LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Presidente –
Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –
Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –
Dott. SPENA Francesca – Consigliere –
Dott. BELLE’ Roberto – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 16026-2019 proposto da:
MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia ex lege in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI n. 12;
– ricorrente –
contro
L.T., domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato CARLOTTA PERSICO;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 429/2019 del TRIBUNALE di TORINO, depositata il 12/03/2019 R.G.N. 3389/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 28/04/2021 dal Consigliere Dott. ROBERTO BELLE’.
RITENUTO
CHE:
1. L.T., già docente a tempo determinato e poi transitata in ruolo, ha agito davanti al Tribunale di Torino per far accertare il diritto al corretto inquadramento di anzianità, secondo la cadenza temporale delle corrispondenti fasce retributive (0-2; 3-8; 9-14 etc.) preesistenti, rispetto alle modifiche apportate con il c.c.n.l. del 4.8.2011, con il quale è stata eliminata la prima fascia, modificandosi così la cadenza dell’anzianità (divenuta 0-8; 9-14 etc.);
il Tribunale di Torino, ritenuta la sussistenza dei relativi presupposti, ha impostato procedimento D.P.R. n. 165 del 2001, ex art. 64 coinvolgendo le parti sindacali ed ha quindi provveduto con sentenza non definitiva, dichiarando la nullità dell’art. 2, comma 2 e art. 3 del CCNL comparto scuola 4 agosto 2011 nella parte in cui prevedono il mantenimento delle fasce di anzianità preesistenti per il solo personale a tempo indeterminato e non per il personale a tempo determinato che abbia maturato la medesima anzianità di servizio;
il Tribunale ha ritenuto che tale conclusione fosse resa necessaria dall’osservanza della norma imperativa di cui al D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 6 di derivazione Eurounitaria, nonché dall’assenza di ragioni obiettive idonee a giustificare la disparità di trattamento;
2. il Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca (d’ora in poi: MIUR) ha proposto ricorso immediato ai sensi del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 64 con due motivi, resistiti dalla controparte con controricorso.
CONSIDERATO
CHE:
1. con il primo motivo il MIUR adduce la violazione e/o falsa applicazione (art. 360 c.p.c., n. 3) dell’art. 2, comma 2 e art. 3 c.c.n.l. comparto scuola del 4 agosto 2011, nonché degli artt. 1362, 1363 e 1364 c.c.;
il secondo motivo denuncia invece, sempre ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione della clausola 4 dell’Accordo Quadro allegato alla Direttiva 1999/70/CE, nonché del D.Lgs. n. 297 del 1994, artt. 485, 489 e 569 e dell’art. 2697 c.c.;
Il Ministero sostiene in sostanza, da diversi punti di vista, che la ragione obiettiva atta a giustificare il diverso trattamento è da individuare nel piano straordinario di assunzioni di docenti a tempo indeterminato, finanziariamente non sostenibile, se non riducendo l’incidenza dell’anzianità per i neoassunti;
Il MIUR rimarca altresì come, in un’ottica di bilanciamento, diverso era da ritenere l’affidamento maturato dai docenti già di ruolo, con riguardo al mantenimento delle fasce preesistenti, rispetto al sacrificio richiesto ai docenti precari – consistente nella riduzione delle fasce stipendiali nei loro confronti – tanto più che tale sacrificio poteva considerarsi compensato dal suddetto piano straordinario di assunzioni;
2. questa S.C. ha già deciso analoghe controversie affermando (v. Cass. 23 dicembre 2020, n. 29455) i seguenti principi che qui sono condivisi e vengono ribaditi con il richiamo, anche ai sensi dell’art. 118 disp. att. c.p.c., comma 1 dei precedenti:
– in tema di accertamento pregiudiziale sull’efficacia, validità ed interpretazione dei contratti collettivi D.Lgs. n. 165 del 2001, ex art. 64 il sindacato della Corte di cassazione, adita con ricorso immediato in base allo stesso art. 64, comma 3 non è limitato alla decisione del giudice di merito sulla questione pregiudiziale, ma si estende, anche d’ufficio, ai presupposti di ammissibilità del subprocedimento ivi disciplinato, atteso che la sentenza della Cassazione mira alla rimozione “erga omnes” della situazione di incertezza sollevata e ha, ai sensi del comma 7, un’efficacia rafforzata sugli altri processi riguardanti la medesima questione, consentendo al giudice dei giudizi futuri di decidere nuovamente su di essa solo se non ritiene di uniformarsi alla pronuncia della Corte;
