LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BRUSCHETTA Ernestino – Presidente –
Dott. MANZON Enrico – rel. Consigliere –
Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –
Dott. CASTORINA Rosaria Maria – Consigliere –
Dott. SAIJA Salvatore – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 14535/2012 R.G. proposto da:
Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura generale dello Stato, che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
ACEA AMBIENTE srl, incorporante di S.A.O. – Servizi Ambientali Orvieto – srl (già spa), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv. Gabriele Escalar e Livia Salvini, con domicilio eletto in Roma, viale Giuseppe Mazzini n. 11, presso lo studio dell’avv. Escalar;
– controricorrente/ricorrente incidentale –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale dell’Umbria n. 52/04/12, depositata il 26 marzo 2012.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio D.L. n. 137 del 2020, ex art. 23, comma 8 bis, del 12 maggio 2021 dal Consigliere Enrico Manzon;
letta la requisitoria scritta del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Basile Tommaso, che ha concluso chiedendo l’accoglimento dei primi due motivi del ricorso principale, assorbiti gli ulteriori motivi del ricorso principale e del ricorso incidentale condizionato.
FATTI DI CAUSA
Con la sentenza impugnata la Commissione tributaria regionale dell’Umbria rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate, ufficio locale, avverso la sentenza n. 56/02/10 della Commissione tributaria provinciale di Terni che aveva accolto il ricorso di S.A.O. Servizi Ambientali Orvieto – srl (già spa, di seguito breviter SAO) contro l’atto di sospensione del rimborso IVA 2003.
La CTR osservava in particolare che la questione, posta in termini di “incidentalità” nel gravame agenziale, della legittimità del provvedimento impugnato in assenza di prova del riversamento da parte di Consorzio Napoli 3 (committente) dell’IVA eccedentaria chiesta a rimborso da SAO (prestatrice), doveva considerarsi “nuova”, in quanto non posta nel primo grado del giudizio; che comunque tale questione doveva considerarsi infondata, posto che la sospensione del rimborso era stata giustificata solo con la pendenza di due giudizi aventi ad oggetto l’impugnazione di avvisi di accertamento relativi all’annualità fiscale de qua, ma non con l’affermazione di non spettanza del rimborso, che invece era stata ammessa; che, così delimitato l’oggetto del processo, la motivazione del provvedimento impugnato doveva considerarsi carente e quindi il provvedimento stesso invalido; che comunque la disposta sospensione non poteva basarsi sul R.D. n. 2440 del 1923, art. 69, (legge sulla contabilità di Stato), bensì sulle più specifiche disposizioni legislative di cui al D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 23,D.P.R. n. 602 del 1973, art. 48 bis, D.P.R. n. 633 del 1972, art. 38 bis; che in ogni caso doveva considerarsi estranea al giudizio la questione posta dalla società contribuente del rapporto tra il provvedimento di sospensione impugnato e l’iscrizione provvisoria a ruolo delle somme richieste con detti atti impositivi impugnati nei citati processi.
Avverso la decisione ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate deducendo quattro motivi.
Resiste con controricorso la società contribuente, che ha altresì proposto ricorso incidentale condizionato e successivamente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
In via preliminare deve disattendersi l’istanza di discussione orale (e la subordinata richiesta di rinvio della trattazione della causa a tal fine diretta) proposta in data 6 maggio 2021 dal difensore della controricorrente/ricorrente incidentale.
Infatti trattasi all’evidenza di un’istanza tardiva, posto che il D.L. n. 137 del 2020, art. 23, comma 8 bis, prevede che essa debba essere proposta “entro il termine perentorio di venticinque giorni liberi prima dell’udienza.. “, appunto palesemente non rispettato dal difensore istante.
Peraltro non può considerarsi valida la giustificazione da quest’ultimo data al riguardo, posto che, in particolare, nella comunicazione di cancelleria del 19 marzo 2021 (avviso di fissazione dell’odierna udienza camerale), non vi era alcun obbligo di indicazione della speciale tipologia di trattazione della causa prevista dalla citata disposizione legislativa, trattandosi di una previsione normativa primaria che poteva e doveva essere conosciuta dal difensore medesimo.
Con il primo motivo – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 – l’agenzia fiscale ricorrente denuncia la nullità della sentenza impugnata per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57, comma 2, poiché la CTR ha affermato la “novità” della sua allegazione difensiva di appello circa la giustificazione della sospensione del rimborso IVA de quo con il pericolo di danno erariale in considerazione del fatto che la committente Consorzio Napoli 3 avesse detratto la corrispondente imposta pagata in rivalsa.
Con il secondo motivo – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la ricorrente si duole della violazione/falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, comma, lett. g), art. 21, comma 1, poiché la CTR ha ritenuto l’infondatezza della difesa oggetto del primo mezzo. Le censure, da esaminarsi congiuntamente per connessione, sono fondate.
