Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Sentenza n.33468 del 11/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – rel. Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 29493/2015 proposto da:

CREA – CONSIGLIO PER LA RICERCA IN AGRICOLTURA E L’ANALISI DELL’ECONOMIA AGRARIA, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI n. 12;

– ricorrente –

contro

P.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VICOLO DEL BUON CONSIGLIO n. 31, presso lo studio dell’avvocato ENRICA ISIDORI, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 681/2015 della CORTE D’APPELLO di CATANIA, depositata il 11/06/2015 R.G.N. 99/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 14/07/2021 dal Consigliere Dott. CATERINA MAROTTA;

il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CELESTE Alberto, visto il D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 23, comma 8 bis, convertito con modificazioni nella L. 18 dicembre 2020, n. 176, ha depositato conclusioni scritte.

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’appello di Catania, con sentenza n. 681/2015, rigettava l’appello proposto dal Consiglio per la Ricerca e la Sperimentazione in Agricoltura (C.R.A.) nei confronti di P.A., già dipendente del Ministero delle Politiche Agricole con inquadramento B1 e dal 30.07.2003 con inquadramento in B2, e confermava in toto la sentenza del Tribunale locale che aveva accolto parzialmente il ricorso del P., volto ad ottenere l’inquadramento per equiparazione nel VI livello del c.c.n.l. del settore Ricerca, quale collaboratore amministrativo (inizialmente allo stesso riconosciuto dall’Amministrazione e poi revocato in sede di autotutela), per essere lo stesso transitato dai ruoli del Ministero a quelli del C.R.A. a decorrere dal 1 settembre 2008, con decorrenza giuridica ed economica dal 31 dicembre 2005.

2. La Corte territoriale preliminarmente esponeva che P.A. era transitato dai ruoli del Ministero suddetto a quelli del C.R.A. per effetto del D.Lgs. n. 454 del 1999, e del successivo accordo integrativo stipulato in data 4 ottobre 2007.

Rilevava, poi, che, a fronte della valutazione di equivalenza delle mansioni, operata dall’accordo integrativo, sarebbe stato inammissibile l’inquadramento del P. al livello VII, inferiore rispetto al VI livello, in quanto tale livello era assegnato ai dipendenti con posizione economica B1 mentre il ricorrente già nel 2003, tramite superamento di una selezione interna, era stato inquadrato nella posizione economica B2.

Riteneva che il mancato possesso del diploma di scuola secondaria di secondo grado in capo al P. non individuasse uno sbarramento all’inquadramento nel VI livello per lo stesso. Difatti, la fattispecie di causa era da inquadrarsi non in un accesso dall’esterno del personale, bensì nell’ambito di una procedura di equiparazione.

Assumeva che, ai fini dell’inquadramento nel livello VI del c.c.n.l. del 7 aprile 2006, il principio di equivalenza del titolo di studio nel comparto di provenienza con quello corrispondente nel comparto di ricerca, previsto quale titolo di accesso dal c.c.n.l. all’art. 6, dovesse essere inteso secondo i criteri rimessi alla contrattazione integrativa in relazione alle diverse posizioni di inquadramento.

Evidenziava che per l’accesso alla posizione B2 comparto Ministeri era richiesto il titolo di studio di scuola secondaria di secondo grado così come previsto per il profilo di collaboratore di amministrazione nel comparto Ricerca.

Rilevava che la contrattazione integrativa, all’art. 8, non aveva richiesto il possesso concreto del diploma di scuola secondaria di secondo grado per l’accesso a tale livello, ma aveva previsto l’equivalenza tra il titolo richiesto nel comparto di provenienza e quello di destinazione, oltre all’equivalenza dei compiti propri del profilo.

Riteneva che il P. avesse dimostrato la propria professionalità e responsabilità già a seguito del superamento della procedura interna, con il passaggio dalla posizione economica B1 a quella B2, a cui era stato ammesso per esperienza maturata (quattro anni) in posizione economica Bl, e che, pertanto, non potesse considerarsi ammissibile un inquadramento inferiore a quello già precedentemente ottenuto dal dipendente.

