LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –
Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Consigliere –
Dott. MARULLI Marco – Consigliere –
Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –
Dott. VELLA Paola – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso n. 21498/2019 proposto da:
GAMENET SPA, elettivamente domiciliato in ROMA, Via Angelo Brofferio n. 6, presso lo studio dell’avvocato Cristiano Fava, che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
SOCESFIN SRL e MIVA SRL, elettivamente domiciliate in ROMA, Via Fulcieri Paulucci De’ Calboli n. 5, presso lo studio dell’avvocato Dario Buzzelli, che la rappresenta e difende, unitamente e disgiuntamente all’avvocato Massimo Ianni Ficorilli;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 3809/2019 della Corte d’appello di Roma, depositata il 6/6/2019;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 1/7/2021 dal Consigliere Relatore Dott. GIULIA IOFRIDA.
FATTI DI CAUSA
La Corte d’appello di Roma, con sentenza n. 3089/2019, depositata in data 6/6/2019, – in controversia promossa dalle società Socesfin srl e Miva srl, nei confronti della Gamenet spa, per sentire dichiarare risolto, per grave inadempimento della convenuta, il contratto preliminare stipulato inter partes il *****, avente ad oggetto promessa delle prime società di cessione alla seconda della rispettiva quota di partecipazione al capitale della società Vesa, oltre al risarcimento del danno, con domanda riconvenzionale della convenuta, – ha riformato la decisione di primo grado, che aveva respinto la domanda principale delle attrici ed accolto quella riconvenzionale della convenuta, accertato il grave inadempimento delle promittenti venditrici per avere omesso la quasi totalità degli adempimenti propedeutici e delle prestazioni accessorie indispensabili, nonché per avere ceduto a terzi, nel giugno 2012, le quote sociali della Vesa Costruzioni, con condanna delle attrici al versamento alla Gamenet del doppio della caparra confirmatoria, pari ad Euro 1.200.000,00.
In particolare, i giudici d’appello, nell’accogliere il gravame delle società Socesfin srl e Miva srl, dichiarando risolto il contratto preliminare, per inadempimento di Gamenet, con condanna di quest’ultima al risarcimento dell’ulteriore danno nella misura di Euro 1.300.590,00, oltre interessi legali, già detratto l’importo della caparra confirmatoria (versata da Gamenet), hanno sostenuto che: a) il contratto preliminare di vendita di quote sociali non prevedeva una data di stipula del definitivo, stabilendo come momento centrale il “closing” (ovvero la chiusura dell’operazione o il momento conclusivo ed esecutivo del contratto), nel quale tutti gli adempimenti e le operazioni preliminari avrebbero dovuto essere compiute, ed era stata disposta una riunione, il ***** per verificare le attività sino ad allora svolte e gli adempimenti rispettivamente ancora a carico delle due parti, con impegno delle stesse di addivenire al “closing” entro il *****; b) al momento della riunione del *****, quindi, entrambe le parti erano inadempienti, ma successivamente le promittenti venditrici, con nota del *****, avevano invitato la promissaria acquirente a condividere i documenti ancora aperti al fine di concludere l’operazione, senza ricevere risposta, e, al *****, avevano dichiarato di avere eseguito tutti gli adempimenti ed invitato la Gamenet a dare comunicazione dell’esecuzione dei propri obblighi al fine di stipulare il contratto definitivo, indicando la data ed il notaio incaricato, senza ricevere, nuovamente, risposta, finché, ad ulteriore sollecito dell’ottobre 2011, la Gamenet aveva replicato di ritenere risolto il contratto, dato il tempo trascorso, ma le venditrici avevano confermato di volere concludere l’atto il *****; c) con missiva del *****, la Gamenet aveva quindi chiesto la restituzione della caparra confirmatoria di Euro 600.000,00, ma le venditrici avevano negato l’esistenza di un accordo delle parti di risoluzione contrattuale e solo successivamente, nel giugno 2012, avevano venduto a terzi le quote della Vesa; d) alla data del *****, le attività prodromiche al closing erano ancora in itinere per tutte le parti contrattuali, cosicché non poteva parlarsi di inadempimento imputabile ad una di loro, mentre la vendita delle quote di Vesa a terzi, in assenza di previa risoluzione, giudiziale o di diritto, del contratto, era stata causata dall’inadempimento di Gamenet, la quale aveva già dimostrato, non essendosi presentata dinanzi al notaio, per (acta concludentia, la perdita di ogni interesse all’acquisto delle quote della società.
