Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.33311 del 11/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – rel. Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Angelo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso R.G. 3494/2016 proposto da:

COMPAGNIA ITALIANA DI NAVIGAZIONE S.P.A., con sede legale in *****, in persona del legale rappresentante pro tempore;

M.L., Notaio, nato a *****; entrambi rappresentanti e difesi dagli avv.ti. Mario Porzio, e Laura Bove elettivamente domiciliati in Roma via Crescenzio 19 presso lo studio dell’avv. Romano Pomarici;

– ricorrenti –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore (C.F.

*****), rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato (C.F. *****) presso cui è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della CAMPANIA 5488/7/15 depositata il 05/06/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 14.07.2021 dal Consigliere Relatore Dott. RITA RUSSO.

RILEVATO

CHE:

La Compagnia Italiana di Navigazione s.p.a. ha impugnato l’avviso di liquidazione con cui l’Agenzia delle entrate ha qualificato come cessione di credito, applicando l’imposta proporzionale dello 0,50%, il negozio stipulato dalla ricorrente con Tirrenia S.p.A. in data 19 luglio 2012. Con tale negozio Tirrenia s.p.a. riconosceva che, in esecuzione del precedente contratto con cui aveva ceduto l’azienda a Compagnia Italiana di Navigazione s.p.a., il valore delle vendite dei biglietti prepagati già incassato era pari ad Euro 24.090.996,41 e si impegnava a corrispondere detta somma alla predetta Compagnia entro tre giorni lavorativi dall’adozione da parte del Ministero dello Sviluppo Economico del decreto previsto all’art. 8.14 del contratto di cessione di azienda. In particolare, si trattava del valore dei biglietti venduti da Tirrenia in relazione ai quali Compagnia Italiana di Navigazione s.p.a., con il contratto di cessione di azienda, aveva assunto l’obbligo di effettuare il trasporto.

Il ricorso dei contribuenti è stato accolto in primo grado.

L’Agenzia delle entrate ha proposto appello che la CTR della Campania ha accolto sul rilievo che nel caso in esame si è in presenza di una cessione di credito costituita dalla cessione delle somme equivalenti al valore dei biglietti prepagati. La CTR ha inoltre affermato che non assume rilevanza il fatto che la cessione di credito fosse inserita in un atto contenente più negozi poiché essi erano autonomamente identificabili e tassabili ai sensi del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 21, comma 1, e che l’imposta deve essere applicata secondo l’intrinseca natura prescindendo dal nomen iuris dell’atto registrato.

Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione la contribuente affidandosi a due motivi. Ha resistito con controricorso l’Agenzia delle entrate. In esito all’adunanza camerale del 13 gennaio 2021 la causa è stata rinviata a nuovo ruolo per la pendenza della questione di legittimità costituzionale del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 20.

La causa è stata trattata all’adunanza camerale non partecipata del 14 luglio 2021.

RITENUTO

CHE:

1.- Con il primo motivo del ricorso, la ricorrente deduce nullità della sentenza per inesistenza della motivazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4. Deduce che la sentenza si appalesa del tutto carente di motivazione essendosi la CTR limitata ad affermare che la pattuizione integra gli estremi di una cessione di credito senza esporre l’iter motivazionale che l’ha condotta a tale conclusione. Osserva che la previsione negoziale del 19 luglio 2012 si estrinsecava nella determinazione dell’importo, pari a 24.090.996,41, corrispondente al valore dei biglietti prepagati incassato da Tirrenia che avrebbe dovuto essere dedotto dall’importo ad essa dovuto per la cessione dell’azienda.

