata il 10/01/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 17/06/2021 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCESCO MARIA CIRILLO.

FATTI DI CAUSA

1. G.U. e D.L.F. convennero in giudizio la Provincia di Salerno davanti al Tribunale della medesima città, chiedendo che fosse condannata al risarcimento dei danni, fisici e materiali, da loro patiti in conseguenza di un incidente verificatosi sulla *****.

Esposero, a sostegno della domanda, che il D.L., mentre si trovava alla guida di un motociclo di proprietà del G., era caduto a causa della presenza di un dosso e di una buca esistenti sul manto stradale, entrambi non segnalati. A seguito della caduta, il D.L. aveva riportato danni alla persona, mentre il G. lamentava i danni patiti dal motociclo di sua proprietà.

Si costituì in giudizio la Provincia convenuta, chiedendo il rigetto della domanda.

Espletata l’istruttoria con esame di testimoni e svolgimento di una c.t.u., il Tribunale rigettò la domanda e condannò gli attori al pagamento delle spese di lite.

2. La pronuncia è stata appellata dagli attori soccombenti e la Corte d’appello di Salerno, con sentenza del 10 gennaio 2019, ha rigettato il gravame, ha confermato la decisione del Tribunale ed ha condannato gli appellanti al pagamento delle ulteriori spese del grado.

3. Contro la sentenza della Corte d’appello di Salerno ricorrono G.U. e D.L.F. con unico atto affidato a tre motivi.

Resiste la Provincia di Salerno con controricorso.

Il ricorso è stato avviato alla trattazione in Camera di consiglio, sussistendo le condizioni di cui agli artt. 375,376 e 380-bis c.p.c., e i ricorrenti hanno depositato memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3) e 5), violazione e falsa applicazione dell’art. 2051 c.c., omesso esame di un fatto decisivo che è stato oggetto di discussione tra le parti e nullità della sentenza ai sensi dell’art. 132 c.p.c., n. 4), per motivazione apparente e perplessa.

Sostengono i ricorrenti che la Corte d’appello, pur avendo in parte accolto la loro impugnazione, riconoscendo che nella specie doveva trovare applicazione il citato art. 2051, ha tuttavia confermato la decisione di primo grado ritenendo che nel comportamento del danneggiato sussistessero elementi idonei ad interrompere il nesso causale. Richiamando la giurisprudenza sull’argomento e l’esistenza di un obbligo di custodia delle strade in capo alla Provincia convenuta in giudizio, i ricorrenti lamentano che la sentenza non avrebbe esaminato il punto decisivo della questione, e cioè l’incidenza o meno, e in quale misura, del comportamento del conducente della moto. Ricordano i ricorrenti che il D.L. stava guidando fuori di un centro abitato, su un tratto di strada rettilineo e con un fondo regolare, che la presenza del dosso e della buca non era affatto segnalata, che il dosso era stato creato per lavori al manto stradale e che la guida del D.L. era stata corretta. Mentre il conducente, quindi, non poteva avvertire il pericolo, la Provincia avrebbe potuto e dovuto prevedere il rischio per gli utenti della strada; per cui, non risultando alcuna prova della negligenza del conducente, la domanda risarcitoria avrebbe dovuto essere accolta.

2. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), violazione e falsa applicazione dell’art. 1227 c.c., comma 1, e nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4), a causa della motivazione inesistente.

Osservano i ricorrenti, in via subordinata, che, anche volendo riconoscere una qualche colpa del conducente, la responsabilità dello stesso avrebbe dovuto essere regolata sulle circostanze del caso concreto, tenendo conto dell’intrinseca pericolosità della strada, senza addossare tutta la responsabilità al D.L. per il solo fatto che la strada era rettilinea e l’orario diurno.

3. Il primo ed il secondo motivo, benché tra loro differenti, possono essere trattati congiuntamente, posto che entrambi affrontano il problema della responsabilità del sinistro e dell’eventuale concorso di colpa del conducente, e sono entrambi fondati.

