LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Presidente –
Dott. BALESTRIERI Federico – rel. Consigliere –
Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –
Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –
Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 29589-2017 proposto da:
ITALPLECO ENGINEERING S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA SAN LORENZO IN LUCINA N 26, presso lo studio dell’avvocato SAVERIO STICCHI DAMIANI, rappresentata e difesa dall’avvocato FERNANDO CARACUTA;
– ricorrente –
contro
R.S., domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato ALESSANDRA GIURGOLA;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1567/2017 della CORTE D’APPELLO di LECCE, depositata il 30/05/2017 R.G.N. 29/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 17/11/2020 dal Consigliere Dott. FEDERICO BALESTRIERI.
PREMESSO che con sent. n. 4768/2014 il Tribunale di Lecce accoglieva la domanda dell’ing. R.S. nei confronti della s.r.l. Italpleco Engineering, rimasta contumace, che veniva condannata al pagamento della somma di Euro 42.504,45 oltre accessori e alla rifusione delle spese di lite;
– che il Tribunale rilevava in fatto che la ricorrente aveva dedotto a sostegno della propria pretesa la sussistenza di crediti di lavoro derivanti dal rapporto di subordinazione, con espletamento di mansioni di impiegata di II livello del c.c.n.l. terziario, che era stato instaurato con la società, la quale, dopo un periodo di prova con affrancamento per l’espletamento del controllo qualità (dal 15.12.2006 al 9.3.2007), l’aveva assunta il 12.3.2007 con contratto di apprendistato part-time per 20 ore settimanali (9-13 dal lunedì al venerdì), finalizzato al conseguimento, dopo tre anni e sei mesi, dell’inquadramento nel II livello, lamentando che in realtà non le era stata impartita alcuna formazione teorico-pratica;
– che il Tribunale riteneva di non poter trarre alcun argomento di prova ex art. 232 c.p.c. dal mancato interrogatorio formale del legale rappresentante, in quanto il plico contenente la copia dell’ordinanza di ammissione di tale mezzo di prova era rimasto giacente presso l’ufficio postale; peraltro riteneva fondata la domanda, così come prospettata, alla stregua delle dichiarazioni dei testi escussi L. e F., idonee al riscontro della subordinazione, del contenuto delle mansioni espletate senza insegnamenti teorico-pratici, dell’orario osservato, dell’insufficienza della retribuzione ex art. 36 Cost.;
– che la sentenza di primo grado veniva impugnata dalla società che eccepiva la nullità della notifica del ricorso introduttivo e lamentava una errata valutazione delle prove da parte del Tribunale; resisteva la R.;
– che con sentenza n. 1567/2017, pubblicata il 30 maggio 2017, la Corte di appello di Lecce respingeva il gravame della società, condannando la stessa al pagamento delle spese di lite;
– che avverso detta sentenza proponeva ricorso per cassazione la Italpleco Engineering s.r.l. in liquidazione, con tre motivi, cui resisteva la R. con controricorso, assistito da memoria.
RILEVATO
che con il primo motivo, deducendo violazione e falsa applicazione dell’art. 145 c.p.c., comma 3, in combinato disposto con gli artt. 137,138,139,140 e 143 c.p.c., la ricorrente si duole che la Corte di appello di Lecce abbia erroneamente ritenuto che la notifica del ricorso introduttivo ex art. 414 c.p.c. fosse stata regolarmente eseguita, da parte della lavoratrice, presso la residenza del legale rappresentante, sebbene nell’atto non ne fosse stata indicata la qualità, né la residenza, il domicilio o la dimora abituale;
– che con il secondo viene dedotta, ex art. 360 c.p.c., n. 4, la nullità della sentenza e del procedimento per violazione degli artt. 156,157 e 160 c.p.c., avendo la Corte di appello erroneamente affermato che la notifica aveva raggiunto il proprio scopo, nonostante che presso la sede amministrativa della società l’Ufficiale Giudiziario non avesse reperito persone autorizzate o incaricate della ricezione dell’atto e che la notifica alla persona fisica del L.R. della società non fosse stata eseguita secondo le prescrizioni di cui all’art. 145 c.p.c.;
– che con il terzo la società ricorrente lamenta, sub specie di omesso esame di fatti decisivi ex art. 360 c.p.c., n. 5, che la Corte di appello non aveva posto a fondamento della propria decisione le prove come emerse dall’istruttoria di primo grado;
osservato che il primo e il secondo motivo possono essere esaminati congiuntamente per la loro connessione;
