Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.33088 del 10/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LEONE Margerita Maria – rel. Presidente –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

Dott. BUFFA Francesco – Consigliere –

Dott. BOGHETICH Elena – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11585-2019 proposto da:

D.G.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ARCHIMEDE, 143, presso lo studio dell’avvocato LUIGI PATRICELLI, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale procuratore della SOCIETA’ DI CARTOLARIZZAZIONE DEI CREDITI INPS (SCCI) SPA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati ANTONINO SGROI, CARLA D’ALOISIO, GIUSEPPE MATANO, EMANUELE DE ROSE, ESTER ADA VITA SCIPLINO, LELIO MARITATO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2201/2018 della CORTE D’APPELLO di BARI, depositata il 26/11/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 17/06/2021 dal Presidente Relatore Dott. MARGHERITA MARIA LEONE.

RILEVATO

che:

La Corte di appello di Bari con la sentenza n. 2201/2018 aveva accolto l’appello dell’Inps avverso la decisione del Tribunale di Foggia ed aveva ritenuto sussistente l’obbligo di D.G.M. di iscrizione alla Gestione separata Inps, compensando le spese di entrambi i gradi del giudizio. La Corte territoriale aveva richiamato i principi espressi da Cass. n. 30344/2017 in fattispecie sovrapponibile a quella in suo esame.

Avverso detta decisione D.G.M. proponeva ricorso affidato a due motivi cuì resisteva con controricorso l’Inps.

Veniva depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.

CONSIDERATO

che:

1) Con il primo motivo è denunciata la violazione e falsa applicazione degli artt. 342 e 434 c.p.c. (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), poiché la Corte territoriale non aveva considerato le eccezioni di inammissibilità mosse al ricorso di appello dell’Inps. Parte ricorrente si duole della mancata valutazione dei rilievi mossi all’atto di appello, frutto, a suo dire, di una operazione di “copia incolla” di precedenti atti.

2) Con il secondo motivo si censura la nullità della sentenza d’appello per violazione dell’art. 112 c.p.c. (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), per la mancata risposta e statuizione circa le denunciate carenze dell’atto di appello.

I motivi possono essere trattati congiuntamente.

Questa Corte ha avuto occasione di chiarire che “Non è configurabile il vizio di omesso esame di una questione (connessa a una prospettata tesi difensiva) o di un’ eccezione di nullità (ritualmente sollevata o rilevabile d’ufficio), quando debba ritenersi che tali questioni od eccezioni siano state esaminate e decise – sia pure con una pronuncia implicita della loro irrilevanza o di infondatezza – in quanto superate e travolte, anche se non espressamente trattate, dalla incompatibile soluzione di altra questione, il cui solo esame comporti e presupponga, come necessario antecedente logico-giuridico, la detta irrilevanza o infondatezza; peraltro, il mancato esame da parte del giudice, sollecitatone dalla parte, di una questione puramente processuale non può dar luogo al vizio di omessa pronunzia, il quale è configurabile con riferimento alle sole domande di merito, e non può assurgere quindi a causa autonoma di nullità della sentenza, potendo profilarsi al riguardo una nullità (propria o derivata) della decisione, per la violazione di norme diverse dall’art. 112 c.p.c., in quanto sia errata la soluzione implicitamente data dal giudice alla questione sollevata dalla parte. (Cass. 13649/2005; Cass. n. 7406/2014).

Alla luce dei principi richiamati, ai quali si intende dare seguito, entrambe le censure devono essere dichiarate inammissibili poiché invocano l’esistenza di vizi quali la violazione di legge e la nullità della sentenza con riferimento all’omessa pronuncia sulle eccezioni di carenza dell’atto di appello. La decisione in esame, affrontando le questioni di merito inerenti la fattispecie, ha implicitamente ritenuto superate le eccezioni preliminari circa la inidoneità dell’atto di appello, il cui contenuto, evidentemente, era tale da consentire la espressa dal giudice del merito.

Il ricorso è pertanto infondato.

Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in favore della controricorrente nella misura di cui al dispositivo;

Si dà atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (Legge di stabilità 2013).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in Euro 1.500,00 per compensi ed Euro 200,00 per spese oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 17 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 10 novembre 2021

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