Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.33236 del 10/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Presidente –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – rel. Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

Dott. BELLE’ Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23676-2015 proposto da:

S.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA MICHELE MERCATI 51, presso lo studio dell’avvocato ROBERTA SALVATORI, rappresentato e difeso dall’avvocato GIUSEPPE AUGELLO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ISTRUZIONE DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia ex lege in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 206/2015 della CORTE D’APPELLO di CALTANISSETTA, depositata il 08/06/2015 R.G.N. 703/2001 + R.G.N. 720/2001;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 28/04/2021 dal Consigliere Dott. CATERINA MAROTTA.

RILEVATO

che:

1. con ricorso al Tribunale di Caltanissetta S.M., dipendente del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca quale direttore coordinatore, premesso di esser stato assegnato sin dal 1 giugno 1999 all’ufficio per la gestione del contenzioso con l’incarico di curare la predisposizione delle comparse di costituzione e di partecipare alle udienze nei giudizi di primo grado, conveniva il, giudizio il Ministero chiedendo che fosse accertato il proprio diritto all’inquadramento nell’area separata dei professionisti dipendenti di cui all’art. 13 del c.c.n.l. comparto Ministeri 1998-2001, con le consequenziali statuizioni in ordine alle differenze retributive, ed in subordine che il Miur fosse condannato al pagamento delle differenze retributive e delle indennità previste da contratti similari per i professionisti dipendenti, da determinarsi in via equitativa;

Il Tribunale, in parziale accoglimento della domanda, condannava il Miur al pagamento delle differenze retributive nei limiti dell’eccezione di prescrizione quinquennale sollevata dal resistente;

La Corte d’appello di Caltanissetta, pronunciando sull’impugnazione del Miur e su quella dello S., rigettava in toto l’azionata domanda;

riteneva la Corte territoriale che nessun diritto potesse essere fondato sull’art. 13, comma 1, lett. b) del c.c.n.l., disposizione meramente programmatica cui le parti contrattuali non avevano dato attuazione;

in ogni caso rilevava che, anche alla luce di detta disposizione, lo S. non avrebbe potuto avere titolo ad essere incluso nella stessa e ciò in base al decisivo rilievo che tale norma riservava l’inclusione nella prevista Area speciale solo ai dipendenti iscritti negli Albi professionali o comunque ai dipendenti cui la legge imponga l’abilitazione all’esercizio della professione o l’iscrizione ad albi professionali;

rilevava che, nello specifico, era pacifico che l’attività svolta dallo S. non richiedesse né l’abilitazione né l’iscrizione suddette e richiama, sul punto, il contenuto dell’art. 417 bis c.p.c.;

conclusivamente riteneva che lo S. avesse svolto compiti inerenti al suo ruolo di funzionario amministrativo dell’area C (oggi III area) del c.c.n.l. comparto ministeri;

3. per la cassazione della sentenza S.M. ha proposto ricorso con tre motivi;

4. il Miur ha resistito con controricorso.

5. il ricorrente ha depositato memoria.

CONSIDERATO

che:

1. con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 13 del c.c.n.l. comparto ministeri 1998/2001, nonché dell’art. 1362 c.c. e ss.;

sostiene che la norma abbia natura precettiva e non programmatica come si evincerebbe dalla precisa descrizione dell’attività da svolgere e del personale confluito;

deduce che la norma suddetta era stata disapplicata dal successivo c.c.n.l. 2007, il che depone per la piena operatività della stessa;

2. con il secondo motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 13 del c.c.n.l. comparto ministeri 1998/2001 e dell’art. 1362 c.c.;

assume che del tutto fuorviante è il riferimento che la Corte territoriale fa all’art. 417 bis c.p.c. essendo la norma pattizia ad individuare la tipologia di attività che il lavoratore deve svolgere;