Evidenziava che il P., già inquadrato in posizione economica B2, non potesse essere retrocesso ad una qualifica inferiore con assegnazione a mansioni inferiori rispetto al livello di inquadramento posseduto nell’Ente di provenienza.

Riteneva che tale assunto trovasse implicita conferma nel bando di procedura selettiva indetta dal C.R.A. in relazione al personale di cui all’art. 9, commi 5 e 6, che confermava la possibilità di supplire alla mancanza del titolo di studio con l’esperienza lavorativa pari ad almeno quattro anni.

3. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso il Consiglio per la ricerca in Agricoltura e l’Analisi dell’Economia Agraria (C.R.E.A.), nato a seguito della incorporazione dell’Istituto nazionale di economia agraria (I.N. E.A.) nel Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura (C.R.A.), L. 23 dicembre 2014, n. 190, ex art. 1, comma 382, con un unico motivo.

4. P.A. ha presentato regolare controricorso.

5. Il Procuratore Generale ha presentato requisitoria scritta concludendo per il rigetto del ricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 454 del 1999, art. 9, commi 3, 5 e 6, dell’art. 6 c.c.n.l. 7 aprile 2006 del personale del comparto delle istituzioni e degli enti di ricerca, del D.P.R. n. 171 del 1991 – allegato 1, dell’art. 7 accordo integrativo 4 ottobre 2007 -, nonché del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 40, degli artt. 1362 e 1367 c.c., e del c.c.n.l. Comparto Ministeri 1998-2001, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Censura lo svuotamento dell’art. 6, lett. a) operato dalla Corte territoriale ove la contrattazione prevede come requisito necessario l’equivalenza del titolo di studio, oltre che l’equivalenza per mansioni svolte nel profilo di provenienza e dunque per compiti di comparto.

Sostiene che la Corte territoriale avrebbe errato nel considerare la mera possibilità di supplire al possesso del titolo con l’anzianità professionale.

Assume che la contrattazione integrativa, così come intesa dalla Corte territoriale, comporta una violazione del contenuto precettivo del contratto collettivo, che non è derogabile dal contratto integrativo.

Rileva che lo scopo della tabella di equiparazione è quello di esplicitare i profili ed i livelli del personale confluito, nel passaggio dal C.R.A. al Ministero, seguendo i criteri di equivalenza del titolo di studio e di equivalenza dei compiti, e non quello di creare un mero automatismo equiparativo fra livelli di comparti radicalmente diversi per natura.

Sostiene che il D.Lgs. n. 454 del 1999, art. 9, ha inteso predisporre una diversa tutela per il personale proveniente dal comparto Ministeri rispetto al resto del personale individuato al comma 6, per il quale è prevista la conservazione della sola anzianità di servizio e non anche del profilo e del livello acquisiti, come avviene invece nel primo caso.

2. Il ricorso non può essere accolto.

2.1. Va innanzitutto rilevato un profilo di inammissibilità là dove il Consiglio ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione o falsa applicazione del contratto collettivo integrativo, posto che detta disposizione, come modificata dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, si riferisce ai soli contratti collettivi nazionali di lavoro, mentre i contratti integrativi, attivati dalle amministrazioni sulle singole materie e nei limiti stabiliti dai contratti collettivi nazionali, tra i soggetti e con le procedure negoziali che questi ultimi prevedono, se pure parametrati al territorio nazionale in ragione dell’amministrazione interessata, hanno una dimensione di carattere decentrato rispetto al comparto, e per essi non è previsto, a differenza dei contratti collettivi nazionali, il particolare regime di pubblicità di cui al D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 47, comma 8. Ne consegue che l’interpretazione di tali contratti è censurabile, in sede di legittimità, soltanto per violazione dei criteri legali di ermeneutica contrattuale ovvero per vizi di motivazione, nei limiti ora consentiti dal novellato art. 360 c.p.c., n. 5 (cfr. Cass. 17 febbraio 2014, n. 3681; Cass. 3 dicembre 2013, n. 27062; Cass. 19 marzo 2010, n. 6748; Cass. 19 marzo 2007, n. 6435 e da ultimo Cass. 15 febbraio 2021, n. 3829).

