Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.33136 del 10/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – rel. Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 32014-2019 proposto da:

B.F., quale titolare e legale rappresentante dell’omonima impresa individuale, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ASIAGO N. 2, presso lo studio dell’avvocato WALTER CONDOLEO, rappresentato e difeso dall’avvocato FILIPPO RACCO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI DIREZIONE PROVINCIALE DEL LAVORO DI *****, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 665/2019 della CORTE D’APPELLO di REGGIO CALABRLI, depositata il 06/08/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata dell’08/06/2021 dal Consigliere Relatore Dott. GUGLIELMO CINQUE.

RILEVATO

che:

1. Con l’ordinanza ingiunzione n. 278/2011 il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali – Direzione Provinciale del Lavoro di *****, ingiungeva a B.F. il pagamento di Euro 3.381,60 a titolo di sanzione amministrativa pecuniaria per la violazione del D.L. n. 12 del 2002, art. 3, convertito nella L. n. 73 del 2002, come modificato dal D.L. n. 223 del 2006, art. 36 bis, comma 7, lett. a), convertito a sua volta nella L. n. 248 del 2006, per “avere impiegato lavoratori che non risultavano nelle scritture o in altra documentazione contabile”.

2. Con la pronuncia n. 476/2012 il Tribunale di Locri accoglieva l’opposizione proposta dall’ingiunto e annullava l’ordinanza ingiunzione.

3. La Corte di appello di Reggio Calabria, con la sentenza n. 665/2019, in riforma della gravata decisione, accoglieva il gravame e condannava il B. al pagamento della somma di Euro 3.381,60 a titolo di sanzione amministrativa per la violazione del D.L. n. 12 del 2002, art. 3, convertito nella L. n. 248 del 2009.

4. I giudici di seconde cure rilevavano che era corretta la contestazione addebitata e valida la sanzione irrogata relativamente all’impiego, nella fattispecie in esame, di lavoratori non registrati la cui verifica doveva avvenire al momento dell’accertamento ispettivo, senza alcuna incidenza della eventuale condotta di regolarizzazione successiva.

5. B.F. proponeva ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo cui resisteva con controricorso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.

6. La proposta del relatore è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’udienza, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c..

7. Il ricorrente ha depositato memoria.

CONSIDERATO

che:

1. Con l’unico articolato motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.L. n. 12 del 2002, art. 3 (convertito nella L. n. 73 del 2002) come modificato dal D.L. n. 233 del 2006, art. 36 bis, comma 7, lett. a), (convertito nella L. n. 248 del 2006), in relazione al D.L. n. 112 del 2008, art. 39 (convertito nella L. n. 133 del 2008), per avere il giudice di appello, con una motivazione illogica e superficiale, ritenuto inefficace la compilazione del libro unico del lavoro, regolarmente eseguito dal ricorrente, per il lavoratore che non era stato registrato, entro il termine di cui al D.L. n. 112 del 2008, art. 39, comma 3, e s.m.i. (cioè entro il giorno 16 del mese successivo all’assunzione).

2. Il motivo non è fondato.

3. In primo luogo, deve rilevarsi che non è ravvisabile alcun vizio di motivazione che, per essere rilevante a seguito della modifica dell’art. 360 c.p.c., n. 5, deve essere tale che, pur se graficamente esistente, non consente alcun controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento decisorio, così da non attingere lo soglia del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6 (Cass. n. 13248 del 2020).

4. In secondo luogo, in ordine alle denunciate violazioni di legge, va osservato che, nel caso in esame, in relazione al lavoratore non registrato, difettava sia la comunicazione preventiva (perché il ricorrente non ha dimostrato tale circostanza) sia la iscrizione nel cd. Libro Unico.

5. Orbene, devono ribadirsi i seguenti orientamenti di legittimità: 1) in tema di sanzioni amministrative conseguenti all’impiego di lavoratori non regolarmente denunciati, la L. n. 73 del 2002, art. 3 comma 3, letto in combinato disposto con il D.L. n. 510 del 1996, art. 9 bis, (conv. con modificazioni nella L. n. 608 del 1996) impone che l’iscrizione del lavoratore nel libro paga e matricola avvenga contestualmente all’atto di assunzione; in difetto si determina automaticamente il presupposto per l’irrogazione della sanzione, senza che possa avere valenza alternativa la risultanza del nominativo del lavoratore nel contratto di lavoro, redatto in forma di scrittura privata, in quanto atto regolativo di interessi inter partes, privo di valenza pubblica (Cass. n. 24107 del 2018); 2) è irrilevante che la registrazione venga effettuata in epoca successiva a quella dell’effettivo impiego del lavoratore, diversamente ricorrendo una non prevista sanatoria (Cass. n. 11186 del 2013).

6. Nella fattispecie in esame in cui, va ribadito, non risultava provata neanche l’avvenuta iscrizione D.L. n. 510 del 1996, ex art. 9 bis, la iscrizione nel cd. Libro Unico avrebbe dovuto essere effettuata contestualmente all’assunzione, come ha ritenuto la Corte territoriale, altrimenti tutto il sistema normativo di controllo teso alla emersione del lavoro “sommerso” sarebbe vanificato.

7. Alla stregua di quanto esposto il ricorso deve essere rigettato.

8. Al rigetto segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che si liquidano come da dispositivo.

9. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo risultante dalla L. 24.12.2012 n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti processuali, sempre come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in Euro 2.000,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 8 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 10 novembre 2021

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