3.1. Rileva innanzitutto il Collegio che la costante giurisprudenza di questa Corte sul citato art. 2051, insegna che il danneggiato deve dimostrare l’esistenza del fatto dannoso, il nesso di causalità e il danno, rimanendo a carico del custode l’obbligo di dimostrazione del fortuito, che può essere costituito anche dal comportamento del danneggiato. Ciò premesso, giova ricordare che questa Corte, sottoponendo a revisione i principi sull’obbligo di custodia, ha stabilito, con le ordinanze 1 febbraio 2018, nn. 2480, 2481, 2482 e 2483, che in tema di responsabilità civile per danni da cose in custodia, la condotta del danneggiato, che entri in interazione con la cosa, si atteggia diversamente a seconda del grado di incidenza causale sull’evento dannoso, in applicazione, anche ufficiosa, dell’art. 1227 c.c., comma 1, richiedendo una valutazione che tenga conto del dovere generale di ragionevole cautela, riconducibile al principio di solidarietà espresso dall’art. 2 Cost.. Ne consegue che, quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l’adozione da parte del danneggiato delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze, tanto più incidente deve considerarsi l’efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso, quando sia da escludere che lo stesso comportamento costituisca un’evenienza ragionevole o accettabile secondo un criterio probabilistico di regolarità causale, connotandosi, invece, per l’esclusiva efficienza causale nella produzione del sinistro.

E’ stato anche chiarito nelle menzionate pronunce che l’espressione “fatto colposo” che compare nell’art. 1227 c.c., non va intesa come riferita all’elemento psicologico della colpa, che ha rilevanza esclusivamente ai fini di una affermazione di responsabilità, la quale presuppone l’imputabilità, ma deve intendersi come sinonimo di comportamento oggettivamente in contrasto con una regola di condotta, stabilita da norme positive e/o dettata dalla comune prudenza.

3.2. Nel caso in esame la Corte territoriale non ha fatto buon governo di tali principi, per cui la sentenza impugnata non resiste alle suindicate censure.

La Corte salernitana, infatti, ha rilevato che dall’istruttoria svolta in primo grado era emerso che l’incidente era avvenuto in ora diurna su di una strada rettilinea, per cui il conducente della moto avrebbe potuto avvedersi tempestivamente del pericolo esistente; la condotta da lui tenuta, perciò, era da considerare come “non improntata ai canoni dell’ordinaria diligenza” e tale da interrompere il nesso causale.

Ragione per cui, pur dovendosi applicare nella specie l’art. 2051 c.c., la responsabilità dell’accaduto era da ricondurre in via esclusiva al comportamento del D.L..

Osserva il Collegio che tale motivazione, oltre ad essere quanto mai stringata e a contenere imprecisi richiami alla giurisprudenza di questa Corte, è totalmente priva di ogni effettiva motivazione circa il perché della totale responsabilità del conducente. La sentenza impugnata, infatti, nulla ha detto circa il fatto che, nell’assunto del danneggiato, sia il dosso che la buca non erano segnalati (pur trattandosi di una strada non secondaria) e non ha in alcun modo chiarito quale sia stato il comportamento del conducente. In altri termini, se è corretto affermare, come fa la Corte di merito, che l’appellante “aveva il dovere di guardare il fondo stradale, in modo tale da potersi avvedere della situazione di pericolo”, è pur vero che la sentenza non dà alcuna spiegazione delle ragioni per le quali il conducente si sarebbe comportato in modo scorretto (eccesso di velocità, tracce di frenata, disattenzione dovuta a specifici elementi etc.).

Ne consegue che la decisione risulta, presa così com’e’, del tutto arbitraria e sostanzialmente priva di motivazione.

4. Il terzo motivo di ricorso, avente ad oggetto la liquidazione delle spese processuali, rimane assorbito.

5. In conclusione, sono accolti il primo e il secondo motivo di ricorso, con assorbimento del terzo.

La sentenza impugnata è cassata e il giudizio è rinviato alla medesima Corte d’appello di Salerno, in diversa composizione personale, la quale deciderà conformandosi ai principi di diritto suindicati ed esaminando la vicenda in tutti i suoi profili.

Al giudice di rinvio è demandato anche il compito di liquidare le spese del presente giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo e il secondo motivo di ricorso, assorbito il terzo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Salerno, in diversa composizione personale, anche per le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta Sezione Civile – 3, il 17 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 10 novembre 2021

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