Codice Civile > Articolo 2120 - Disciplina del trattamento di fine rapporto

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Vigente al

In ogni caso di cessazione del rapporto di lavoro subordinato, il prestatore di lavoro ha diritto ad un trattamento di fine rapporto.
Tale trattamento si calcola sommando per ciascun anno di servizio una quota pari e comunque non superiore all'importo della retribuzione dovuta per l'anno stesso divisa per 13,5. La quota e' proporzionalmente ridotta per le frazioni di anno, computandosi come mese intero le frazioni di mese uguali o superiori a 15 giorni.

Salvo diversa previsione dei contratti collettivi la retribuzione annua, ai fini del comma precedente, comprende tutte le somme, compreso l'equivalente delle prestazioni in natura, corrisposte in dipendenza del rapporto di lavoro, a titolo non occasionale e con esclusione di quanto e' corrisposto a titolo di rimborso spese.

In caso di sospensione della prestazione di lavoro nel corso dell'anno per una delle cause di cui all'articolo 2110, nonche' in caso di sospensione totale o parziale per la quale sia prevista l'integrazione salariale, deve essere computato nella retribuzione di cui al primo comma l'equivalente della retribuzione a cui il lavoratore avrebbe avuto diritto in caso di normale svolgimento del rapporto di lavoro.

Il trattamento di cui al precedente primo comma, con esclusione della quota maturata nell'anno, e' incrementato, su base composta, al 31 dicembre di ogni anno, con l'applicazione di un tasso costituito dall'1,5 per cento in misura fissa e dal 75 per cento dell'aumento dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati, accertato dall'ISTAT, rispetto al mese di dicembre dell'anno precedente.

Ai fini della applicazione del tasso di rivalutazione di cui al comma precedente per frazioni di anno, l'incremento dell'indice ISTAT e' quello risultante nel mese di cessazione del rapporto di lavoro rispetto a quello di dicembre dell'anno precedente. Le frazioni di mese uguali o superiori a quindici giorni si computano come mese intero.

Il prestatore di lavoro, con almeno otto anni di servizio presso lo stesso datore di lavoro, puo' chiedere, in costanza di rapporto di lavoro, una anticipazione non superiore al 70 per cento sul trattamento cui avrebbe diritto nel caso di cessazione del rapporto alla data della richiesta. [3]

Le richieste sono soddisfatte annualmente entro i limiti del 10 per cento degli aventi titolo, di cui al precedente comma, e comunque del 4 per cento del numero totale dei dipendenti.

La richiesta deve essere giustificata dalla necessita' di:
a) eventuali spese sanitarie per terapie e interventi straordinari riconosciuti dalle competenti strutture pubbliche;
b) acquisto della prima casa di abitazione per se' o per i figli, documentato con atto notarile. [4]

L'anticipazione puo' essere ottenuta una sola volta nel corso del rapporto di lavoro e viene detratta, a tutti gli effetti, dal trattamento di fine rapporto.

Nell'ipotesi di cui all'articolo 2122 la stessa anticipazione e' detratta dall'indennita' prevista dalla norma medesima.

Condizioni di miglior favore possono essere previste dai contratti collettivi o da patti individuali. I contratti collettivi possono altresi' stabilire criteri di priorita' per l'accoglimento delle richieste di anticipazione. [3]


[1] La Corte Costituzionale, con sentenza 20 - 27 giugno 1968, n. 75 (in G.U. 1a s.s. 06/07/1968, n. 170), ha dichiarato "l'illegittimita' costituzionale dell'art. 2120, primo Comma, del Codice civile, nella parte in cui, nel caso di cessazione del contratto di lavoro a tempo indeterminato, esclude il diritto del prestatore di lavoro ad un'indennita' proporzionale agli anni di servizio, allorquando la cessazione stessa derivi dal licenziamento per colpa di lui o da dimissioni volontarie".

[2] La Corte Costituzionale, con sentenza 16 - 28 dicembre 1971, n. 204 (in G.U. 1a s.s. 05/01/1972, n. 4), ha dichiarato "l'illegittimita' costituzionale dell'art. 2120, comma primo, del codice civile nella parte in cui esclude che l'indennita' di anzianita' sia dovuta al prestatore di lavoro, il cui servizio abbia avuto una durata inferiore all'anno".

[3] La L. 29 maggio 1982, n. 297 ha disposto (con l'art. 4, comma 3) che "La disposizione di cui al sesto comma dell'articolo 2120 del codice civile non si applica alle aziende dichiarate in crisi ai sensi della legge 12 agosto 1977, n. 675, e successive modificazioni".
Ha inoltre disposto (con l'art. 4, comma 4) che "Le norme di cui all'articolo 2120 del codice civile e ai commi secondo, terzo, quarto, quinto e sesto dell'articolo 5 della presente legge si applicano a tutti i rapporti di lavoro subordinato per i quali siano previste forme di indennita' di anzianita', di fine lavoro, di buonuscita, comunque denominate e da qualsiasi fonte disciplinate".

[4] La Corte Costituzionale, con sentenza 18 marzo-5 aprile 1991, n. 142 (in G.U. 1a s.s. 10/04/1991, n. 15), ha dichiarato "l'illegittimita' costituzionale dell'ottavo comma, lett. b), dell'art. 2120, come novellato dall'art. 1, legge 29 maggio 1982, n. 297, ("Disciplina del trattamento di fine rapporto e norme in materia pensionistica"), nella parte in cui non prevede la possibilita' di concessione dell'anticipazione in ipotesi di acquisto in itinere comprovato con mezzi idonei a dimostrarne l'effettivita'".

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