LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE L
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LEONE Margherita Maria – Presidente –
Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –
Dott. BUFFA Francesco – Consigliere –
Dott. BOGHETICH Elena – Consigliere –
Dott. DE FELICE Alfonsina – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 30227-2019 proposto da:
MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA, *****, in persona del Ministro pro tempore, UFFICIO SCOLASTICO REGIONALE PER L’ABRUZZO, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope legis;
– ricorrenti –
contro
D.S.G., elettivamente domiciliata in ROMA, SALITA DI SAN NICOLA DA TOLENTINO 1/B, presso lo studio dell’avvocato DOMENICO NASO, che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 210/2019 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA, depositata il 04/04/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 17/06/2021 dal Consigliere Relatore Dott. ALFONSINA DE FELICE.
RILEVATO
che:
la Corte d’appello di L’Aquila, confermando la sentenza del Tribunale di Teramo, ha rigettato l’appello proposto dal Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca (MIUR) avverso la sentenza di primo grado – che aveva riconosciuto in capo a D.S.G., docente di scuola d’infanzia in servizio con contratto a tempo indeterminato, il diritto ad ottenere la medesima progressione stipendiale prevista per i docenti assunti ab origine in forma stabile – e aveva condannato il Ministero al riconoscimento integrale dell’anzianità di servizio pre – ruolo e del diritto alla ricostruzione della carriera, con condanna dell’amministrazione scolastica al pagamento delle corrispondenti differenze retributive;
la Corte territoriale ha riscontrato una disparità di trattamento nel D.Lgs. n. 297 del 1994, art. 485, comma 1, nella parte in cui la predetta norma, escludendo la completa equiparazione dell’incidenza dei periodi d’insegnamento svolti a tempo determinato ai fini del computo della complessiva anzianità di servizio maturata, introduce un’irragionevole discriminazione rispetto al trattamento riservato ai pubblici dipendenti assunti, a parità di mansioni, con contratto a tempo indeterminato;
la cassazione della sentenza è domandata dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca sulla base di un unico motivo;
D.S.G. ha resistito con tempestivo controricorso;
e’ stata depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.
CONSIDERATO
che:
con l’unico motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, il Ministero ricorrente contesta “Violazione e/o falsa applicazione della clausola 4 dell’accordo quadro allegato alla Dir. 1999/70CE, del D.Lgs. 16 aprile 1994, n. 297, artt. 485 e 489”;
censura la sentenza gravata per non aver tenuto conto che la clausola Europea, proprio perché contiene un’affermazione di principio, lascia agli Stati membri margini di discrezionalità nell’attuazione della stessa;
il D.Lgs. n. 297 del 1994, art. 485 (personale docente) e art. 569 (personale ATA), prevedono già il riconoscimento dell’intera carriera pre ruolo, ottenuto mediante aggiustamenti resi necessari al fine di rispecchiare l’esigenza “oggettiva” di rendere approssimativamente comparabili impegni per supplenze disomogenee (ad es. settimanali) e non sempre totalmente equiparabili all’impegno dei docenti di ruolo;
nel caso in esame il Ministero contesta alla Corte d’appello di non aver correttamente interpretato la norma Europea, ed i principi da essa enunciati e chiariti in diverse sentenze della Corte Europea di Giustizia, segnatamente nella sentenza Motter del 20 settembre 2018, che pur viene richiamata in motivazione;
il motivo merita accoglimento;
questa Corte ha già trattato della questione, stabilendo taluni principi di diritto che richiedono corretta attuazione, anche nel giudizio in esame;
con sentenza Cass. n. 31149 del 2019 questa Corte ha precisato che il D.Lgs. n. 297 del 1994, art. 485, va disapplicato, per contrasto con la stessa clausola 4 dell’Accordo Quadro allegato alla Dir. 1999/70/CE, in tutti i casi in cui l’anzianità risultante dall’applicazione dei criteri dallo stesso indicati risulti inferiore a quella riconoscibile al docente comparabile assunto ab origine a tempo indeterminato;
a tal fine, prosegue la Corte di legittimità, il giudice del merito investito della questione relativa alla sussistenza di un’eventuale discriminazione, deve comparare il trattamento riservato all’assunto a tempo determinato poi immesso in ruolo, con quello del docente assunto ab origine a tempo indeterminato, senza valorizzare le interruzioni fra un contratto e l’altro, né invocare la regola dell’equivalenza fissata dal richiamato art. 489 e, nel caso in cui, tramite il suddetto accertamento, perviene alla disapplicazione, deve computare l’anzianità da riconoscere a ogni effetto al docente assunto a tempo determinato immesso in ruolo, sulla base dei medesimi criteri che valgono per il docente assunto a tempo indeterminato;
del menzionato accertamento non vi è traccia nel provvedimento gravato, atteso che il giudice del merito ha ritenuto che, ai fini della corretta attuazione della regula iuris sancita dalla clausola 4 al caso in esame, fosse sufficiente affermarne in via di principio l’applicabilità, senza curarsi di operare la comparazione in concreto fra il trattamento percepito dall’assunto a tempo determinato, poi immesso in ruolo, e quello corrisposto al docente assunto ab origine a tempo indeterminato, in linea con quanto affermato dalla giurisprudenza di legittimità sopra richiamata;
né il richiamo all’equivalenza delle mansioni, espressamente considerato da questa Corte ininfluente ai fini dell’accertamento dell’eventuale discriminazione, costituisce criterio idoneo ad esonerare il giudice del merito dallo svolgere un compiuto accertamento di fatto (comparativo) sulle condizioni reddituali da riconoscere all’insegnante, in osservanza del principio di non discriminazione contemplato dalla Clausola 4 dell’Accordo Quadro allegato alla Dir. 1999/70/CE;
in definitiva, il ricorso va accolto, la sentenza impugnata va cassata e la causa va rinviata alla Corte d’appello di L’Aquila in diversa composizione, che provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità;
visto l’esito del giudizio, si dà atto che non sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di L’Aquila in diversa composizione, che provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, all’Adunanza camerale, il 17 giugno 2021.
Depositato in Cancelleria il 10 novembre 2021