LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TORRICE Amelia – Presidente –
Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –
Dott. MAROTTA Caterina – rel. Consigliere –
Dott. SPENA Francesca – Consigliere –
Dott. DE MARINIS Nicola – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 5147/2015 proposto da:
K.S.F., P.S., A.M., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEI GRACCHI 39, presso lo studio dell’avvocato ADRIANO GIUFFRE’, rappresentati e difesi dall’avvocato ANTONIO CARULLO;
– ricorrente –
contro
AZIENDA USL DI BOLOGNA, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA GRAZIOLI 5, presso lo studio dell’avvocato MARIA ROSARIA RUSSO VALENTINI, che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1269/2014 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 16/10/2014 R.G.N. 233/2013;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 27/05/2021 dal Consigliere Dott. CATERINA MAROTTA.
RILEVATO
che:
1. la Corte d’appello di Bologna, previa riunione delle impugnazioni proposte da K.F.S., P.S. e A.M. (medici specialisti in oftalmologia in servizio dal 1 agosto 2010 a tempo indeterminato quali dirigenti presso la U.O. della Azienda USL di Bologna) e dall’AUSL di Bologna, accoglieva l’appello incidentale dell’AUSL e rigettava l’appello principale proposto dai medici;
i suddetti medici con l’appello avevano chiesto la trasformazione in rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato dell’attività svolta sulla base di contratti di lavoro autonomo professionale a termine, presso la medesima Azienda USL di Bologna, prima dell’intervenuta stabilizzazione (dal 1 ottobre 2004 per il Dott. P., dal 9 luglio 2003 per il Dott. A. e la Dott.ssa K.) ed altresì le differenze retributive tra quanto effettivamente percepito e quanto dovuto sulla base delle previsioni del c.c.n.l. per gli incarichi di lavoro dipendente a tempo determinato e la ricostruzione professionale della carriera alla data dei primi contratti professionali rispettivamente stipulati;
avevano, perciò, in parte qua, impugnato la decisione del Tribunale che aveva dichiarato sussistente un diritto soggettivo perfetto all’assunzione a tempo indeterminato dei ricorrenti solo a far data dall’accordo stipulato tra l’azienda ospedaliera e le oo.ss. (con il quale, in data 18 giugno 2008, le parti avevano stabilito l’utilizzo di graduatorie esistenti e lo scorrimento delle stesse), mentre non aveva ritenuto fondata la domanda di retrodatazione del rapporto al 2006 non sussistendo alcun fondamento giuridico per un’ulteriore retrodatazione del rapporto;
la medesima decisione era stata impugnata anche dall’Azienda quanto alla ritenuta sussistenza di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato a far data dal 18 giugno 2008;
2. la Corte territoriale rilevava che la domanda dei ricorrenti volta al riconoscimento del carattere subordinato dei rapporti di lavoro a tempo determinato fosse nuova rispetto al petitum di cui al giudizio di primo grado e quindi inammissibile;
aggiungeva, in ogni caso e per completezza, che non risultasse, dall’istruttoria di giudizio, alcuna prova degli elementi essenziali per dichiarare la natura subordinata della prestazione di lavoro;
rilevava, in particolare, che non vi fosse alcuna allegazione sufficiente da cui desumere il potere di supremazia gerarchica o di controllo dell’esecuzione della prestazione da parte dell’Azienda;
in riforma, poi, della decisione di prime cure, accoglieva il ricorso dell’Azienda e riteneva che i ricorrenti non avessero alcun diritto soggettivo perfetto neppure a far data dal 18 giugno 2008, ossia a far data dell’accordo concluso tra l’AUSL e le oo.ss. per la stabilizzazione dei medici dirigenti (anche in oftalmologia);
tale accordo, infatti, prevedeva che gli incaricati già in attività al 31 dicembre 2006, collocati nelle graduatorie esistenti quali idonei non vincitori, a seguito di un concorso indetto nel 2005, fossero stabilizzati con un piano di stabilizzazione triennale tramite scorrimento delle graduatorie esistenti ma indicava, con espresso inciso, di non poter pregiudicare il diritto di alcuno tramite lo scorrimento delle stesse (il che stava a significare che ogni candidato dovesse avere i requisiti soggettivi per accedere alla stabilizzazione, quale quello della precarietà del rapporto con l’Azienda);
