LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –
Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –
Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –
Dott. FORTUNATO Giuseppe – rel. Consigliere –
Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17047/2020 R.G., proposto da:
F.A., rappresentato e difeso da sé stesso, con domicilio eletto in Roma, Via Comano n. 95;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona dei Ministro p.t.;
– intimato –
avverso l’ordinanza del Tribunale di Venezia, depositata in data 16.10.20190.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 10.6.2021 dal Consigliere Fortunato Giuseppe.
RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE 1. L’avv. F.A. ha chiesto la liquidazione dei compenso per la difesa d’ufficio di Baicu Georghe, resosi irreperibile dopo un periodo di custodia cautelare.
Il ricorrente ha dedotto che, dopo aver richiesto informazioni all’amministrazione penitenziaria presso il campo nomadi di Ponte di Brenta e nel Comune di Padova, senza ottenere alcun esito, non aveva avviato iniziative giudiziali per il recupero del credito professionale, poiché destinate a rimanere infruttuose.
Il tribunale ha respinto la richiesta di liquidazione, ritenendo indimostrato che l’imputato fosse irreperibile anche nello Stato di provenienza o che non fosse possibile recuperare il credito anche all’estero, osservando inoltre che non erano state svolte ricerche presso i Carabinieri di Granarolo, che, da notizie assunte, avevano indagato il Baicu di recente.
La cassazione dell’ordinanza è chiesta da F.A. con ricorso in due motivi, illustrati con memoria.
Il Ministero della giustizia è rimasto intimato.
Su proposta del relatore, secondo cui il ricorso, in quanto manifestamente inammissibile, poteva esser definito ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5 c.p.c., il Presidente ha fissato l’adunanza in camera di consiglio.
1. Il primo motivo denuncia la violazione del D.P.R. n. 115 del 2002, artt. 116 e 117, sai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, sostenendo che non era necessario svolgere ricerche più complesse circa la residenza della parte a cui favore era stata svolta la difesa, né occorreva agire in giudizio per ottenere il pagamento del compenso, poiché, data l’irreperibilità dell’imputato, tali iniziative sarebbero risultate sicuramente infruttuose, traducendosi in un inutile aggravio di spese a carico dell’erario.
Il secondo motivo denuncia l’omesso esame di un fatto decisivo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per non aver il tribunale esaminato gli atti allegati al ricorso, e segnatamente le richieste di informazioni rivolte al Campo nomadi di Padova, al Consolato di Romania e alla Questura di Padova, comprovanti le ricerche volte ad individuare il luogo di residenza dell’assistito.
I due motivi possono essere esaminati congiuntamente e vanno dichiarati inammissibili ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c., n. 1.
Il tribunale – conformandosi al costante insegnamento di questa Corte, che non si ha motivo di rimeditare – ha respinto la domanda di liquidazione, osservando che il difensore non aveva profuso uno sforzo adeguato nella ricerca dell’imputato, né aveva dimostrato che questi fosse irreperibile anche nello Stato di appartenenza e che quindi fosse impedito il recupero del credito all’estero (cfr. ordinanza, pag. 1), essendo – comunque – indiscusso che, pur in assenza di una dichiarazione formale di irreperibilità, non sia stata avviata alcuna iniziativa giudiziale volta ad ottenere un titolo giudiziale di condanna della parte difesa in sede penale.
Va osservato che il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 116, nel prevedere che l’onorario e le spese spettanti al difensore di ufficio sono liquidate dal magistrato, nella misura e con le modalità previste dall’art. 82, ed è ammessa opposizione ai sensi dell’art. 84, quando il difensore dimostri di aver esperito inutilmente le procedure per il recupero dei crediti professionali, configura un sistema di provvisoria anticipazione del compenso, riconoscendo all’erario il diritto di recuperare dalla parte gli importi versati.
Qualora l’irreperibilità non sia stata dichiarata con provvedimento formale, la corresponsione del compenso è perciò sottoposta alla condizione che il difensore dimostri di avere attivato inutilmente le procedure per il recupero del credito professionale, mediante un serio e non pretestuoso tentativo di ottenere il pagamento da parte dell’imputato (Cass. 8359/2020; Cass. 11720/2019; Cass. 3673/2019; Cass. 7067/2018).
Tali iniziative di recupero costituiscono un passaggio obbligato per chiedere la liquidazione ai sensi delle citate disposizioni (Cass. 5609/2019), ad eccezione delle ipotesi in cui il patrocinato sia stato dichiarato irreperibile con provvedimento espresso, nel qual caso il difensore d’ufficio non ha l’onere di effettuare alcuna ricerca o di avviare alcuna iniziativa (Cass. 20967/2017; Cass. 13816/2019; Cass. 2923/2020).
Quindi, il ricorrente, non avendo tentato il recupero giudiziale del credito, non aveva titolo ad ottenere la liquidazione a carico dell’erario.
Peraltro il tribunale ha posto anche in rilievo che non vi era prova che l’imputato fosse irreperibile anche nel paese di provenienza (e che non fosse possibile recuperare il credito anche all’estero: cfr. ordinanza, pag. 1), ciò dopo aver considerato insufficienti le ricerche svolte dal ricorrente, sostenendo che “la residenza o il domicilio dell’imputato avrebbero potuto essere individuati tramite l’assunzione di informazioni presso i carabinieri di Granarolo che lo avevano indagato di recente”, con apprezzamento che esclude comunque anche la violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, sebbene la pronuncia non abbia dato conto di tutte le risultanze processuali (Cass. s.u. 8053/2014).
Il ricorso è quindi inammissibile.
Nulla sulle spese, non avendo il Ministero svolto difese.
Si dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso.
Dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2021