– che al riguardo si deve preliminarmente rilevare che, essendo stato il giudizio instaurato successivamente all’1 marzo 2006, la fattispecie è disciplinata dall’art. 145 c.p.c., così come modificato con L. n. 263 del 2005, il quale prevede, al comma 1, che “La notificazione alle persone giuridiche si esegue nella loro sede, mediante consegna di copia dell’atto al rappresentante o alla persona incaricata di ricevere le notificazioni o, in mancanza, ad altra persona addetta alla sede stessa ovvero al portiere dello stabile in cui è la sede. La notificazione può anche essere eseguita, a norma degli artt. 138, 139 e 141, alla persona fisica che rappresenta l’ente qualora nell’atto da notificare ne sia indicata la qualità e risultino specificati residenza, domicilio e dimora abituale”; e, al comma 3, che “Se la notificazione non può essere eseguita a norma dei commi precedenti, la notificazione alla persona fisica indicata nell’atto, che rappresenta l’ente, può essere eseguita anche a norma degli artt. 140 o 143”;
– che la Corte di appello ha accertato come, dopo un primo tentativo di notifica presso la sede effettiva della società, ove l’Ufficiale Giudiziario non pote’ reperire persone autorizzate o incaricate della ricezione, il procedimento di notificazione del ricorso, eseguito a mezzo del servizio postale, ebbe a compiersi per compiuta giacenza “presso la residenza (sita in *****) dell’ingegner C.A., legale rappresentante di Italpleco, come tale indicato nominativamente e nella qualità a pag. 5, rigo 17, del ricorso stesso” (cfr. sentenza impugnata, p. 3);
– che inoltre la Corte ha rilevato come nessuna contestazione venne “sollevata in appello circa l’effettività e rispondenza al vero di tale residenza” (cfr. p. 4);
– che tale accertamento della Corte di merito non ha formato oggetto di censura con i motivi in esame, risultando in ogni caso confermata la presenza, nell’atto introduttivo, dell’indicazione della qualità, in capo all’arch. C., di legale rappresentante della società (cfr. ricorso per cassazione, p. 9, terzo capoverso);
– che, su tali premesse, può condividersi l’assunto della Corte di appello, per la quale la mancata specificazione del luogo di residenza del legale rappresentante (e soltanto di essa) nel corpo del ricorso introduttivo del giudizio, integra una mera irregolarità e non una ipotesi di nullità dello stesso;
– che invero ciò che essenzialmente rileva, e che legittima la modalità alternativa della notificazione alla persona fisica (in luogo della notifica presso la sede), è la indicazione del nome del soggetto che rappresenta la società e la contestuale specificazione di tale qualità, trattandosi di colui che ben può comprendere la ragione della notifica a se stesso di un atto indirizzato alla persona giuridica e che, per le funzioni ricoperte, ha, o dovrebbe avere (e comunque è posto nelle condizioni di acquisire), conoscenza dei fatti e delle questioni che con tale atto introduttivo della lite vengono poste, così da predisporre ogni più opportuna difesa nell’interesse della società o dell’ente rappresentato;
– che, d’altra parte, lo stesso art. 145, comma 3, nella nuova formulazione conseguente alle modifiche introdotte nel 2005, stabilisce che la notifica possa essere effettuata anche a norma dell’art. 140 c.p.c. o con il rito degli irreperibili, purché nell’atto sia indicata la persona fisica che rappresenta l’ente e soltanto a tale condizione;
– che, pertanto, il primo e il secondo motivo di ricorso sono infondati e devono essere respinti;
– che il terzo motivo risulta inammissibile: per una prima e assorbente ragione, in quanto la denuncia del vizio, di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, è preclusa in presenza di c.d. “doppia conforme” (art. 348-ter c.p.c., u.c.), senza che la parte ricorrente, per evitare la declaratoria di inammissibilità, abbia nella specie indicato le ragioni di fatto poste a base della decisione di primo grado e quelle poste a base della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (Cass. n. 5528/2014 e successive numerose conformi); in ogni caso, perché il motivo sollecita una diversa valutazione del materiale di prova ed un nuovo, difforme apprezzamento di fatto, che costituisce prerogativa del giudice di merito;
ritenuto conclusivamente che il ricorso deve essere respinto, per le considerazioni sopra svolte, dovendosi escludere, per il principio della c.d. “ragione più liquida”, la necessità di esaminare le questioni processuali sollevate nel controricorso (Cass. n. 10839/2019);
– che le spese processuali seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
PQM
La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 200,00 per esborsi e in Euro 4.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15%, IVA e CPA.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis se dovuto.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 17 novembre 2020.
Depositato in Cancelleria il 10 novembre 2021
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