Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.33185 del 10/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – Consigliere –

Dott. DE MARINIS Nicola – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21087-2019 proposto da:

I.N.P.G.I., – ISTITUTO NAZIONALE DI PREVIDENZA DEI GIORNALISTI ITALIANI “GIOVANNI AMENDOLA” in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA COLA DI RIENZO 69, presso lo studio dell’avvocato BRUNO DEL VECCHIO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

CITTA’ METROPOLITANA DI BOLOGNA, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI GRACCHI 39, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCA GIUFFRE’, rappresentata e difeso dagli avvocati FRANCESCA SCARPIELLO, ELENA GIOMETTI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1376/2018 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 14/01/2019 R.G.N. 1966/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 22/06/2021 dal Consigliere Dott. NICOLA DE MARINIS.

RILEVATO

– che, con sentenza del 14 gennaio 2019, la Corte d’Appello di Roma, in riforma della decisione resa dal Tribunale di Roma, accoglieva l’opposizione proposta dalla Città Metropolitana di Bologna (già Provincia di Bologna) nei confronti dell’Istituto Nazionale di Previdenza dei Giornalisti Italiani Giovanni Amendola – INPGI avverso il verbale di accertamento dell’obbligo di contribuzione in favore dell’Istituto in ragione della qualificazione del rapporto intercorso tra la provincia di Bologna e V.C., formalmente costituito con contratto di collaborazione coordinata e continuativa, come rapporto di lavoro subordinato di natura giornalistica, implicante l’inquadramento dell’interessato nella categoria D3, profilo professionale di funzionario coordinatore Ufficio Stampa, nei limiti della prescrizione e con detrazione di quanto versato alla gestione separata INPGI;

– che la decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto infondata l’eccezione di inammissibilità dell’appello per genericità dei motivi, superata la richiesta sospensione del processo ex art. 337 c.p.c., comma 2, per essere intervenuta nel corso del giudizio la sentenza della Corte d’Appello di Bologna, confermativa della sentenza di rigetto dell’azione promossa dal V. nei confronti della Città metropolitana di Bologna per il riconoscimento della natura subordinata del rapporto per l’intero periodo, comprendente quello qui di interesse, con le conseguenti differenze retributive e contributive e non essendone stata invocata l’autorità, anche in considerazione dell’indipendenza degli accertamenti relativi al rapporto di lavoro ed al credito INPGI, non confermato dall’espletata istruttoria l’esito dell’accertamento dell’INPGI così da indurre la conclusione per cui l’assetto contrattuale fosse autenticamente riferibile allo schema causale della collaborazione coordinata e continuativa ed il medesimo schema avesse trovato conferma sul piano dell’effettivo svolgimento del rapporto, senza, peraltro mancare di aggiungere che, ove anche si considerasse provata la subordinazione, il contratto in quanto viziato per violazione delle norme imperative che impongono nell’accesso al pubblico impiego la procedura concorsuale, non potrebbe produrre che gli effetti limitati di cui all’art. 2126 c.c., nella specie neppure azionato;

– che, per la cassazione di tale decisione ricorre l’INPGI, affidando l’impugnazione a due motivi, cui resiste, con controricorso, la Città metropolitana di Bologna.

CONSIDERATO

– che, con il primo motivo, il ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione degli artt. 2094 e 2697 c.c., artt. 115 e 116 c.p.c., lamenta l’incongruità logica e giuridica dell’iter valutativo seguito dalla Corte territoriale per non aver questa condotto il giudizio qualificatorio in modo da apprezzare gli indici della subordinazione, cui aveva dato rilievo lo stesso verbale dell’INPGI, in sé dotato di valenza probatoria, tenendo conto della natura giornalistica del rapporto in questione e della sua peculiare specificità, in particolare disconoscendo la decisività del criterio dell’inserimento nell’organizzazione datoriale;

– che, con il secondo motivo, denunciando la violazione e falsa applicazione dell’art. 2126 c.c., il ricorrente deduce l’erroneità del pronunciamento della Corte territoriale circa la mancata invocazione del disposto dell’art. 2126 c.c. quale causa petendi della domanda, affermando che la stessa doveva ritenersi implicita nella dedotta nullità dei formalizzati contratti di collaborazione implicanti di fatto la natura subordinata del rapporto;

– che gli esposti motivi, i quali possono essere trattati congiuntamente, presupponendo entrambi l’accertamento della natura subordinata del rapporto instauratosi formalmente sulla base di contratti di collaborazione coordinata e continuativa, devono ritenersi infondati, il secondo in conseguenza dell’infondatezza del primo, implicante l’inconfigurabilità nella specie di un rapporto di fatto subordinato legittimante l’applicabilità dell’art. 2126 c.c., e ciò atteso che la Corte territoriale, lungi dall’aver omesso di considerare gli elementi di fatto emersi dall’accertamento operato dagli ispettori dell’INPGI, disconoscendo la valenza probatoria del relativo verbale, ha correttamente posto in contrappunto quegli elementi con quelli emersi nel corso dell’istruttoria espletata nel corso del giudizio, discostandosi dalla valutazione che di quegli elementi aveva operato l’Istituto, per approdare, sulla base del proprio libero apprezzamento del materiale istruttorio, ad una valutazione opposta, correttamente condotta alla stregua del criterio fondamentale dell’eterodirezione, escluso in relazione alla totale assenza di direttive, controllo e valutazione dell’operato di V., rispetto al quale l’inserimento nell’organizzazione datoriale, qualificato come decisivo dall’Istituto ricorrente, si pone, al pari di altri, opportunamente tenuti presenti dalla Corte territoriale (quali presenze non sempre costanti od orari del tutto peculiari stante l’esonero dai turni di lavoro dell’ufficio stampa), come mero indice sussidiario, la cui rilevanza può predicarsi laddove si tratti di impresa esercente attività giornalistica che richieda al giornalista la partecipazione alla redazione e la cura di uno specifico ambito informativo e che, comunque, non può nella specie ravvisarsi in relazione al ricevimento da parte del V. di direttive generali, destinate a rendere coerente l’azione di questi agli obiettivi comunicativi della committenza ed, altresì, all’affidamento dei compiti ai vari addetti stampa, il cui coordinamento costituiva oggetto precipuo dell’incarico attribuito;

che, pertanto, il ricorso va rigettato;

che le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 5.000,00 per compensi, oltre spese generali al 15% ed altri accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 22 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 10 novembre 2021

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