LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –
Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –
Dott. CASADONTE Annamaria – rel. Consigliere –
Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –
Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 5357-2020 proposto da:
C.D., rappresentato e difeso dall’avvocato Biagi Luca con studio in Scandicci;
– ricorrente –
contro
B.P., B.G. rappresentati e difesi dall’avvocato Pinellini Claudio e dall’avvocato Cavallo Marcello con studio in Firenze;
– controricorrente –
e contro
EREDITA’ GIACENTE DEL DEFUNTO B.M.;
– intimata –
avverso la sentenza n. 2747/2019 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 20/11/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10/06/2021 dal Consigliere Casadonte Annamaria.
RILEVATO
Che:
– il sig. C.D. ha impugnato la sentenza della Corte di appello di Firenze la quale, confermando la decisione del giudice di prime cure, ha rigettato la di lui domanda volta a dichiarare l’acquisto del diritto di proprietà di un immobile sito in Scandicci per intervenuta usucapione;
– a sostegno della domanda l’attore aveva allegato di aver avuto la piena disponibilità dell’immobile a seguito della cessione del contratto preliminare intervenuta con scrittura privata del 3/9/1984 con P.A., la quale – a sua volta – in forza del contratto preliminare del 13 gennaio 1984 aveva promesso di acquistarlo dai convenuti B.P. e B.G. in proprio e quali eredi di B.M.;
– il Tribunale di Firenze riteneva la domanda infondata in quanto l’accertata relazione di fatto del C. con il bene doveva essere qualificata come mera detenzione per essere sorta a seguito della cessione della posizione di promittente acquirente intervenuta con la scrittura privata stipulata con la P. nel 1984;
– la conclusione – motivava il primo giudice – non era smentita dal riferimento atecnico “all’acquisto” da parte del C. contenuto nella lettera di B.M. del 29 luglio 1985, né dalla prova, non fornita dall’attore, di atti interversio possessionis ex art. 1141 c.c.;
– la Corte d’appello, sul gravame proposto dal C. e dopo aver disposto l’integrazione del contraddittorio nei confronti del curatore dell’eredità giacente di B.M., ha respinto l’impugnazione, ritenendo irrilevante la mancata produzione del contratto preliminare tra Bilenchi e P., essendo la sua esistenza pienamente asseverata dalla successiva scrittura privata intervenuta fra il C. e la signora P.;
– la Corte fiorentina ha, inoltre, evidenziato la mancata dimostrazione dei presupposti del possesso in capo al C. diversi da quelli desumibili dai due contratti, atteso che anche i testi avevano temporalmente confermato l’inizio del possesso in concomitanza con la cessione della posizione di promissaria acquirente di cui alla scrittura del 3 settembre 1984;
– la Corte d’appello ha altresì rilevato come l’accertata detenzione non era stata seguita da alcun atto di interversione del possesso;
– infine, la Corte d’appello ha ribadito come il riferimento “al fondo da lei acquistato” presente nella lettera del 29/7/1985 sottoscritta da B.M. non aveva valore di prova della dismissione del possesso da parte del titolare formale del bene, in quanto il riferimento all’acquisto era del tutto tecnico, visto che, in assenza di prova dell’intervenuto contratto definitivo, nessun acquisto poteva dirsi intervenuto;
– conseguentemente, ad avviso della Corte territoriale il tenore della missiva se era idoneo ad indicare la consapevolezza di B.M. della detenzione da parte del C., non autorizzava ad inferire alcuna dismissione del possesso da parte dei tre comproprietari Bilenchi;
– la cassazione della sentenza d’appello è chiesta sulla base di un unico articolato motivo, illustrato da memoria, cui resistono con controricorso B.P. e B.G.;
-non ha svolto attività difensiva l’intimata Eredità Giacente di B.M..
CONSIDERATO
Che:
– il primo motivo con cui si chiede, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, l’annullamento della sentenza impugnata in relazione agli artt. 1350,1351,1325 e 2697 c.c. è inammissibile;
– secondo il ricorrente, la Corte d’appello di Firenze avrebbe fatto riferimento ad un atto, il contratto preliminare di compravendita, che non è stato prodotto in giudizio e l’errore motivazionale in diritto consisterebbe nell’aver presupposto la sua esistenza solo attraverso un altro atto, ovvero la successiva scrittura privata del 3 settembre 1984 che, indirettamente, fa riferimento al preliminare violando il chiaro disposto normativo per il quale per il contratto preliminare avente ad oggetto beni immobili si prevede la forma scritta a pena di nullità; dall’allegata nullità del contratto preliminare intercorso fra Bilenchi e P. deriverebbe a cascata la nullità della scrittura privata di cessione stipulata con la P. e l’inesistenza di una relazione con l’immobile fondata sulla detenzione;
– a ciò conseguirebbe, ulteriormente, che non sarebbe stata superata la presunzione del possesso ex art. 1141 c.c.;
– il ricorrente denuncia altresì l’errato superamento della presunzione di possesso, desumibile anche dalle testimonianze dei sigg.ri F. e R. che avevano descritto l’attività uti dominus dallo stesso svolta;
– la riferita doglianza, oltre ad essere inammissibile ex art. 348 c.p.c., commi 4 e 5, ove formulata ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, attesa la fattispecie della c.d. doppia conforme, lo è anche perché non si confronta con il principio correttamente applicato dal giudice del merito, secondo cui i limiti legali di prova di un contratto per il quale sia richiesta la forma scritta “ad substantiam” operano esclusivamente quando il suddetto contratto sia invocato in giudizio, tra le medesime parti negoziali, come fonte di reciproci diritti ed obblighi, e non anche quando se ne invochi l’esistenza come semplice fatto storico influente sulla decisione. (Cass. n. 26003-2010);
– nel caso di specie, il giudice, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente anche nella memoria, si riferisce al contratto preliminare non come “fonte” di reciproci obblighi, ma piuttosto per indicare il fatto storico della stipulazione;
– trattandosi di fatto storico, la prova dell’esistenza del contratto non è soggetta al limite legale della forma scritta e, pertanto, appare inammissibile la critica alla ratio decidendi che ha ritenuto superata la presunzione di possesso ex art. 1141 c.c.;
– il ricorrente non attinge poi le ulteriori rationes decidendi poste dalla corte d’appello a sostegno del rigetto della domanda del ricorrente e, in particolare, la mancata allegazione di circostanze che giustifichino l’instaurazione della relazione di fatto con il bene immobile a prescindere dalla scrittura privata del 3 settembre 1984, la considerazione che la condotta di pagamento degli oneri condominiali, gli interventi di manutenzione ordinaria del C., come riferita dai testi, non configurano comportamenti oppositivi al proprietario ma sono del tutto compatibili con una disponibilità del garage a titolo di detenzione;
– da ultimo, poi, il ricorrente non attinge l’argomento dell’irrilevanza del riferimento all’acquisto contenuto nella lettera a firma di B.M. del 29/7/1985;
– va, dunque, ribadita l’inamissibilità del ricorso, cui consegue, in applicazione del principio della soccombenza, la condanna del ricorrente alla rifusione delle spese di lite a favore dei controricorrenti;
– sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese di lite a favore dei controricorrenti e liquidate in Euro 3000,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi, oltre 15% per rimborso spese generali ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione civile-2, il 10 giugno 2021.
Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2021
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