LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PERRINO Angelina M. – Presidente –
Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –
Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M.G. – Consigliere –
Dott. CASTORINA R.M. – rel. Consigliere –
Dott. CHIESI Gian Andrea – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 22059/2015 R.G. proposto da:
Agenzia delle Entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
– ricorrente –
contro
Autoverde 07 s.r.l.;
– intimata –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia n. 2702/64/15 depositata il 16.6.2015.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26.5.2021 dal Consigliere Rosaria Maria Castorina.
RITENUTO IN FATTO
L’amministrazione finanziaria, sulla scorta delle risultanze di un p.v.c. redatto dalla G.d.F., notificava a Autoverde 07 s.r.l., esercente il commercio di auto usate, un avviso di accertamento con il quale recuperava a tassazione maggiori imposte a fini IVA, IRES ed IRAP, con riferimento all’anno di imposta 2008, per costi non inerenti, sottofatturazione di ricavi, indebita detrazione di Iva per operazioni inesistenti.
La CTP di Bergamo respingeva il ricorso della contribuente.
La CTR, adita dalla società, accoglieva parzialmente l’appello in relazione alla ripresa Iva per le contestate operazioni inesistenti, osservando in particolare che l’Ente impositore non aveva assolto al proprio specifico onere probatorio inerente la consapevolezza/conoscibilità da parte della società contribuente della frode IVA dell’emittente la fattura contestata come “soggettivamente inesistente”, sulla quale si basava l’atto impositivo impugnato.
Avverso la pronuncia l’Agenzia delle Entrate ricorre per cassazione con un motivo.
La contribuente è rimasta solo intimata.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.Con il motivo di ricorso l’Ufficio deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19, degli arti. 2697, 2727 e 2729 c.c.; dell’art. 115 c.p.c..
Lamenta che la CTR aveva erroneamente posto a carico dell’ufficio la prova del coinvolgimento della società nella frode carosello.
La censura non è fondata, anche se deve essere corretta la motivazione della sentenza.
In tema d’IVA, ove l’Amministrazione finanziaria contesti che la fatturazione attenga a operazioni soggettivamente inesistenti, inserite o meno nell’ambito di una “frode carosello”, essa ha l’onere di provare, anche in via indiziaria, non solo l’inesistenza del fornitore, ma anche, sulla base di elementi oggettivi e specifici, che il cessionario sapeva (o avrebbe potuto sapere), con l’ordinaria diligenza ed alla luce della qualificata posizione professionale ricoperta, che l’operazione si inseriva in un’evasione dell’imposta; incombe, quindi, sul contribuente la prova contraria di avere agito in assenza di detta consapevolezza e di aver adoperato la diligenza massima esigibile da un operatore accorto, secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità, in rapporto alle circostanze del caso concreto, non assumendo rilievo, a tal fine, né la regolarità della contabilità e dei pagamenti, né la mancanza di benefici dalla rivendita delle merci o dei servizi (Cass. 13/03/2013, n. 6229; 18/06/2014, n. 13803;9/09/2016, n. 17818; 14/09/2016, n. 18118; 15/05/2018, n. 11873; 19/04/2018, n. 9721; 20/04/2018, n. 9851; 21/06/2018, n. 16469; 24/08/2018, n. 21104; 30/10/2018, n. 27555; 30/10/2018, n. 27566).
Nella specie la CTR ha affermato erroneamente che l’amministrazione non aveva fornito la prova del coinvolgimento della contribuente nella frode carosello; tale onere non incombeva sull’amministrazione che era, invece, tenuta a fornire elementi atti a sostenere la conoscibilità dell’inserimento dell’operazione in una evasione dell’imposta. In tale parte la motivazione deve essere, pertanto corretta.
Tuttavia, la CTR ha osservato che “l’aspetto contabile della contribuente, per quanto riguarda le operazioni con l’estero è del tutto regolare e gli indizi che l’ufficio porta a sostegno della ripresa a tassazione si fondano precipuamente su due intercettazioni telefoniche che, in realtà ben poco dicono e servono a fini accertativi.
Il contenuto dell’intercettazione 15.3.2010 tra il C., rappresentante legale della LGL Polska non è affatto indicativo di trame truffaldine, tanto che gli stessi militari si limitano ad osservare che la telefonata e specificatamente l’unico riferimento all’IVA “sembrerebbe suggerire che il C. fosse a conoscenza del meccanismo di frode”. Nessun convincente indizio e tanto meno nessuna certezza dunque sulla compartecipazione. Ma ciò che taglia la testa al toro è la circostanza che trattasi di intercettazione effettuata nel 2010, mentre l’accertamento riguarda il 2008. Nessun collegamento è stato rilevato dall’ufficio trai due anni in questione. Cosicché va certamente rilevato che quand’anche con un certo sforzo logico, volesse rilevarsi nella telefonata intercettata un indizio di compartecipazione ad una frode orchestrata nel 2010, nulla può dirsi per l’anno in questione.
Le stesse considerazioni valgono a maggior ragione per l’intercettazione del 24.3.2012 la quale, per di più, non vede protagonista il legale rappresentante della ricorrente, ma addirittura altro soggetto”.
La CTR, con un accertamento di fatto con contestato dall’Agenzia, ha rilevato che nessun elemento indiziante della consapevolezza della contribuente del coinvolgimento nella frode carosello era stato fornito dall’amministrazione, non essendo a tal fine idoneo il contenuto di due intercettazioni telefoniche effettuate nel marzo 2010, cioè due anni dopo il 2008, anno di imposta oggetto della ripresa, di cui una, peraltro, non vedeva protagonista il legale rappresentante della ricorrente ma, addirittura un terzo soggetto.
Il giudice di appello, sulla base di tale condivisibile rilievo, ha affermato che nessun collegamento è stato rilevato dall’Ufficio tra i due anni in questione e che non era stato fornito nessun convincente indizio e tantomeno nessuna certezza sulla compartecipazione.
L’ufficio non ha contestato tale affermazione, né ha allegato di avere fornito, nell’avviso, ulteriori elementi indiziari.
Il ricorso deve essere, conseguentemente rigettato.
Nulla sulle spese in considerazione della mancata costituzione di parte intimata.
Rilevato che risulta soccombente parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica il D.P.R. 30 maggio 2012, n. 115, art. 13, comma 1-quater.
PQM
Rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 26 maggio 2021.
Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2021