Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.33436 del 11/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 34877-2019 proposto da:

C.C., elettivamente domiciliata in ROMA, CIRCONVALLAZIONE CLODIA 120, presso lo studio dell’avvocato PIERMARINI ALESSANDRO, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato CIOLLARO BIAGIO;

– ricorrente –

contro

P.C., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA G. G. BELLI N. 36, presso lo studio dell’avvocato PARDINI LUCA, rappresentato e difeso dall’avvocato D’ANNIBALLE DENISE;

– controricorrente –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositato il 13/09/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10/06/2021 dal Consigliere Dott. SCARPA ANTONIO.

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

C.C. impugna, articolando tre motivi di ricorso per “violazione e/o falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c., art. 96 c.p.c., comma 3 e art. 742 c.p.c.”, “nullità delle pronunce di condanna” anche in relazione all’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, ed omesso esame di fatto decisivo il decreto reso in data 13 settembre 2019 dalla Corte d’appello di Firenze sulla domanda di revoca ex art. 742 c.p.c. avanzata dalla medesima ricorrente l’ordinanza n. 1166/2019 del 2 luglio 2019 (a sua volta oggetto di ricorso per cassazione).

P.C. resiste con controricorso.

L’ordinanza del 2 luglio 2019 della Corte d’appello di Firenze rigettò il reclamo proposto da C.C. avverso il provvedimento del Tribunale di Lucca, con il quale era stata respinta la domanda dei condomini C. e B. volta alla revoca giudiziale di P.C. dall’incarico di amministratore del Condominio di via Trieste n. 207. La Corte d’appello condannò C.C. al pagamento delle spese processuali, nonché al pagamento di un’ulteriore somma ex art. 96 c.p.c., comma 3, per la “grave infondatezza delle ragioni a sostegno del reclamo e la temerarietà del comportamento processuale”. Il decreto pronunciato il 13 settembre 2019 dalla Corte d’appello di Firenze ha poi respinto la domanda di revoca ex art. 742 c.p.c., in quanto fondata sul presupposto della erroneità della condanna alle spese statuita nell’ordinanza del 2 luglio 2019.

I motivi di ricorso di C.C. reiterano quelli già formulati nel ricorso R.G. 29860-2019 (deciso da questa Corte con ordinanza 6 maggio 2021 n. 11866), con cui venne impugnata per cassazione l’ordinanza del 2 luglio 2019. Si deduce che il provvedimento di revoca dell’amministratore di condominio non possa contenere alcuna statuizione sulle spese, censurando poi la mancanza di motivazione e la condanna per responsabilità aggravata ai sensi dell’art. 96 c.p.c., comma 3. Su proposta del relatore, che riteneva che il ricorso potesse essere dichiarato inammissibile, con la conseguente definibilità nelle forme di cui all’art. 380-bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 1), il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio.

La ricorrente ha presentato memoria e dichiarato altresì di rinunciare ai motivi di ricorso riguardanti la condanna alle spese ex art. 91 c.p.c. (con ciò rendendo superflua una decisione in ordine alla fondatezza o meno di tali censure), insistendò invece per la illegittimità del provvedimento impugnato quanto alla mancata revoca della condanna ex art. 96 c.p.c..

Va premesso che il decreto con il quale la corte di appello provvede sul reclamo in ordine alla domanda di revoca dell’amministratore di condominio, ai sensi dell’art. 742 c.p.c., può essere revocato o modificato dalla stessa corte di appello per preesistenti vizi di legittimità o per un ripensamento sulle ragioni che indussero ad adottarlo, mentre resta attribuita al tribunale, quale giudice di primo grado, la competenza a disporne la revisione sulla base di fatti sopravvenuti (Cass. Sez. 6 – 2, 18/03/2019, n. 7623).

In ogni – modo, le censure introdotte sono contrarie ai consolidati orientamenti di questa Corte sulle questioni di diritto decise, senza offrire elementi che inducano a confermare o mutare tali orientamenti, e ciò agli effetti dell’art. 360-bis c.p.c., n. 1.

Secondo tali orientamenti, è inammissibile il ricorso per cassazione, ai sensi dell’art. 111 Cost., avverso il decreto con il quale la corte d’appello provvede sul reclamo contro il decreto del tribunale in tema di revoca dell’amministratore di condominio, previsto dagli art. 1129 c.c. e 64 disp. att. c.c., così come quello che decida sulla relativa istanza di revoca ex art. 742 c.p.c., trattandosi di provvedimenti di volontaria giurisdizione; tale ricorso e’, invece, ammissibile soltanto avverso la statuizione relativa alla condanna al pagamento delle spese del procedimento, concernendo posizioni giuridiche soggettive di debito e credito discendenti da un rapporto obbligatorio autonomo (Cass. Sez. 6 – 2, 11/04/2017, n. 9348; Cass. Sez. 6 – 2, 30/03/2017, n. 8283; Cass. Sez. 6 – 2; Cass. Sez. 6 – 2, 01/07/2011, n. 14524; Cass. Sez. U, 29/10/2004, n. 20957).

E’ parimenti del tutto conforme all’orientamento interpretativo di questa Corte, consolidatosi sulla base del principio enunciato da Cass. Sez. U, 29/10/2004, n. 20957, la conclusione che il procedimento diretto alla revoca dell’amministratore di condominio soggiace al regolamento delle spese ex art. 91 c.p.c..

Ogni altro profilo legato alla legittimità dell’ordinanza del 2 luglio 2019 resta precluso dall’intervenuta decisione sul ricorso R.G. 29860-2019, con cui quel provvedimento venne impugnato per cassazione. Nella ordinanza 6 maggio 2021 n. 11866 di questa Corte si è affermata anche la insindacabilità della condanna alla somma ex art. 96 c.p.c., comma 3, di C.C. per la “grave infondatezza delle ragioni a sostegno del reclamo e la temerarietà del comportamento processuale” statuita dalla Corte d’appello di Firenze nella ordinanza n. 1166/2019 del 2 luglio 2019. Tanto meno può essere censurata davanti alla Corte di Cassazione la decisione della Corte d’appello che non abbia revocato, ai sensi dell’art. 742 c.p.c., la condanna per responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c. già disposta provvedendo sul reclamo in ordine alla domanda di revoca dell’amministratore.

Il ricorso va perciò dichiarato inammissibile e la ricorrente va condannata a rimborsare al controricorrente le spese del giudizio di cassazione nell’ammontare liquidato in dispositivo.

Sussistorio i presupposti processuali per il versamento – ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, – da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente a rimborsare al controricorrente le spese sostenute nel giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 3.200,00, di cuì Euro 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 6 – 2 Sezione civile della Corte suprema di cassazione, il 10 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2021

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