Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.33098 del 10/11/2021

Pubblicato il

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LEONE Margherita Maria – Presidente –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

Dott. BUFFA Francesco – Consigliere –

Dott. BOGHETICH Elena – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 36062-2019 proposto da:

CITTA’ DI PIANO DI SORRENTO, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato PIERFRANCESCO RINA;

– ricorrente –

contro

P.S., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato PASQUALE FRISINA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1266/2019 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 29/04/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 17/06/2021 dal Consigliere Relatore Dott. ALFONSINA DE FELICE.

RILEVATO

che:

la Corte d’appello di Napoli, in riforma della sentenza del Tribunale di Torre Annunziata, nel giudizio avente a oggetto la domanda all’equo indennizzo per infortunio in itinere proposta da P.S. nei confronti della Città di Piano di Sorrento del quale questi era dipendente, ha disposto la compensazione della metà delle spese dei due gradi del merito, ponendo a carico del Comune l’altra metà;

la statuizione, che ha riformato la scelta di compensazione integrale delle spese di lite da parte del primo giudice, si è basata sull’evidenza che P.S. si era visto costretto ad adire la via giudiziaria a causa del comportamento ostativo dell’amministrazione comunale, la quale, nonostante le numerose istanze di pagamento dell’equo indennizzo inoltrate dal dipendente, aveva riconosciuto il beneficio richiesto soltanto in seguito alla notifica del ricorso;

la cassazione della sentenza è domandata dalla Città di Piano di Sorrento sulla base di due motivi;

P.S. ha opposto difese;

e’ stata depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in Camera di consiglio.

CONSIDERATO

che:

col primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, il ricorrente contesta la violazione dell’art. 112 c.p.c., e dell’art. 91c.p.c. e art. 92 c.p.c., comma 2;

sostiene che il mancato pagamento dell’indennizzo da parte del Comune sarebbe allo stesso non imputabile, e che la Corte territoriale, ribaltando “sorprendentemente” la pronuncia di primo grado in materia di spese, sarebbe incorsa in un vizio di ultrapetizione;

riferisce la circostanza secondo cui il pagamento, reiterato dal P. con diffida, avrebbe tardato per responsabilità del dipendente interessato, il quale aveva atteso lungamente prima di produrre al Comune la dichiarazione sostitutiva attestante di non aver ricevuto l’equo indennizzo dall’Inps o da altre amministrazioni;

col secondo motivo, subordinato, denuncia l’errore di determinazione dello scaglione economico da parte della sentenza d’appello la quale, pur condannando la ricorrente a metà delle spese, ha liquidato una cifra addirittura “punitiva” a carico del Comune; che il dipendente aveva rinunciato alla domanda principale di equo indennizzo (per averlo ottenuto) ed aveva coltivato la sola domanda accessoria relativa agli interessi legali, del valore di 94 centesimi di Euro, ed è su tale valore che avrebbe dovuto eventualmente attestarsi la condanna alle spese processuali;

il primo motivo è infondato;

la Corte territoriale ha ricostruito la dinamica del fatto, sì come presentatasi al primo giudice, rilevando che P.S. aveva per la seconda volta fatto istanza per il riconoscimento dell’equo indennizzo al Comune in relazione all’infortunio in itinere occorso il *****, e riconosciuto dalla ***** di ***** con parere del *****, senza ottenere alcunché; aveva dovuto quindi diffidare il Comune in data ***** alla corresponsione dell’indennizzo entro trenta giorni; visto il silenzio del Comune, il ***** si era trovato costretto a proporre ricorso e solo a quel punto l’ente, convenuto in giudizio, aveva comunicato che, con Det. Dirigenziale 15 gennaio 2016, era stata autorizzata la liquidazione dell’importo di Euro 985,56 in favore di P.S. a titolo di equo indennizzo;

alla luce delle richiamate circostanze, la Corte territoriale, preso atto dell’intervenuto pagamento dell’indennizzo nelle more del giudizio e della rinuncia alla domanda principale da parte dell’appellante, essendo rimasta in piedi la sola domanda accessoria relativa agli interessi legali nel frattempo maturati, ha giudicato rilevante, ai fini della liquidazione delle spese di lite, il comportamento ostativo del Comune di Piano di Sorrento, e, pertanto, ha pertanto riformato la sentenza di primo grado, che aveva disposto l’integrale compensazione delle spese di lite, ponendole per metà a carico del Comune;