In via preliminare vanno disattese le eccezioni di inammissibilità di tali mezzi sollevate, sotto plurimi profili, dalla controricorrente.
Anzitutto la prima censura risulta del tutto coerente con una precisa ratio decidendi della sentenza impugnata, laddove in via preliminare di rito nella motivazione della medesima si afferma che “..la problematica (del rischio di danno erariale, ndr) è estranea al giudizio in quanto non sollevata in primo grado”.
Chiaro è dunque il riferimento del giudice tributario di appello alla preclusione di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57, comma 2, sicché il primo mezzo rappresenta, ammissibilmente, una critica specifica della sentenza impugnata.
Ciò posto, pur pacifico come fatto processuale che l’allegazione difensiva erariale di che si tratta è stata formulata soltanto nel giudizio di appello, va rilevato che è consolidato nella giurisprudenza di questa Corte che “Il potere-dovere del giudice nazionale di conformarsi al diritto comunitario comporta la necessaria disapplicazione delle regole processuali di diritto interno che, precludendo, in sede di legittimità, l’esame delle questioni non specificatamente dedotte dal ricorrente, impediscono la piena applicazione delle norme comunitarie; tale potere-dovere coesiste con quello di interpretare correttamente quelle regole, in modo da superare ogni incompatibilità con il diritto comunitario” (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 26285 del 29/12/2010, Rv. 615752 – 01).
Ciò rende irrilevante la qualificazione della difesa agenziale in questione come eccezione in senso stretto ovvero lato (sul punto diffusamente la memoria difensiva della controricorrente) e non applicabile la barriera preclusiva di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57, comma 2.
E che nel caso di specie si tratti di applicare il diritto unionale come dato dalle direttive IVA ed interpretato dalla Corte di giustizia UE non può essere dubbio.
E infatti pacifico che SAO ha emesso fatture ad aliquota in allora ordinaria (20%) e che il committente Consorzio Napoli 3 ne ha chiesto la rettifica ritenendo trattarsi di prestazioni soggette all’aliquota agevolata (10%), da cui il differenziale (Euro 1.256.394,36) chiesto a rimborso.
In diritto va ribadito che “In tema di IVA, il cedente del bene o il prestatore del servizio è legittimato a pretendere il rimborso per la somma versata in relazione ad imposta indebitamente fatturata solo se sia completamente escluso il rischio di perdita di entrate fiscali da parte dell’Erario. Invero, dal compimento di un’operazione imponibile discendono tre rapporti fra di loro autonomi, l’uno tra l’amministrazione finanziaria e il cedente, relativamente al pagamento dell’imposta, l’altro tra il cedente ed il cessionario, in ordine alla rivalsa e il terzo tra l’amministrazione ed il cessionario, per ciò che attiene alla detrazione dell’imposta assolta in via di rivalsa, ma tale autonomia presuppone che rimanga salvo il principio della neutralità dell’IVA, il quale postula l’esclusione, in concreto, dell’eventualità di una perdita di gettito tributario” (Cass., Sez. 5 -, Sentenza n. 7325 del 17/03/2020, Rv. 657456 – 01; tra le molte, cfr. Corte giust., C-566/07, Stadeco, C-138/12, Rusedespred).
Orbene, la società contribuente non ha né allegato né tantomeno comprovato che tale “rischio di perdita” sia insussistente, risultando per contro che il committente ha integralmente detratto l’IVA pagata in rivalsa e perciò chiesto l’emissione di una nota di accredito, la quale neppure risulta essere stata emessa.
Non può poi assolutamente accedersi alla tesi difensiva di SAO che tale circostanza impeditiva del chiesto rimborso debba considerarsi implicita nella dichiarazione scritta in data 3 dicembre 2008 dell’Agenzia delle entrate, ufficio locale di Orvieto, secondo la quale “Come richiesto nelle vie brevi con riferimento al provvedimento di sospensione.. emesso dallo scrivente Ufficio si precisa che dall’esame di merito il rimborso in oggetto è spettante, tuttavia lo stesso è sospeso fino alla attività di accertamento in corso”.
E’ infatti chiaro che consimile dichiarazione scritta non è nient’altro che un attestazione, astratta e formale,, della sussistenza del credito di rimborso della contribuente, ma allo stesso tempo, inscindibilmente, dell’esistenza di contropretese creditorie erariali in fase di verifica, senza nessun specifico riferimento a titoli costitutivi di credito particolari e quindi, questo sì per implicito, ricomprendenti anche quello poi affermato in appello e ribadito con il ricorso per cassazione dall’agenzia fiscale.