riteneva la Corte di merito che l’accordo sindacale non prevedesse, dunque, una stabilizzazione istantanea e che le graduatorie (derivanti dal concorso del 2005) richiamate nell’accordo del 2008 non fossero destinate ad un uso illimitato per la stabilizzazione ma consentissero tale uso “purché non si pregiudichi il diritto di alcuno” e solo per chi fosse in attività già al 31 dicembre 2006;
tale accordo, inoltre, in considerazione del protocollo regionale firmato dalle oo.ss., prevedeva un piano triennale di stabilizzazione in relazione alla consistenza ed alla disponibilità delle risorse economiche;
riteneva che non vi fosse un diritto dei ricorrenti alla stabilizzazione tramite scorrimento della graduatoria già esistente per la presenza di soggetti idonei non aventi i requisiti soggettivi necessari (precarietà del rapporto) per la stabilizzazione e collocati in graduatoria in una posizione precedente a quella dei ricorrenti e che, quindi, si fosse reso necessario indire un nuovo concorso (2009) onde stabilizzare i dirigenti a far data dal 2010 (così come accaduto per i tre ricorrenti che erano stati stabilizzati con il concorso del 2009 in cui sono risultati vincitori);
assumeva che lo scorrimento della graduatoria fosse possibile fin quando le posizioni fossero tutte e consecutivamente ricoperte da precari in attività al 31 dicembre 2006, ciò nel rispetto dell’inciso “purché non si pregiudichi il diritto di alcuno”;
precisava che, in ogni caso, lo scorrimento in graduatoria non avrebbe permesso ai medici ricorrenti di collocarsi utilmente prima del concorso del 2009 visto il numero di posti previsti per la stabilizzazione nel piano triennale del 2008 e considerata la loro posizione in graduatoria rispettivamente al 17, 19 e 20 posto;
2. per la cassazione della sentenza hanno proposto ricorso i medici-dirigenti con quattro motivi;
3. l’AUSL di Bologna ha resistito con regolare controricorso;
4. entrambe le parti hanno depositato memorie;
5. è stato, altresì, depositato atto di rinuncia al ricorso da parte di P.S. il quale ha dato atto di un accordo intervenuto con l’AUSL in data 29/3/2018 innanzi all’Ispettorato territoriale di Bologna.
CONSIDERATO
che:
1. il Collegio deve prendere atto dell’intervenuta cessazione della materia del contendere nel rapporto tra P.S. e l’Azienda USL di Bologna, in conformità al principio di diritto recentemente affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte secondo cui, qualora “nel corso del giudizio di legittimità le parti definiscano la controversia con un accordo convenzionale, la Corte deve dichiarare cessata la materia del contendere, con conseguente venir meno dell’efficacia della sentenza impugnata, non essendo inquadrabile la situazione in una delle tipologie di decisione indicate dall’art. 382 c.p.c., comma 3, artt. 383 e 384 c.p.c. e non potendosi configurare un disinteresse sopravvenuto delle parti per la decisione sul ricorso e, quindi, una inammissibilità sopravvenuta dello stesso” (Cass., Sez. Un., 11 aprile 2018, n. 8980);
con la richiamata decisione, alla cui motivazione si rinvia ex art. 118 disp. att. c.p.c., si è precisato che quando le parti di una controversia danno atto di avere raggiunto la sua composizione con un accordo negoziale, “i cui termini esse possono individuare ed identificare ma anche non individuare ed identificare, limitandosi ad asserire concordemente che esso vi è stato ed ha definito la lite”, la congiunta prospettazione della definizione della lite pendente rende non più necessario l’intervento della decisione del giudice investito della controversia, essendo venuto meno il bisogno di tutela giurisdizionale in ragione dell’intervenuto accordo;
ricorrono nella fattispecie le condizioni per la pronuncia di intervenuta cessazione della materia del contendere nel rapporto tra P.S. e l’Azienda USL di Bologna, stante il contenuto dell’accordo intervenuto tra dette parti in data 29/3/2018 innanzi all’Ispettorato territoriale di Bologna.