3. con il terzo motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del c.c.n.l. integrativo Ministeri n. 1 del 23/5/2010;

produce integralmente tale contratto nazionale integrativo e sostiene, richiamando Cass. n. 4839/2001 e n. 2362/2004, che l’art. 1 dello stesso, nella declaratoria della terza area funzionale, ha previsto, tra le altre, le attività di consulenza e assistenza legale in materia di contenzioso lavoro;

4. con il quarto motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del c.c.n.l. comparto ministeri 1998/2001 nonché del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 52;

censura la sentenza impugnata per aver escluso lo svolgimento di mansioni superiori e per aver ritenuto che quelle svolte dallo S. rientrassero nella declaratoria professionale di appartenenza;

5. il ricorso, in tutti i motivi in cui è articolato, è infondato;

5.1. va innanzitutto esclusa l’applicabilità del c.c.n.l. integrativo n. 1 del 25 marzo 2010 in quanto, per stessa ammissione del ricorrente, si discute di prestazioni rese fino al ***** (data del suo collocamento a riposo) e cioè prima della sottoscrizione dello stesso;

5.2. peraltro, da detto c.c.n.l. integrativo si rileva che nell’ambito del contenuto del profilo del funzionario amministrativo giuridico contabile sono previste, tra le altre, le attività di assistenza legale in materia di contenzioso del lavoro e le attività di contenzioso con predisposizione, integrazione e revisione di pareri e atti giudiziali e cioè proprio quelle attività che lo S. assume di aver svolto essendo inquadrato come direttore coordinatore assegnato all’Ufficio per gestione del contenzioso (area C), profilo professionale del c.c.n.l. integrativo riconducibile a quello del funzionario amministrativo del c.c.n.l. Ministeri 1998-2001 e del successivo c.c.n.l. del 14 settembre 2007 (sul punto v. infra);

5.3. quanto alla previsione dell’area speciale professionale di cui al c.c.n.l. 1998/2001 va condivisa l’affermata natura meramente programmatica della disposizione di cui all’art. 13, comma 1, lett. b);

tale disposizione, infatti, disciplinando le aree di inquadramento e prevedendo un nuovo sistema di classificazione, prevede al comma 1, lett. b), l’istituzione nell’area C di una separata area dei “professionisti dipendenti”, nella quale confluiscono i lavoratori inquadrati nella VII, VIII e IX qualifica che espletano una attività che richiede, in base alla laurea, l’abilitazione all’esercizio della professione e/o l’iscrizione ad albi professionali;

il successivo comma 5 precisa che: “l’individuazione di nuovi profili ovvero una diversa denominazione o ricollocazione di quelli esistenti nelle aree – in relazione alle proprie esigenze organizzative – è definita da ciascuna amministrazione, nell’ambito della contrattazione integrativa a livello di amministrazione con le organizzazioni sindacali di cui all’art. 8, comma 1 del presente CCNL e con l’assistenza dell’Aran”;

era, dunque, rimessa ad altro ambito di contrattazione la definizione della nuova area speciale ma la stessa non è mai avvenuta;

non e’, allora, sufficiente l’indicazione del personale che (a certe condizioni) confluisce in tale area per far derivare la natura precettiva della norma;

tanto, del resto, si evince in modo chiaro dall’art. 37 medesimo c.c.n.l. l’11 quale prevede, al comma 1, che “e’ istituita una Commissione paritetica ARAN – Organizzazioni sindacali firmatarie del presente contratto – amministrazioni del Comparto, con il compito di acquisire ed elaborare tutti gli elementi di conoscenza utili alla corretta individuazione – nell’area C del sistema classificatorio previsto dall’art. 13. – di una separata area di professionisti, con particolare riguardo al censimento delle professionalità utilizzate e una loro quantificazione, alle attribuzioni assegnate, al grado di autonomia delle stesse ed alla loro collocazione nell’ambito dell’organizzazione del lavoro” ed al comma 2, aggiunge: “la Commissione dovrà ultimare i propri lavori entro il 30 aprile 1999 e le proposte formulate verranno utilizzate ai fini del negoziato previsto dall’art. 35, comma 2”;

