LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE L
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ESPOSITO Lucia – Presidente –
Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –
Dott. PONTERIO Carla – rel. Consigliere –
Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere –
Dott. BELLE’ Roberto – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 24809-2019 proposto da:
INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale procuratore speciale della SOCIETA’ di CARTOLARIZZAZIONE dei CREDITI INPS (SCCI) SPA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale Dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati LELIO MARITATO, CARLA D’ALOISIO, ESTER ADA VITA SCIPLINO, ANTONINO SGROI, EMANUELE DE ROSE;
– ricorrente –
contro
N.E., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA SAVOIA 31, presso lo studio dell’avvocato MASSIMO CESARO, che la rappresenta e difende unitamente a se stessa;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1061/2019 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 19/02/2019;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio non partecipata del 10/06/2021 dal Consigliere Relatore Dott. PONTERIO CARLA.
RILEVATO
che:
1. La Corte d’appello di Napoli ha respinto l’appello dell’INPS, ritenendo maturata la prescrizione dei crediti contributivi, vantati dall’Istituto sul presupposto dell’obbligo della appellata di iscriversi alla Gestione separata di cui alla L. n. 335 del 1995, art. 2, comma 26, e di versare i contributi, in relazione all’attività libero professionale svolta nell’anno 2009 quale avvocato iscritto all’Albo Forense ma non alla Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza Forense.
2. La Corte territoriale ha individuato come dies a quo del decorso della prescrizione quinquennale la scadenza del termine per il pagamento dei contributi, nel caso di specie il 16.6.2010 (per i redditi del 2009), ritenendo tardiva, e quindi inidonea ai fini interruttivi, la nota dell’Inps con richiesta di pagamento, giunta a destinazione il 30.6.2015; ha escluso qualsiasi effetto sospensivo della prescrizione, ai sensi dell’art. 2941 c.c., n. 8, per difetto di prova della intenzionalità dell’occultamento del preteso debito contributivo, atteso anche che l’obbligo di iscrizione alla gestione previdenziale per fattispecie analoghe a quella in esame era stato affermato dalla giurisprudenza di legittimità solo recentemente, con sentenza n. 32167 del 2018.
3. Avverso tale sentenza l’INPS, anche quale procuratore speciale di S.C.C.I., ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo; la controparte ha resistito con controricorso, illustrato da memoria.
4. La proposta del relatore è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c..
CONSIDERATO
che:
5. Con l’unico motivo di ricorso l’INPS ha dedotto, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione degli artt. 2935 e 2941 c.c., della L. n. 335 del 1995, art. 2, commi 26 – 31, del D.Lgs. n. 241 del 1997, art. 18, del D.P.R. n. 435 del 2001, art. 17 e del D.P.C.M. 10 giugno 2010, per avere la Corte di merito dichiarato l’intervenuta prescrizione senza considerare lo slittamento al 6.7.2010 del termine per il versamento dei contributi, disposto dal D.P.C.M. 10 giugno 2010.
6. Il motivo è fondato e deve trovare accoglimento.
7. In ordine al dies a quo del termine di prescrizione, va anzitutto ribadito, in base all’orientamento consolidato di questa Corte, che la prescrizione dei contributi dovuti alla Gestione separata decorre dal momento in cui scadono i termini per il relativo pagamento e non già dalla data di presentazione della dichiarazione dei redditi ad opera del titolare della posizione assicurativa (così, tra le tante, Cass. nn. 27950 del 2018, 19403 del 2019, 1557 del 2020); l’obbligazione contributiva nasce infatti in relazione ad un preciso fatto costitutivo, che è la produzione di un certo reddito da parte del soggetto obbligato, mentre la dichiarazione che costui è tenuto a presentare ai fini fiscali, che è mera dichiarazione di scienza, non è presupposto del credito contributivo, così come non lo è rispetto all’obbligazione tributaria. Del pari va ribadito che, pur sorgendo il debito contributivo sulla base della produzione di un certo reddito, la decorrenza del termine di prescrizione dell’obbligazione dipende dall’ulteriore momento in cui scadono i termini previsti per il suo pagamento: lo si desume dal R.D.L. n. 1827 del 1935, art. 55, secondo il quale i contributi obbligatori si prescrivono “dal giorno in cui i singoli contributi dovevano essere versati”. Viene quindi in rilievo il D.Lgs. n. 241 del 1997, art. 18, comma 4, che ha previsto che “i versamenti a saldo e in acconto dei contributi dovuti agli enti previdenziali da titolari di posizione assicurativa in una delle gestioni amministrate da enti previdenziali sono effettuati entro gli stessi termini previsti per il versamento delle somme dovute in base alla dichiarazione dei redditi”.
