Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.33271 del 10/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRONZINI Giuseppe – Presidente –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29213-2015 proposto da:

INARCASSA – CASSA NAZIONALE DI PREVIDENZA E ASSISTENZA PER GLI INGEGNERI Ed ARCHITETTI LIBERI PROFESSIONISTI, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA POMPEO MAGNO 23, presso lo studio dell’avvocato SIMONE PIETRO EMILIANI, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati EMANUELE DE ROSE, ANTONINO SGROI, LELIO MARITATO, CARLA D’ALOISIO;

– controricorrente –

contro

M.M.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 85/2015 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 08/06/2015 R.G.N. 216/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 04/06/2021 dal Consigliere Dott. CAVALLARO LUIGI.

RILEVATO IN FATTO

che, con sentenza depositata l’8.6.2015, la Corte d’appello di Venezia ha confermato, per quanto rileva in questa sede, la pronuncia di primo grado che aveva escluso l’obbligo dell’arch. M.M. di iscriversi all’INARCASSA in relazione all’attività di lavoro autonomo svolta nel periodo 2004-2008, confermando la legittimità della sua iscrizione presso la Gestione separata INPS;

che avverso tale pronuncia INARCASSA ha proposto ricorso per cassazione, deducendo un motivo di censura, successivamente illustrato con memoria;

che l’arch. M.M. è rimasto intimato;

che l’INPS ha resistito con controricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

che, con l’unico motivo di censura, la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 6 del 1981, art. 21, art. 7, commi 1-2, dello Statuto INARCASSA, artt. 1362,1363 e 2697 c.c., per avere la Corte di merito escluso che l’attività dedotta quale oggetto del rapporto di lavoro autonomo intrattenuto dall’odierno intimato avesse una qualche connessione rilevante con le conoscenze tipiche della professione di architetto, nonostante che, nel caso di specie, difettando ulteriori e più specifiche allegazioni circa le caratteristiche degli impegni assunti, dovesse applicarsi la presunzione legale di esercizio continuativo dell’attività professionale per la quale egli è tenuto all’iscrizione presso la Cassa di riferimento;

che il motivo è infondato, avendo i giudici di merito positivamente escluso che le attività dedotte nel contratto di collaborazione e oggetto del presente giudizio potessero costituire esplicazione di quella competenza e di quelle specifiche cognizioni tecniche acquisite per l’esercizio della professione di architetto, sì da potersi ritenere rese in grazia del loro impiego (cfr. in particolare pagg. 20-21 della sentenza impugnata);

che a non diverse conclusioni induce l’impiego della locuzione “in difetto di ulteriori allegazioni circa le caratteristiche professionali assunti dall’appellato” (ibid., pag. 20), atteso che essa, lungi dal rappresentare un’implicita ammissione di un difetto di prova idonea a superare la presunzione legale di esercizio dell’attività professionale, come invece ritenuto da parte ricorrente, appare piuttosto espressiva della necessaria delimitazione dell’oggetto del giudizio a ciò che è stato compiutamente allegato (e provato) nel processo;

che il ricorso, pertanto, va rigettato;

che nulla va statuito sulle spese del giudizio di legittimità, non avendo l’intimato svolto attività difensiva ed essendo stato il ricorso per cassazione notificato all’INPS per mera litis denuntiatio (art. 332 c.p.c.);

che, in considerazione del rigetto del ricorso, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 4 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 10 novembre 2021

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