Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.33278 del 10/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

Dott. BELLE’ Roberto – rel. Consigliere –

Dott. DE MARINIS Nicola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23128-2017 proposto da:

ICE – AGENZIA PER LA PROMOZIONE ALL’ESTERO E L’INTERNAZIONALIZZAZIONE DELLE IMPRESE ITALIANE, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA, ALLA VIA DEI PORTOGHESI 12;

– ricorrente –

contro

T.L., B.S., T.A.M., R.G., P.M., F.S., Z.T., T.R., S.M., tutti elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE CARSO 23, presso lo studio dell’avvocato MARIA ROSARIA DAMIZIA, che li rappresenta e difende;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1331/2017 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 28/03/2017 R.G.N. 7268/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 30/09/2021 dal Consigliere Dott. BELLE’ROBERTO.

FATTI DI CAUSA

La Corte d’Appello di Roma, riformando la sentenza del Tribunale della stessa città, ha condannato l’Istituto Commercio Estero (ICE) a rideterminare in favore dei lavoratori meglio indicati in epigrafe, per il periodo 19.7.1990 – 31.12.2004, quanto dovuto a titolo di t.f.r., computando gli importi corrisposti a titolo di straordinari, diarie forfettizzate nella misura del 40 %, premi di produttività e indennità sostitutiva delle ferie non godute;

la sentenza è stata impugnata con un motivo dall’I.C.E.-Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane (Agenzia ICE), nel corso del processo subentrata in forza del D.L. n. 98 del 2011 nei rapporti giuridici già facenti capo all’ICE;

i lavoratori hanno resistito con controricorso, poi illustrato da memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

l’unico motivo di ricorso denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 2120 e 2121 c.c., nonché degli art. 33 del c.c.n.l. ICE 1990 – 1991;

la ricorrente, quanto allo straordinario, richiama giurisprudenza che a suo dire ne consentirebbe il computo solo se risultasse accertato che la continuità di svolgimento di esso denotasse una specifica volontà delle parti finalizzata ad ampliare l’orario normale di lavoro, affermando l’insussistenza nell’ordinamento di un principio generale di onnicomprensività della retribuzione ed essendo mancata, nel caso di specie, l’indagine di fatto di cui sopra;

simili considerazioni vengono svolte anche rispetto alle altre voci riconosciute dalla Corte di merito, rimarcandosi come non fosse sufficiente la loro continuativa erogazione, essendo necessaria l’indagine rispetto alla natura dell’emolumento; in particolare, poi, quanto al premio di produttività, esso era da ritenere elemento fisiologicamente accidentale e variabile, sicché non si poteva ritenere la sua ricomprensione nel calcolo della retribuzione differita;

il motivo è in parte infondato ed in parte inammissibile;

e’ errata l’impostazione del ricorso per cassazione allorquando con esso si sostiene che, a fronte della continuatività dell’erogazione di determinati emolumenti, si dovrebbero svolgere indagini ulteriori al fine di accertarne la computabilità ai fini del t.f.r..

limitando l’attenzione alle erogazioni di tipo retributivo, cui certamente si riportano lo straordinario e i premi di produttività, l’art. 2120 c.c., comma 2, esprime una regola diversa e tale per cui “salvo diversa previsione dei contratti collettivi”, sono da considerare “tutte le somme… corrisposte in dipendenza del rapporto di lavoro, a titolo non occasionale e con esclusione di quanto erogato a titolo di rimborso spese”;

la regola è dunque l’onnicomprensività per le somme a titolo retributivo corrisposte continuativamente e non viceversa (v. Cass. 21 aprile 2016, n. 8086), né si afferma, per straordinario e premi di produttività, che il contratto collettivo li escluda dal calcolo del t.f.r.;

la Corte d’Appello si è attenuta a tale regola e non vale certamente ad inficiare gli esiti di merito il generico riferimento ad una asserita natura “fisiologicamente accidentale e variabile” del premio di produttività;

la variabilità quantitativa non è in sé elemento rilevante, mentre è normale che tali premi siano corrisposti, in ragione dei presupposti che integrano il diritto, a cadenze fisse ed assumano quindi carattere continuativo (v., sul tema, Cass. 27 giugno 1996, n. 5935);

quanto alla diaria, la Corte territoriale ha precisato che la contrattazione collettiva, evidentemente in ragione della natura mista di retribuzione e rimborso spese di essa, ne prevedeva il computo in misura del 40 % e l’affermazione non trova alcuna smentita nel ricorso per cassazione, sicché nulla quaestio;

rispetto all’indennità sostitutiva delle ferie, il ricorso per cassazione è invece inammissibile, in quanto manca una puntuale critica che riguardi in specifico quell’emolumento, con riferimento ad eventuali sue caratteristiche debitamente evidenziate – che lo portino al di fuori del novero delle erogazioni da considerare ai fini del t.f.r. e che quindi denotino l’esistenza di un errore nella decisione della Corte territoriale;

alla reiezione del ricorso segue la regolazione secondo soccombenza delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento in favore della controparte delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.000,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali in misura del 15 % ed accessori di legge, con distrazione in favore dell’avv. Maria Rosaria Damizia.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 30 settembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 10 novembre 2021

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