Avverso la suddetta pronuncia, notificata il 12/7/2019, la Gamenet spa propone ricorso per cassazione, notificato il 22/7/2019, affidato ad un motivo, nei confronti di Socesfin srl e di Miva srl (che resistono con controricorso, notificato il 30/9/2019). E’ stata disposta la trattazione con il rito camerale di cui all’art. 380-bis c.p.c., ritenuti ricorrenti i relativi presupposti. La ricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. La ricorrente lamenta, con unico motivo, la violazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, degli artt. 1453 e 1455 c.c., per avere la Corte di merito, nel dichiarare risolto il contratto per inadempimento imputabile a Gamenet, per non essersi questa presentata dinanzi al notaio per stipulare il contratto definitivo, nonostante diversi inviti delle promittenti venditrici, omesso di considerare i plurimi inadempimenti di queste ultime, sin dalla data del ***** (nella quale le società avevano invece, in mala fede, comunicato non esservi motivi ostativi al perfezionamento dell’operazione), ad obblighi contrattuali specifici, quali la cessione dell’immobile di Guidonia, delle quote della società Immobiliare BMP srl, un finanziamento alla Vesa da parte di Unicredit, prestazioni intervenute solo sei mesi più tardi, a giugno 2011, a fronte di meri inadempimenti di Gamenet ad attività esecutive e di secondaria importanza, quale la predisposizione delle bozze degli atti necessari a completare passaggi societari interni a Vesa, che essa si era comunque dichiarata, in riunione dell’ottobre 2010, disponibile a porre in essere, nonché per avere escluso la responsabilità delle stesse in relazione alla vendita delle quote della Vesa a terzi, in assenza di una previa risoluzione giudiziale o di diritto del contratto.
2. La censura è inammissibile.
La ricorrente, al fine di ribaltare il giudizio espresso dalla Corte di merito in ordine all’inadempienza grave posta in essere da Gamenet (per non avere adempiuto ai plurimi inviti e solleciti rivoltile dalle Socesfin srl e Miva srl), essenzialmente, deduce che, per effetto del silenzio delle due società per circa sette mesi (dal dicembre 2010 al luglio 2011) e del loro inadempimento agli obblighi contrattuali a loro carico, il contratto doveva ritenersi già risolto per mutuo consenso.
Ma la Corte d’appello ha rilevato che di tale risoluzione consensuale, a quella data, non vi era alcuna prova, essendovi al contrario le diverse missive inoltrate dalle promittenti venditrici a dimostrazione del perdurante interesse all’operazione e che solo molto successivamente si era manifestato il venir meno di ogni interesse alla cessione delle quote di Vesa, nel giugno 2012, allorché le due società avevano venduto a terzi le quote della /lesa; la Corte di merito ha poi rilevato che, già ad ottobre 2010, epoca della riunione tra le parti per fare il punto della situazione, si era verificato che a quella data entrambe le parti erano inadempienti; inoltre, a dicembre 2010 non vi era alcun grave inadempimento di rilievo imputabile alle promittenti venditrici, né si poteva ritenere, a giugno 2011, epoca dell’invito delle promittenti venditrici alla stipula del definitivo, a fronte dell’adempimento delle obbligazioni a loro carico, che fosse intervenuta risoluzione di diritto del contratto.
Ora, nei contratti con prestazioni corrispettive, qualora una delle parti adduca, a giustificazione della propria inadempienza, l’inadempimento o la mancata offerta di adempimento dell’altra, il giudice deve procedere alla valutazione comparativa dei comportamenti, tenendo conto non solo dell’elemento cronologico, ma anche e soprattutto dei rapporti di causalità e proporzionalità esistenti tra le prestazioni inadempiute, della loro incidenza sulla funzione economico sociale del contratto, dell’equilibrio sinallagmatico del rapporto e degli interessi delle parti, e tale valutazione, avendo per oggetto un apprezzamento di fatto, rientra nei poteri del giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato (Cass. n. 12161/2003; Cass. n. 10477/2004; Cass. n. 20678/2005; Cass. n. 13627/2017).
Nella specie, la Corte di merito ha ritenuto prevalente il comportamento inadempiente di Gamenet, per non avere questa risposto ai numerosi inviti rivoltile nel corso del 2011 dalle altre due società, in difetto di dimostrazione di una previa risoluzione di diritto o per mutuo consenso del contratto, ed il percorso argomentativo si rivela congruo e privo di vizi logici, per cui, in applicazione del citato principio di diritto, esso non è sindacabile in questa sede.
3. Per tutto quanto sopra esposto, va dichiarato inammissibile il ricorso. Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna la ricorrente al rimborso delle spese processuali del presente giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 9.500,00, a titolo di compensi, oltre Euro 100,00 per esborsi, nonché al rimborso forfetario delle spese generali, nella misura del 15%, ed agli accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della ricorrenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, ove dovuto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 1 luglio 2021.
Depositato in Cancelleria il 10 novembre 2021