2. con il primo motivo i ricorrenti K.F.S. e A.M. denunciano la violazione dell’art. 112 c.p.c., per omesso esame di fattispecie sottoposta a giudizio e l’omessa applicazione della direttiva 1999/70/CE, D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 36 e dell’art. 2126 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5;
lamentano l’omessa pronuncia sulle rivendicazioni economiche e di ricostruzione di carriera e la violazione del principio di parità di trattamento tra lavoratori a tempo indeterminato e lavoratori a termine per violazione del principio di non discriminazione, ritenendo che le questioni non potessero ritenersi assorbite dalla pronuncia di rigetto sul riconoscimento del rapporto di lavoro subordinato;
3. con il secondo motivo i suddetti ricorrenti denunciano l’omesso esame della fattispecie sottoposta a giudizio e la falsa applicazione degli artt. 345 c.p.c. e segg,, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5;
lamentano l’errore della Corte territoriale nell’aver ritenuto nuove le domande sul riconoscimento del rapporto di lavoro subordinato a tempo determinato, assumendo che in primo grado fosse stato riconosciuto il rapporto subordinato e che non vi fosse stata alcuna contestazione in merito;
4. con il terzo ed il quarto motivo denunciano, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, la falsa applicazione di accordi collettivi e la violazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 36, oltre all’omesso esame di una fattispecie sottoposta a giudizio;
si dolgono della violazione da parte dell’Azienda dell’accordo sottoscritto il 18 giugno 2008 con le parti sindacali volto alla stabilizzazione del rapporto per eliminare l’illegittima apposizione del termine ai rapporti di lavoro e non alla formazione di un nuovo rapporto di lavoro;
sostengono che la stessa AUSL avesse definito il loro rapporto di lavoro quale rapporto “a tempo determinato”;
lamentano il mancato riconoscimento di un diritto soggettivo perfetto a far data dell’accordo del 2008, considerato non assoggettabile alla discrezionalità e/o all’organizzazione dell’Azienda;
deducono che in modo illegittimo il riconoscimento del loro diritto sia stato rimandato alla fase attuativa del piano di stabilizzazione;
5. i motivi, da trattare congiuntamente in quanto intrinsecamente connessi, sono infondati;
6. come si rileva dallo storico di lite, la Corte territoriale ha fondato la propria pronuncia di diniego del riconoscimento di un rapporto di lavoro ad initio subordinato su una duplice ratio decidendi: a) la relativa domanda era nuova rispetto al petitum di cui al giudizio di primo grado e quindi inammissibile; b) non risultava, dall’istruttoria di giudizio, alcuna prova degli elementi essenziali per dichiarare la natura subordinata della prestazione di lavoro;
i ricorrenti, invero, non hanno fornito alcun elemento per scalfire il suddetto decisum della Corte territoriale;
7. del ricorso di primo grado sono trascritte solo le conclusioni e non è riportato il contenuto del verbale di udienza del giudizio di primo grado avente ad oggetto le prove sulla sussistenza della subordinazione, asseritamente ritenute non necessarie;
per il resto i ricorrenti fanno riferimento solo a deduzioni e ad istanze istruttorie formulate in grado di appello e dunque tardivamente;
8. in ogni caso, anche a voler ritenere che vi fosse stata una richiesta di trasformazione del lavoro precario in un rapporto a tempo indeterminato (peraltro preclusa dall’art. 97 Cost.) o comunque una richiesta di riconoscimento della natura subordinata dei rapporti (ai fini, se non della trasformazione, quantomeno del riconoscimento dell’anzianità pregressa) i rilievi si limitano ad opporre, in modo del tutto inammissibile, alle valutazioni in fatto della Corte territoriale una diversa lettura delle risultanze di causa;
9. il richiamo, poi, alla direttiva Europea e ad una pretesa discriminazione, ai fini della ricostruzione della carriera, in mancanza di rapporti di lavoro subordinato a termine, è del tutto improprio;
10. né d’altra parte esiste una stabilizzazione con assunzione diretta sic et simpliciter la quale, a tacer d’altro, sarebbe costituzionalmente illegittima (Corte Cost. nn. 67 e 69 del 3 marzo 2011);