8. Di recente, questa Corte, nel ribadire il principio appena esposto, e dunque che la prescrizione dei contributi dovuti alla gestione separata decorre dal momento in cui scadono i termini per il pagamento dei contributi, ha ulteriormente precisato che assume rilievo, ai fini della decorrenza della prescrizione in questione, “anche il differimento dei termini stessi, quale quello previsto dalla disposizione di cui al D.P.C.M. 10 giugno del 2010, art. 1, comma 1, in relazione ai contributi dovuti per l’anno 2009 dai titolari di posizione assicurativa che si trovino nelle condizioni da detta disposizione stabilite” (v. Cass. n. 10273 del 2021).
9. Il D.P.C.M. 10 giugno 2010 cit., art. 1, comma 1, emanato giusta la previsione generale del D.Lgs. n. 241 del 1997, art. 18, ha previsto, per quanto qui rileva, che “i contribuenti tenuti ai versamenti risultanti dalle dichiarazioni dei redditi (…) entro il 16 giugno 2010, che esercitano attività economiche per le quali sono stati elaborati gli studi di settore di cui al D.L. 30 agosto 1993, n. 331, art. 62-bis, convertito, con modificazioni, dalla L. 29 ottobre 1993, n. 427, e che dichiarano ricavi o compensi di ammontare non superiore al limite stabilito per ciascuno studio di settore dal relativo decreto di approvazione del Ministro dell’economia e delle finanze”, debbano effettuare i versamenti “entro il 6 luglio 2010, senza alcuna maggiorazione” (lett. a) e “dal 7 luglio 2010 al 5 agosto 2010, maggiorando le somme da versare dello 0,40 per cento a titolo di interesse corrispettivo” (lett. b).
10. In relazione al caso in esame, deve darsi atto che, come chiarito da questa S.C., la individuazione del termine di prescrizione applicabile, ovvero del momento iniziale o finale di esso, costituisce quaestio iuris, su cui il giudice non è vincolato dalle allegazioni di parte (v. Cass. n. 15631 del 2016; n. 21752 del 2010; n. 11843 del 2007; 16573 del 2004); che i dati necessari ai fini del corretto calcolo del termine prescrizionale emergono tutti dalla sentenza impugnata; che, secondo l’orientamento consolidato, deve riconoscersi natura regolamentare e quindi di fonte normativa ai D.P.C.M. se hanno funzione attuativa o integrativa della legge (v. Cass. n. 73 del 2014; n. 16586 del 2010; n. 20898 del 2007; n. 5360 del 2004; n. 23674 del 2004; n. 11949 del 2004; n. 14210 del 2002; n. 1972 del 2000), come nel caso specie (il D.P.C.M. 6 luglio 2010 è stato emanato in attuazione della delega di cui al D.Lgs. n. 241 del 1997, art. 12, comma 5).
11. Da tali premesse discende che erroneamente la sentenza impugnata ha fatto decorrere il termine di prescrizione dal 16.6.2010; tale termine, infatti, risultava differito al 6 luglio successivo in virtù della previsione del D.P.C.M. cit., art. 1, comma 1, lett. a), e quindi è quest’ultima (6.7.2010) la data da considerare ai fini della decorrenza del termine di prescrizione quinquennale.
12. A tali principi non si è uniformata la sentenza impugnata che va pertanto cassata, con rinvio alla medesima Corte d’appello, in diversa composizione, anche per l’esame delle ulteriori questioni assorbite, nonché per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Napoli, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 10 giugno 2021.
Depositato in Cancelleria il 10 novembre 2021