2. Con il secondo motivo la parte lamenta la violazione di legge ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione agli artt. 1362,1363,1366 e 1260 c.c., D.P.R. n. 131 del 1986, artt. 20 e 21. Deduce che la CTR ha erroneamente ravvisato la cessione di credito nel verbale di consegna di ramo d’azienda del 19 luglio 2012 in quanto quello che l’Ufficio aveva qualificato come cessione di credito era nella realtà il corrispettivo pattuito a fronte di una prestazione di servizi. Ciò in quanto Compagnia Italiana di Navigazione si era obbligata a fornire le prestazioni di trasporto marittimo a tutti i titolari di biglietti prepagati, ossia ai possessori di titoli di trasporto venduti ed incassati da Tirrenia prima del passaggio di consegne del ramo d’azienda e relativi a prestazioni di trasporto da eseguirsi successivamente. A fronte dell’adempimento di tale obbligo Tirrenia aveva riconosciuto a Compagnia Italiana di Navigazione la somma equivalente al valore delle vendite dei biglietti prepagati, valore che alla data del 19 luglio 2012 risultava pari a 24.092.996,41. Osserva infine che non può qualificarsi cessione di credito il negozio di che trattasi, ove vi era una sostanziale identità tra cedente e debitore ceduto, entrambi rappresentati da Tirrenia.

2.- I motivi possono esaminarsi congiuntamente e sono fondati.

La motivazione della sentenza impugnata si appalesa effettivamente non idonea ad esplicitare le ragioni della decisione ed intrinsecamente contraddittoria, dato che i giudici di appello hanno testualmente affermato che si è in presenza di una cessione di credito costituita dalla cessione delle somme equivalenti al valore dei biglietti prepagati.

Per cessione di credito si intende tuttavia una fattispecie ben diversa dall’operazione sopra descritta, posto che il termine indica tanto la fattispecie negoziale traslativa del diritto di credito, quanto la vicenda modificativa del lato attivo del rapporto obbligatorio, vale a dire la successione a titolo particolare nella situazione creditoria che detta fattispecie è idonea a realizzare.

Pertanto la cessione di credito presuppone che il cedente non abbia ancora incassato il dovuto e sostituisca a sé medesimo nella pretesa creditoria altro soggetto; di conseguenza non può ravvisarsi cessione di credito nella cessione delle somme corrispondenti al valore (già incassato) dei biglietti venduti. Se i biglietti erano prepagati, ciò che viene corrisposto alla CIN è un incasso e non un credito (posto il credito è diritto a esigere una prestazione ancora non eseguita), a fronte di un servizio che la CIN eroga o comunque si obbliga ad erogare ai possessori di quei biglietti.

A ciò si deve aggiungere che non può condividersi la tesi della Agenzia, secondo la quale nella fattispecie si è in presenza di più atti tra di loro correlati attraverso i quali si realizza un’unica finalità complessiva, caratterizzata dall’omessa corresponsione di imposte essendo stata corrisposta per ognuno di tali atti la sola tassa fissa.

Secondo i più recenti arresti della giurisprudenza di questa Corte “in tema di imposta di registro, ai sensi del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 20 – nella formulazione successiva alla L. n. 205 del 2017 che, secondo la L. n. 145 del 2018, art. 1, comma 1084, ne ha fornito l’interpretazione autentica e alla luce delle sentenze della Corte costituzionale n. 158 del 2020 e n. 39 del 2021 – è legittima l’attività di riqualificazione dell’atto da registrare da parte dell’Amministrazione soltanto se operata “ab intriseco”, cioè senza alcun riferimento agli atti ad esso collegati e agli elementi extra-testuali, non potendosi essa fondare sull’individuazione di contenuti diversi da quelli ricavabili dalle clausole negoziali e dagli elementi comunque desumibili dall’atto” (Cass. 10688/2021; Cass. 9065/2021).

Non vi è quindi spazio alcuno per qualificare cessione di credito l’operazione descritta, né per tassare l’atto sulla base di elementi extratestuali.

Ne consegue, in accoglimento del ricorso, la cassazione della sentenza impugnata e non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto può decidersi nel merito, accogliendo l’originario ricorso del contribuente.

Le spese del doppio grado di merito possono essere compensate mentre le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

PQM

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito, accoglie l’originario ricorso della parte contribuente.

Compensa interamente le spese del doppio grado di merito.

Condanna parte controricorrente alle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 2.000,00 per compensi, Euro 200,00 per spese non documentabili, oltre spese forfetarie, ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio da remoto, il 14 luglio 2021.

Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2021

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