nessun accordo è stato, tuttavia, mai raggiunto;

il c.c.n.l. comparto ministeri per il quadriennio 2002-2005, non ha attuato l’area professionale in questione ed ha, anch’esso, all’art. 9, istituito una Commissione paritetica per il sistema classificatorio demandando alla stessa (tra l’altro) il compito di formulare proposte in ordine alla verifica della disciplina dell’area della vice dirigenza e di quella dei professionisti, ai sensi del Protocollo di intesa siglato nel febbraio 2002, tra Governo ed organizzazioni sindacali;

neppure il successivo contratto per il quadriennio 2006-2009 ha attuato la disciplina ed anzi, in sede di detta ultima disciplina pattizia, le parti hanno proceduto a disapplicare tutto il sistema di inquadramento di cui alle precedenti determinazioni (si veda l’art. 38 del c.c.n.l. del 2007 che al comma 1 prevede che: “dalla data di stipulazione del presente c.c.n.l. sono disapplicate le seguenti norme: a) con riferimento al sistema classificatorio: gli art. da 13 a 17 del c.c.n.l. 16 febbraio 1999, nonché l’art. 20 del c.c.n.l. medesimo, ad esclusione del comma 1 lett. B) lett. c) e del comma 2 (…)”;

5.4. alla luce delle previsioni, di legge e di contratto, sopra indicate, appare evidente che alcun diritto all’applicazione di una “disciplina separata” poteva sorgere in favore dei dipendenti del comparto Ministeri, per mancata determinazione dei relativi contenuti (v., sul punto, Cass. 2 dicembre 2019, n. 31378);

5.5. si aggiunga, peraltro, che, come evidenziato dalla Corte territoriale, l’attività svolta dallo S. non richiedeva né l’abilitazione all’esercizio della professione di avvocato né l’iscrizione all’Albo professionale;

5.6. del tutto appropriato e’, al riguardo, il richiamo operato dai giudici di appello all’art. 417 bis c.p.c. e cioè dalla norma che ha legittimato la rappresentanza e difesa in giudizio dell’Amministrazione da parte dei propri dipendenti, e così dello S., e la partecipazione degli stessi alle udienze di primo grado, attività rispetto alla quale lo studio delle questioni e la predisposizione delle comparse di costituzione è certamente prodromica;

e’ noto (ed evidenziato anche dalla Corte territoriale) che l’indicata norma è stata introdotta (dal D.Lgs. n. 80 del 1998, art. 42, comma 1, e modificata dal D.Lgs. n. 387 del 1998, art. 19, comma 17) al fine di ridurre il notevole carico di lavoro dell’Avvocatura dello Stato;

essa, tenuto anche conto del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 12 (secondo cui le amministrazioni pubbliche provvedono, nell’ambito dei rispettivi ordinamenti, ad organizzare la gestione del contenzioso del lavoro, anche creando appositi uffici, pone regole diverse – applicabili tanto nel caso che l’amministrazione sia convenuta, quanto in quello che si attrice – per le amministrazioni statali o ad esse equiparate e per tutte le altre amministrazioni pubbliche), si inserisce in un’ampia tendenza dell’ordinamento, giacché la rappresentanza e difesa in giudizio delle amministrazioni pubbliche da parte dei propri dipendenti era già stata ammessa in diverse ipotesi: le opposizioni a sanzioni amministrative (L. n. 689 del 1981, art. 23, comma 4), il contenzioso tributario in primo e secondo grado (D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 11), le controversie pensionistiche dinanzi alla Corte dei conti (L. n. 19 del 1994, art. 6, comma 4), il contenzioso sul diritto di accesso agli atti amministrativi (L. n. 205 del 2000, art. 4, comma 3);