– il procedimento di accertamento pregiudiziale sull’efficacia, validità ed interpretazione dei contratti collettivi D.Lgs. n. 165 del 2001, ex art. 64 che ha carattere eccezionale e non tollera interpretazioni estensive, non può essere esperito quando la clausola del contratto collettivo di cui si discute sia in contrasto con il diritto Eurounitario, venendo in tal caso in rilievo non già una questione di nullità della clausola o di inserzione automatica ex art. 1339 c.c., ma di difformità della fattispecie di diritto nazionale rispetto al diritto U.E., ossia di un’antinomia normativa da risolvere mediante lo strumento della disapplicazione della norma interna, con conseguente totale mancanza del requisito di “rilevanza” che deve ricorrere perché la questione interpretativa attivi il procedimento speciale di accertamento pregiudiziale e che consiste appunto nel fatto che si debba applicare una norma interna capace di invalidare il contratto collettivo o di renderlo inefficace;
una volta così definito il rapporto tra le norme di cui si assume il contrasto, ne derivano evidenti conseguenze rispetto alla questione oggetto del presente contenzioso;
se infatti la fattispecie che fonda il diritto rivendicato è quella derivante dal diritto Europeo e non quella derivante dal diritto interno, ciò significa che ne resta coinvolto, quanto a qualificazione giuridica, esclusivamente il diritto Eurounitario e solo collateralmente il diritto interno da disapplicare, sicché non può dirsi ricorrere una questione pregiudiziale ai sensi dell’art. 64 cit. sul contratto collettivo;
del resto, se si dovesse ritenere insussistente una discriminazione, neppure si potrebbe parlare di un serio e reale dubbio interpretativo (presupposto che si è visto costituire requisito del procedimento, secondo le pronunce delle Corte Costituzionale sopra citate ed anche secondo Cass. 12328/2008 cit.), in quanto la norma collettiva, la cui efficacia non è di per sé in discussione, è testualmente del tutto chiara nel riferire le regole di salvaguardia solo agli assunti a tempo indeterminato e dunque neppure da questa angolazione si potrebbero ritenere sussistenti i presupposti per una questione D.Lgs. n. 165 del 2001, ex art. 64;
infine, è evidente che la fattispecie di cui all’art. 64 è del tutto eccezionale e non tollera interpretazioni estensive (Cass. 25 novembre 2005, n. 24865; analogamente, poi, in ordine di tempo, Cass. 21 febbraio 2008, n. 4505; Cass. 2 marzo 2009, n. 5025; Cass. 19 marzo 2010, n. 6748; v. anche Cons. Stato, Sez. III, 31 ottobre 2014, n. 5414 che parla in proposito di “assoluta specialità”), sicché può concludersi nel senso che il procedimento di accertamento pregiudiziale sia stato attivato per un’ipotesi rispetto alla quale esso non è previsto;
pertanto, l’accertamento della discriminatorietà, in tema di raffronto tra lavoratori a tempo determinato e lavoratori a tempo indeterminato, intesa come diversità di trattamento non legittimata dalle ragioni giustificatrici (non comparabilità/legittime ragioni di politica sociale) evidenziate dalla Corte di Giustizia, deve svolgersi, anche sotto il profilo istruttorio e del più ampio respiro che deriva dalla scansione su due gradi di giudizio, secondo le regole ordinarie;
con la conseguenza, qualora tale discriminatorietà sussista, della diretta applicazione dell’effetto Eurounitario della parità di trattamento oppure, qualora non sussista (per non comparabilità o per il ricorrere di un legittimo esercizio di politiche sociali) con il rigetto della domanda, ma esclusivamente per il ricorrere di un caso di legittimità Eurounitaria dell’operato interno, nonostante il diverso trattamento applicato;
in sostanza, tornando al ragionamento iniziale, viene a mancare in questo caso quel requisito di “rilevanza”, da valutare come detto rispetto alla capacità di norme interne di invalidare o rendere inefficace il contratto collettivo e che deve ricorrere perché la questione interpretativa attivi il procedimento speciale di accertamento pregiudiziale (Cass. 5 marzo 2008, n. 5950 e, rispetto al procedimento ex art. 420-bis c.p.c., Cass. 14356/2014);
il disconoscimento dei presupposti specifici che consentono il ricorso al procedimento di accertamento pregiudiziale comporta l’annullamento della statuizione operata dal Tribunale e il rinvio per la prosecuzione del giudizio di merito sulla base dell’inquadramento giuridico qui affermato, in forza del quale, valutata la ricorrenza o meno di una illegittima discriminazione secondo il diritto Eurounitario, dovrà decidersi la causa.
PQM
decidendo sul ricorso lo accoglie nei termini di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, al Tribunale di Torino, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 28 aprile 2021.
Depositato in Cancelleria il 10 novembre 2021
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