Sicché torna utile richiamare e dare seguito al principio di diritto secondo il quale “Con riferimento alle controversie aventi ad oggetto richieste di rimborso delle imposte, la giurisdizione generale del giudice tributario può essere esclusa – a favore del giudice ordinario, configurandosi un’ordinaria azione di indebito oggettivo ex art. 2033 c.c. – nel solo caso in cui l’Amministrazione abbia formalmente riconosciuto il diritto al rimborso e la quantificazione della somma dovuta, sicché non residuino questioni circa l’esistenza dell’obbligazione tributaria, il “quantum” del rimborso o le procedure con le quali lo stesso deve essere effettuato” (Cass., Sez. U, Ordinanza n. 21893 del 15/10/2009, R.v. 609515 – 01).
Il che esclude anche la fondatezza dell’eccepito profilo di inammissibilità/infondatezza della censura per difetto di giurisdizione del giudice tributario speciale.
Ma la vera natura, tutt’ altro che confessoria/ammissiva, della attestazione in esame travolge altresì la questione di diritto unionale posta dalla controricorrente con riferimento al principio del legittimo affidamento, non potendosi attribuire questo rilevante effetto alla medesima, sicché va sicuramente rigettata la correlata richiesta di rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia dell’UE.
Con il terzo motivo – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – l’agenzia fiscale ricorrente lamenta la violazione/falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, stessi art. 19, comma 1, art. 21, comma 1, nonché degli artt. 2033 e 2697, c.c., poiché la CTR ha ritenuto il provvedimento di sospensione impugnato illegittimo per difetto di motivazione.
Con il quarto motivo – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la ricorrente denuncia la violazione/falsa applicazione del R.D. n. 2440 del 1923, art. 69, e artt. 2033,2697 c.c., poiché la CTR ha escluso l’applicabilità dell’istituto del “fermo amministrativo” all’istanza di rimborso proposta dalla società contribuente.
Stante l’accoglimento dei primi due motivi del ricorso principale tali censure devono ritenersi assorbite.
Con l’unico motivo del ricorso incidentale condizionato – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 – la controricorrente denuncia la nullità della sentenza impugnata per la violazione dell’art. 36 c.p.c., comma 2, n. 4, poiché la CTR con motivazione apodittica ha respinto la sua eccezione di illegittimità del provvedimento di sospensione di rimborso impugnato a causa del cumulo dello stesso con l’iscrizione a ruolo provvisoria fatta dall’agenzia fiscale in relazione agli importi recati dagli avvisi di accertamento per gli anni 2003-2004 utilizzati come ragione della sospensione medesima.
La censura è infondata.
Ritiene il Collegio che sia al riguardo sufficiente ribadire che “La mancanza di motivazione su questione di diritto e non di fatto deve ritenersi irrilevante, ai fini della cassazione della sentenza, qualora il giudice del merito sia comunque pervenuto ad un’esatta soluzione del problema giuridico sottoposto al suo esame. In tal caso, la Corte di cassazione, in ragione della funzione nomofilattica ad essa affidata dall’ordinamento, nonché dei principi di economia processuale e di ragionevole durata del processo, di cui all’art. 111 Cost., comma 2, ha il potere, in una lettura costituzionalmente orientata dell’art. 384 c.p.c., di correggere la motivazione anche a fronte di un “error in procedendo”, quale la motivazione omessa, mediante l’enunciazione delle ragioni che giustificano in diritto la decisione assunta, anche quando si tratti dell’implicito rigetto della domanda perché erroneamente ritenuta assorbita, sempre che si tratti di questione che non richieda ulteriori accertamenti in fatto” (Cass., Sez. U, n. 2731 del 02/02/2017, Rv. 642269 – 01).
Ed invero risulta del tutto corretta l’affermazione del giudice tributario di appello circa la differenza e non sovrapponibilità di ambito applicativo delle disposizioni legislative de quibus, rispettivamente disciplinanti la sospensione del rimborso IVA oggetto del presente giudizio e l’iscrizione a ruolo provvisoria D.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 15, senza che ciò collida con gli artt. 3-53 Cost., non vedendosi davvero come in particolare si profili la violazione del principio di capacità contributiva con misure quali quelle in questione che riguardano esclusivamente la “cautela” delle obbligazioni tributarie e non il loro presupposto.
In conclusione, accolti il primo ed il secondo motivo del ricorso principale, assorbiti il terzo ed il quarto motivo del medesimo, rigettato il motivo unico del ricorso incidentale condizionato, la sentenza impugnata va cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, decidendo nel merito va rigettato il ricorso introduttivo della lite.
Stante l’esito alterno delle fasi del giudizio e tenuto conto dell’obiettiva complessità giuridica del medesimo le spese dell’intero processo possono essere compensate.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo ed il secondo motivo del ricorso principale, dichiara assorbiti il terzo ed il quarto motivo del medesimo, rigetta il motivo unico del ricorso incidentale condizionato, cassa la sentenza impugnata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo della lite; compensa le spese dell’intero processo.
Così deciso in Roma, il 12 maggio 2021.
Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2021