in particolare: a) le amministrazioni statali o ad esse equiparate possono stare in giudizio avvalendosi direttamente di propri dipendenti, limitatamente al primo grado, soltanto se l’Avvocatura dello Stato non si determini ad assumere direttamente la difesa, qualora ricorrano questioni di massima oppure di particolare rilievo economico; b) le altre amministrazioni possono stare in giudizio nelle controversie di lavoro costituendosi direttamente attraverso propri dipendenti, indipendentemente dalla loro qualifica e senza che occorra una procura generale o speciale;

in relazione a detta disposizione è intervenuta anche la Corte costituzionale che ha escluso che nella relativa previsione sia ravvisabile una violazione della prescrizione dell’esame di Stato per l’abilitazione all’esercizio professionale (art. 33 Cost., comma 5) ed altresì evidenziato che la stessa neppure rappresenta, sotto questo profilo, una disciplina ingiustificatamente differenziata e lesiva del principio di eguaglianza (art. 3 Cost.) perché nella fattispecie non vi è affatto una generale ed indiscriminata autorizzazione all’esercizio dello jus postulandi senza il previo esame di Stato, bensì l’Amministrazione sta in giudizio personalmente e ciò avviene a mezzo dei suoi funzionari in ragione del rapporto organico con essi intercorrente (v. anche Cass. 22 gennaio 1980, n. 485);

nel testo vigente, dunque, la rappresentanza in giudizio delle pubbliche amministrazioni nelle cause innanzi al giudice del lavoro è ricondotta alla mera sussistenza del rapporto di immedesimazione organica del dipendente, essendo irrilevante sia la qualifica del dipendente stesso sia il conferimento di apposito incarico da parte del legale rappresentante dell’ente;

5.7. nel caso in esame, quelli svolti dallo S. sono stati compiti propri del suo ruolo, per i quali la legge non richiede né l’abilitazione né l’iscrizione all’albo professionale e che rientrano nell’area professionale C di appartenenza di cui al c.c.n.l. Ministeri 1998-2001 che prevede specificamente che: “appartengono a questa area funzionale i lavoratori che, nel quadro di indirizzi generali, per la conoscenza dei vari processi gestionali, svolgono, nelle unità di livello non dirigenziale a cui sono preposti, funzioni di direzione, coordinamento e controllo di attività di importanza rilevante, ovvero lavoratori che svolgono funzioni che si caratterizzano per il loro elevato contenuto specialistico”;

tale area professionale, rimasta invariata nel c.c.n.l. normativo 2006-2009 economico 2006-2007 e’, come detto, poi confluita nell’area funzionale III del c.c.n.l. del 25 marzo 2010 che ha previsto specificamente il profilo del funzionario amministrativo-giuridico-tecnico con compiti di “consulenza ed assistenza legale in materia di contenzioso del lavoro; attività di contenzioso con predisposizione, integrazione e revisione di pareri e atti giudiziali”;

non può dirsi, dunque, che l’attività svolta dallo S., consistita, come si evince dalla sentenza impugnata, nell’aver curato la difesa in giudizio, innanzi al giudice di lavoro di primo grado, delle cause riguardanti il Provveditorato agli studi di Caltanissetta, esulasse dal profilo di appartenenza dello S., per il quale non sono richiesti (a differenza di quanto previsto per l’area dei “professionisti dipendenti” di cui al c.c.n.l. 1998/2001, art. 13) l’abilitazione all’esercizio della professione e/o l’iscrizione ad albi professionali;

6. da tanto consegue che il ricorso deve essere respinto;

7. le spese, nella misura liquidata in dispositivo, seguono la soccombenza;

8. sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (legge di stabilità 2013), ove dovuto.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento, in favore del Ministero controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in Euro 5.000,00 per compensi professionali, oltre accessori di legge e spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti, per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Adunanza Camerale, il 28 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 10 novembre 2021

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