Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.33336 del 11/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7774-2019 proposto da:

T.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEGLI AVIGNONESI 5, presso lo studio dell’avvocato MASSIMO FALCO e RAFFAELE SECCIA, che lo rappresentano e difendono giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

S.E.N., rappresentato e difeso dell’avvocato ALDO DI IANNI giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1619/2018 della CORTE d’APPELLO di L’AQUILA, depositata il 10/9/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 24/06/2021 dal Consigliere Dott. MAURO CRISCUOLO.

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE T.F. evocava in giudizio dinanzi al Tribunale di Sulmona S.E.N. affinché fosse condannato al pagamento delle somme indicate in citazione.

Deduceva che aveva acquistato dal convenuto un immobile in Civitella Alfedena, il cui prezzo era stato interamente versato. La vendita era stata preceduta da un preliminare nel quale si rappresentava che l’immobile avente una destinazione commerciale era condotto in locazione da un terzo.

Tuttavia, durante le trattative il promittente venditore aveva informato l’attore che aveva comunicato al conduttore che il bene doveva esser lasciato libero al momento della vendita. Intervenuto l’atto di trasferimento, il bene era ancora detenuto dal conduttore, il quale contestava anche la validità della disdetta intimatagli dal precedente proprietario.

Per l’effetto aveva reagito con un’azione possessoria al tentativo dell’attore di entrare forzosamente nel possesso del bene, di tal che l’istante era stato costretto a versare rilevanti somme per ottenere la piena disponibilità dell’immobile, somme delle quali chiedeva il ristoro con l’atto di citazione. Nella resistenza del convenuto, il Tribunale adito accoglieva la domanda, condannando lo S. al pagamento della somma di Euro 44.3666,00 a titolo di responsabilità precontrattuale.

Avverso tale sentenza proponeva appello il convenuto, e la Corte d’Appello di L’Aquila con la sentenza n. 1619 del 10/9/2018 ha accolto il gravame, rigettando la domanda attorea.

Una volta risolta ogni questione in merito alla dedotta abusività del bene, dalla documentazione in atti emergeva che l’attore era stato reso edotto già all’epoca del preliminare che il bene promesso in vendita era stato concesso in locazione sulla base di un contratto stipulato in data 1/6/2000.

Ciò risultava comprovato da una missiva di qualche mese successiva alla stipula del preliminare nella quale lo stesso T. riferiva dell’esistenza della locazione, richiamando la circostanza che il promittente venditore aveva assicurato di avere provveduto alla puntuale ed efficace disdetta del contratto.

La disdetta poi è risultato che sia stata effettivamente inviata, atteso che nella stessa missiva l’attore riferiva che a seguito di un colloquio con il conduttore si era avveduto che il testo della stessa non sembrava soddisfare i requisiti prescritti dalla legge per la sua efficacia.

Alla luce di tali evidenze, e tenuto conto che l’attore era stato assistito anche da professionisti nella fase delle trattative, poteva affermarsi che il T. fosse edotto dell’esistenza della locazione, in favore di un soggetto che esercitava la medesima attività di ristorazione che il T. intendeva intraprendere nei locali promessi in vendita.

Tuttavia, lo S. non aveva garantito né avrebbe potuto garantire la certezza dell’esito positivo della disdetta.

Ciò escludeva quindi la responsabilità del convenuto, atteso che quello sulla validità ed efficacia della disdetta è un giudizio di valore, che contempla la possibilità di diverse valutazioni.

Gli unici obblighi che incombevano sul venditore nella fase delle trattative erano quello di informare l’attore circa l’esistenza della locazione e di inviare la disdetta dovuta, essendo rimessa alla determinazione del promissario acquirente l’eventuale assunzione di ogni iniziativa conseguente all’analisi ed all’approfondimento della situazione esistente.

Avverso tale sentenza propone ricorso T.F. sulla base di un motivo.

S.N.E. resiste con controricorso.

Il motivo di ricorso denuncia la violazione dell’art. 2932 c.c. in connessione con l’art. 1218 c.c. nonché la violazione del combinato disposto degli artt. 1476 e 1490 c.c. dell’art. 1482c.c. e degli artt. 1337 e 1338 c.c..

Si rileva che non è mai stata contestata la circostanza che effettivamente l’attore fosse stato a conoscenza della locazione già nel corso delle trattive.

In realtà, i testi escussi nel corso del giudizio avevano riferito che lo S. avrebbe garantito di aver agito come per legge, al fine di liberare l’immobile condotto in locazione, al fine di permettere al ricorrente di intraprendere a sua volta l’attività di ristorazione nei locali acquistati.

Deve quindi reputarsi che il convenuto si fosse obbligato a consegnare libero il bene, il che ha comportato che sia stato acquistato un bene gravato da vizi/pesi che non erano stati posti a diretta conoscenza dell’acquirente.

Rileva il Collegio che in prossimità dell’udienza il ricorrente ha prodotto atto di transazione intervenuto tra le parti in data 7/11/2019 con il quale le parti hanno inteso definire ogni rapporto scaturente dall’atto di vendita cui si correla il presente giudizio, dichiarando di non avere più alcuna pretesa, ed avendo anche inteso regolare i loro rapporti per quanto concerne le spese di lite.

Della conclusione di questa transazione ha dato atto anche parte controricorrente, chiedendo prendersene atto.

Tenuto conto che la rinuncia agli atti del giudizio del ricorrente non risulta controfirmata per accettazione della controparte e che, in vista degli effetti determinati dalla cessazione della materia del contendere. Con la stessa si elide l’efficacia delle sentenze di merito in precedenza emanate, che invece passerebbero in cosa giudicata, ove si procedesse alla declaratoria di estinzione, ritiene la Corte di dover pronunciare la cessazione della materia del contendere.

Nulla deve disporsi quanto alle spese di lite, avendo le parti stesse regolato nella transazione anche tale profilo.

P.Q.M.

Dichiara la cessazione della materia del contendere.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 24 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2021

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