LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PERRINO Angel – Maria –
Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –
Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –
Dott. GALATI Vincenzo – Consigliere –
Dott. LEUZZI Salvatore – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al numero 8458 del ruolo generale dell’anno 2015, proposto da:
Agenzia delle entrate, in persona del direttore pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, presso gli uffici della quale in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12, elettivamente si domicilia;
– ricorrente –
contro
A.M.R., rappresentata e difesa dall’Avv. Giuseppe Calicchio, elettivamente domiciliata in Roma, via degli Avignonesi, n. 5, presso lo studio legale Abbamonte;
– controricorrente –
per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania, depositata in data 23 settembre 2014, n. 8025/48/14;
sentita la relazione svolta dal consigliere Salvatore Leuzzi nella camera di consiglio del 27 aprile 2021.
FATTI DI CAUSA
La contribuente, titolare di un’azienda di fabbricazione di articoli cartotecnici, impugnava l’avviso di accertamento mediante il quale, con riferimento all’anno 2008, venivano recuperate Imposte dirette IRAP e Iva sulla scorta di studi di settore, dai quali emergeva, secondo la prospettazione erariale, una grave incongruenza rispetto ai ricavi dichiarati.
La CTP accoglieva il ricorso della contribuente.
La CTR ha rigettato l’appello dell’Agenzia.
Quest’ultima affida il proprio ricorso per cassazione a due motivi.
Ragioni della decisione.
Con il primo motivo, l’Agenzia adduce la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57 per essere la sentenza fondata sull’invalidità della notifica dell’invito a comparire funzionale al contraddittorio, ancorché nel ricorso originario avverso l’atto impositivo di detta contestazione non vi fosse traccia.
Con il secondo motivo, l’Agenzia contesta la violazione della D.L. n. 331 del 1993, art. 62-bis conv. in L. n. 427 del 1993 e dell’art. 2697 c.c., avuto riguardo all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la CTR ritenuto l’insufficienza degli studi di settore a fondare da soli la pretesa tributaria.
Il primo motivo è fondato e va accolto, con assorbimento del secondo.
La CTR osserva che: “gli studi di settore costituiscono una presunzione semplice da sola in idonea a fondare la pretesa tributaria in assenza di altri elementi di riscontro”; l’atto impugnato “poggia anche su una motivazione apparente poiché valorizza il comportamento del contribuente, che non avrebbe fornito una risposta ed una giustificazione ai rilievi mossi dall’Agenzia, senza addurre nessun elemento concreto a sostegno della presunzione trascurando la nullità della notifica dell’atto di invito al contraddittorio (all’eccezione della contribuente l’Ufficio infatti nulla ha replicato”; “la metodologia degli studi di settore non determina alcuna inversione dell’onere della prova… è l’Amministrazione che deve utilizzare l’utile spunto rappresentato dagli studi di settore per una puntuale verifica ed allegazione degli altri dati che valgono a suffragare il predetto spunto, motivazione del tutto assente nel caso in esame”.
In buona sostanza, la CTR rileva in appello la nullità dell’atto di invito al contraddittorio, sebbene di detto profilo il contribuente non si sia lamentato in precedenza in sede contenziosa. Ancorché la CTR valorizzi il vizio di notifica in parola, di detta doglianza non vi è infatti menzione alcuna nell’originario ricorso. Detta contestazione integrava un’eccezione in senso stretto, pertanto si palesava insuscettibile d’essere tardivamente agitata nel contesto del gravame di merito. Questa Corte ha, infatti, chiarito che nel giudizio tributario, il divieto di proporre nuove eccezioni in sede di gravame, previsto al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57, comma 2, concerne tutte le eccezioni in senso stretto, consistenti nei vizi d’invalidità dell’atto tributario o nei fatti modificativi, estintivi o impeditivi della pretesa fiscale, mentre non si estende alle sole eccezioni improprie o alle mere difese e, cioè, alla contestazione dei fatti costitutivi del credito tributario o delle censure del contribuente, che restano sempre deducibili (Cass. n. 22105 del 2017; Cass. n. 11223 del 2016).
Su queste premesse, giova evidenziare che – per sedimentato orientamento di questa Corte – allorché il contraddittorio sia stato attivato ed il contribuente abbia omesso di parteciparvi ovvero si sia astenuto da qualsivoglia attività di allegazione, l’ufficio non è in linea di principio tenuto ad offrire alcuna ulteriore dimostrazione della pretesa esercitata in ragione del semplice disallineamento del reddito dichiarato rispetto ai menzionati parametri (Cass. n. 21754 del 2017; Cass. n. 17646 del 2014).
Il primo motivo va, pertanto, accolto, assorbito il secondo. La sentenza d’appello dev’essere cassata e la causa rinviata per un nuovo esame e per la regolazione delle spese del giudizio alla CTR della Campania, in diversa composizione.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo. Cassa la sentenza impugnata e rimette la causa per un nuovo esame e per la regolazione delle spese del giudizio alla CTR della Campania, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, il 27 aprile 2021.
Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2021