va, pertanto, evidenziato come non si ravvisi l’asserita violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, attesa la piena corrispondenza tra la domanda del P. di condanna del Comune alla rifusione delle spese di lite e la statuizione di condanna al pagamento della metà delle stesse da parte della Corte d’appello;

secondo la giurisprudenza di questa Corte, il vizio di ultrapetizione è legittimamente dedotto solo qualora venga riferito all’ambito oggettivo della pronuncia e non anche alle ragioni di diritto e di fatto assunte a sostegno della decisione (da ultimo, cfr. Cass. n. 1616 del 20121), la quale, nel caso in esame, ha stabilito di valutare la condotta del Comune alla luce dell’esito complessivo del giudizio, ai fini della scelta della parziale compensazione delle spese di lite, che la legge affida al potere discrezionale del giudice del merito (ex multis, cfr. Cass. n. 11329 del 2019);

in ogni caso, la censura appare altresì generica, poiché, in violazione degli obblighi di specificità e di allegazione a carico del ricorrente in cassazione, non risulta trascritto né prodotto il ricorso in appello dell’odierno controricorrente, al fine di poter ricavare quale fosse l’esatto contenuto della domanda in tema di spese;

secondo il principio di specificazione e di allegazione di cui all’art. 366 c.p.c., n. 4 e all’art. 369 c.p.c., n. 6, ed in conformità a quanto ripetutamente affermato da questa Corte, il ricorso per cassazione, in ragione del principio di specificità, deve contenere in sé tutti gli elementi necessari a costituire le ragioni per cui si chiede la cassazione della sentenza di merito ed, altresì, a permettere la valutazione della fondatezza di tali ragioni, senza la necessità di far rinvio ed accedere a fonti esterne allo stesso ricorso e, quindi, ad elementi od atti attinenti al pregresso giudizio di merito (cfr. Cass. n. 11603 del 2018; Cass. n. 27209 del 2017; Cass. n. 12362 del 2006);

il secondo motivo è infondato;

parte ricorrente erroneamente ha utilizzato, quale riferimento per la determinazione dello scaglione tariffario, ai fini della liquidazione delle spese, il valore della domanda di pagamento degli accessori, coltivata in appello dopo l’intervenuto soddisfacimento, nelle more del giudizio, della pretesa principale all’equo indennizzo, in luogo del valore di causa espresso alla luce della domanda originaria;

in base alla consolidata giurisprudenza di legittimità, “Ai fini del rimborso delle spese di lite a carico della parte soccombente, il valore della controversia va fissato in armonia con il principio generale di proporzionalità ed adeguatezza degli onorari di avvocato nell’opera professionale effettivamente prestata, quale desumibile dall’interpretazione sistematica della Tariffa per le prestazioni giudiziali in materia civile, amministrativa e tributaria, art. 6, commi 1 e comma 2, contenuta nella Delib. Consiglio nazionale forense 12 giugno 1993, approvata con D.M. 5 ottobre 1994, n. 585, del Ministro di grazia e giustizia, avente natura subprimaria regolamentare e quindi soggetta al sindacato di legittimità ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – sulla base del criterio del “disputatum” (ossia di quanto richiesto nell’atto introduttivo del giudizio ovvero nell’atto di impugnazione parziale della sentenza), tenendo però conto che, in caso di accoglimento solo in parte della domanda ovvero di parziale accoglimento dell’impugnazione, il giudice deve considerare il contenuto effettivo della sua decisione (criterio del “decisum”), salvo che la riduzione della somma o del bene attribuito non consegua ad un adempimento intervenuto, nel corso del processo, ad opera della parte debitrice, convenuta in giudizio, nel quale caso il giudice, richiestone dalla parte interessata, terrà conto non di meno del “disputatum”, ove riconosca la fondatezza dell’intera pretesa” (Sez. Un. 19014 del 2007 e successive conformi: Cass. n. 536 del 2011; Cass. n. 12227 del 2015; Cass. n. 27871 del 2017);

dal tenore complessivo della decisione impugnata si evince che, in conformità al principio di diritto sopra richiamato, il valore della controversia, ai fini del rimborso delle spese di lite, è stato fissato dalla Corte territoriale – del tutto legittimamente – in base al criterio del disputatum anziché del decisum;

in definitiva, il ricorso va rigettato; le spese, come liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza;

in considerazione del rigetto del ricorso, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di legittimità in favore del controricorrente, che liquida in Euro 200,00 per esborsi, Euro 600,00 per compensi professionali, oltre spese generali nella misura forfetaria del 15 per cento e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, all’Adunanza camerale, il 17 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 10 novembre 2021

©2024 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472