come da questa Corte già affermato (Cass. 26 settembre 2018, n. 23019; Cass. 5 novembre 2020, n. 24776), in materia di pubblico impiego privatizzato, i processi di stabilizzazione sono effettuati – in presenza dei requisiti soggettivi previsti – nei limiti delle disponibilità finanziarie e nel rispetto delle disposizioni in tema di dotazioni organiche e di programmazione triennale del fabbisogno; di conseguenza, in assenza dei presupporti, non è configurabile un diritto soggettivo alla stabilizzazione – escludendosi, pertanto, l’esistenza di qualsivoglia diritto di natura risarcitoria in capo ai suoi potenziali destinatari – né un diritto alla proroga dei contratti a termine in scadenza, ammissibile solo nell’ipotesi di concreta possibilità di definire utilmente la procedura finalizzata alla trasformazione del rapporto a tempo indeterminato;
le assunzioni, dunque, in presenza delle indicate condizioni, avvengono solo a far data dalla stipula del contratto dopo la nomina dei vincitori di concorso ovvero dopo lo scorrimento della graduatoria: non esistono assunzioni retrodatate né trasformazioni di rapporto;
11. d’altra parte, nessuna retrodatazione poteva esservi, nello specifico, per effetto del concorso per la stabilizzazione conclusosi nel 2005 in relazione al quale lo scorrimento era stato possibile solo per le prime sei posizioni utili (in quanto dopo queste vi erano candidati idonei non precari e quindi non aventi titolo alla stabilizzazione);
12. quanto alla domanda di retrodatazione alla data dell’accordo (18.6.2008) le censure sono inammissibili laddove contrappongono all’interpretazione dello stesso come offerta dalla Corte territoriale (ed all’individuato limite ad uno scorrimento determinato dall’uso di precedenti graduatorie per lo scorrimento “purché non si pregiudichi il diritto di alcuno”) una propria diversa lettura delle clausole dello stesso, senza neppure denunciare la violazione dei canoni interpretativi;
13. anche il riferimento, rimarcato dai ricorrenti, contenuto nell’accordo suddetto, al riconoscimento dell’esistenza di posti vacanti per lo svolgimento di attività istituzionali e continuative che, a quella data, erano state assolte con contratti precari, resta in sé irrilevante scontando l’insussistenza, nel caso di specie, di rapporti di lavoro a termine;
peraltro, il piano di stabilizzazione, oltre ad essere limitato per numero di posti era anche un piano scaglionato nel tempo sulla base delle risorse economiche e organizzative;
né i ricorrenti possono ricondurre al comportamento della USL che avrebbe accertato, attraverso la successiva stabilizzazione, la “connotazione sostanziale” dei pregressi rapporti come rapporti di lavoro dipendente, la fondatezza di un riconoscimento in tal senso dei rapporti di lavoro autonomo, dovendosi, peraltro, rilevare la novità della relativa questione che non risulta nei suddetti termini mai formulata nel corso del giudizio di merito;
14. da tanto consegue che il ricorso proposta da K.F.S. e A.M. deve essere respinto;
15. quanto alla regolamentazione delle spese, devono essere integralmente compensate le spese del giudizio di legittimità relativamente al rapporto tra P.S. e l’Azienda USL di Bologna per le ragioni indicate dalla sopra richiamata Cass. n. 8980/2018 oltre che per essere state le stesse già definite in tal senso in sede di atto transattivo (v. pag. 2 atto di rinuncia);
16. quanto al rapporto tra K.F.S. e A.M. e l’Azienda, le spese seguono la soccombenza;
17. occorre dare atto, ai fini e per gli effetti indicati da Cass., S.U., n. 4315/2020, della sussistenza delle condizioni processuali richieste dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, quanto ai soli ricorrenti K.F.S. e A.M..
PQM
La Corte dichiara cessata la materia del contendere tra P.S. e l’AUSL di Bologna e compensa tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità; rigetta il ricorso proposto da K.F.S. e A.M. e condanna i ricorrenti al pagamento, in favore dell’AUSL controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 6.000,00 per compensi professionali oltre accessori di legge e rimborso forfetario in misura del 15%.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma-1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei soli ricorrenti K.F.S. e A.M., dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto, per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 27 maggio 2021.
Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2021