2.2. Quanto all’interpretazione della contrattazione collettiva nazionale, infondatamente il Crea sostiene che il P. non potesse conseguire l’inquadramento nel profilo professionale di ‘collaboratore di amministrazione di VI’ in quanto in possesso del solo diploma di scuola media inferiore e non di quello di scuola media superiore.

E infatti l’art. 6 del c.c.n.l. del 7 aprile 2006 del personale del comparto delle Istituzioni e degli Enti di Ricerca e Sperimentazione per il quadriennio normativo 2002-2005 ed il primo biennio economico 2002-2003, nel fissare i criteri per le procedure di equiparazione, stabilisce che nelle ipotesi di passaggio di personale proveniente da altri comparti di contrattazione questo verrà inquadrato nei livelli del comparto ricerca previa contrattazione integrativa nazionale di Ente sulle tabelle che, comunque, dovranno attenersi, pena nullità, ai seguenti criteri: a) equivalenza del titolo di studio previsto dall’inquadramento nel comparto di provenienza con quello corrispondente nel comparto ricerca; b) equivalenza dei compiti propri del profilo di inquadramento di origine con quelli del profilo di destinazione.

La suddetta disposizione pattizia stabilisce, dunque, che per il dipendente oggetto di passaggio dai ruoli di un Ente appartenente ad un diverso Comparto di contrattazione (e così dal Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali) ai ruoli di un Ente di Ricerca (e così al C.R.A.), debba essere verificata, per un verso, l’equivalenza dei compiti propri del profilo di inquadramento di provenienza con quelli del profilo di destinazione e, per altro verso, l’equivalenza del titolo di studio contemplato nel comparto di provenienza con quello corrispondente del comparto di ricerca.

Nello specifico sussistevano entrambi i requisiti atteso che le mansioni svolte dal P. presso il Ministero a quo (dove il predetto, a seguito di concorso interno, era stato inquadrato nell’area funzionale B2) erano le stesse del profilo di collaboratore amministrativo (VI livello) di cui all’iniziale inquadramento presso l’ente ad quem (poi revocato in sede di autotutela e giudizialmente preteso) e che il titolo di studio per l’inquadramento in B2 era equivalente a quello del profilo di collaboratore amministrativo (in conformità, d’altronde, a quanto previsto dall’art. 8 dell’Accordo integrativo, attuativo del citato art. 6).

Ne’ può ritenersi che, in presenza dei suddetti requisiti, il P. non potesse conseguire l’inquadramento nel VI livello per il fatto di non possedere il diploma di scuola media superiore, rilevando il suddetto titolo ai fini dell’equiparazione delle posizioni (v. D.Lgs. n. 454 del 1999, art. 9, comma 6, con riferimento al passaggio al C.R.A. del personale già appartenente al ruolo del Ministero e art. 6 del c.c.n.l. del 7 aprile 2006) e dell’accesso dall’esterno (v. l’all. A al D.P.R. n. 171 del 1991, che, quanto alle modalità di accesso al livello professionale del collaboratore di amministrazione, prevede il concorso pubblico nazionale per titoli ed esami ed individua quale requisito culturale il diploma di istruzione secondaria di secondo grado).

Diversamente, con l’inquadramento nell’inferiore VII livello (operatore di amministrazione), si sarebbe illegittimamente neutralizzata una progressione interna ottenuta presso il Ministero di provenienza e tale da consentire al P. l’inquadramento in B2 a prescindere dal titolo di studio richiesto per l’accesso dall’esterno a detta posizione; con evidente pregiudizio per la professionalità acquisita.

E si sarebbe, altresì, realizzato un illegittimo sottoinquadramento in un ruolo le cui mansioni, come risulta evidente dal D.P.R. n. 171 del 1991, art. 1, sono inferiori a quelle previste all’area funzionale di provenienza (B2).

3. Da tanto consegue che il ricorso deve essere respinto.

4. La regolamentazione delle spese segue la soccombenza, con distrazione.

5. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello prescritto per il ricorso, ove dovuto a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 5.000,00 per compensi professionali oltre accessori di legge e rimborso forfetario in misura del 15%, spese, da distrarsi in favore dell’avv. Enrica Isidori, antistataria.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 14 luglio 2021.

Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2021

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