Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.33505 del 11/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ESPOSITO Lucia – Presidente –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – rel. Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere –

Dott. BELLE’ Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3635-2020 proposto da:

UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI GENOVA, in persona del Rettore pro tempore, domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

H.I.T., M.C.C.M., R.C.E., T.C.R., C.E.H., N.D., RE.JA.LO., RO.JU., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CRESCENZIO 58, presso lo studio dell’avvocato SAVINA BOMBOI, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato MASSIMILIANO ALOI;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 359/2019 della CORTE D’APPELLO di GENOVA, depositata il 18/07/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio non partecipata del 10/06/2021 dal Consigliere Relatore Dott. DI PAOLANTONIO ANNALISA.

RILEVATO

che:

1. la Corte d’Appello di Genova ha respinto l’appello proposto dall’Università degli Studi di Genova avverso la sentenza del Tribunale della stessa sede che aveva condannato l’Ateneo a corrispondere ai collaboratori esperti linguistici, già lettori di lingua straniera, indicati in epigrafe i le differenze retributive maturate, a far tempo dal giugno 2006, fra il trattamento economico corrispondente a quello previsto per i ricercatori confermati a tempo definito e quello effettivamente percepito;

2. la Corte territoriale, riassunti i fatti di causa, ha evidenziato che la pretesa fatta valere in giudizio dagli ex lettori si fondava su precedente giudicato, intervenuto fra le stesse parti, che aveva definitivamente agganciato la retribuzione spettante ai collaboratori a quella del ricercatore confermato a tempo definito, senza tener conto della norma di interpretazione autentica dettata dalla L. n. 240 del 2010, art. 26, già in vigore alla data della pronuncia della stessa Corte d’appello n. 73/2013;

3. ha richiamato l’orientamento secondo cui nei rapporti giuridici di durata il giudicato esplica la propria efficacia anche nel tempo successivo alla sua emanazione con l’unico limite di una sopravvenienza, di fatto o di diritto, che muti il contenuto materiale del rapporto o ne modifichi il regolamento, sopravvenienza esclusa nella fattispecie perché il giudicato si era formato nella vigenza della norma interpretativa, della quale inammissibilmente l’Università lamentava, nel giudizio successivamente instaurato, l’errata applicazione;

4. la cassazione della sentenza è domandata dall’Università degli Studi di Genova sulla base di due motivi, ai quali hanno opposto difese con tempestivo controricorso i litisconsorti indicati in epigrafe;

5. la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata notificata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in Camera di Consiglio non partecipata;

6. i controricorrenti hanno depositato memoria.

CONSIDERATO

che:

1. il primo motivo del ricorso denuncia, ex art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c. perché il giudicato esterno può essere opposto solo qualora la pronuncia intervenuta fra le medesime parti sia chiara e precisa in ordine al contenuto ed alla portata della statuizione che deve costituire o l’oggetto diretto della decisione o un presupposto logico ed indefettibile della stessa, evenienze queste non riscontrabili nella fattispecie giacché la sentenza n. 72/2013 della Corte d’appello di Genova, che aveva applicato lo ius superveniens rappresentato dalla L. n. 63 del 2004, quanto alla norma di interpretazione autentica dettata dalla L. n. 240 del 2010, art. 26, conteneva solo un obiter dictum;

2. la seconda censura, egualmente ricondotta al vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 3, addebita alla Corte territoriale di avere violato la L. n. 240 del 2010, art. 26, perché dalla data di sottoscrizione del contratto in qualità di collaboratore esperto linguistico l’ex lettore ha diritto alla differenza, a titolo di assegno personale, fra la retribuzione determinata ai sensi del D.L. n. 2 del 2004 ed il trattamento previsto dalla contrattazione collettiva di comparto e decentrata, restando escluso che la retribuzione stessa possa rimanere agganciata anche per il periodo successivo alle dinamiche contrattuali previste per i ricercatori confermati a tempo definito;

3. il primo motivo di ricorso è inammissibile perché formulato senza il necessario rispetto degli oneri di specificazione e di allegazione di cui all’art. 366 c.p.c., n. 6 e all’art. 369 c.p.c., n. 4;

3.1. la denuncia di violazione del giudicato esterno se, da un lato, attribuisce a questa Corte il potere di “accertare direttamente l’esistenza e la portata del giudicato esterno con cognizione piena che si estende al diretto riesame degli atti del processo ed alla diretta valutazione ed interpretazione degli atti processuali, mediante indagini ed accertamenti, anche di fatto, indipendentemente dall’interpretazione data al riguardo dal giudice di merito” (Cass. S.U. n. 24664/2007), dall’altro richiede pur sempre che vengano assolti gli oneri richiamati nel punto che precede, per cui il ricorrente è tenuto a trascrivere nel ricorso, quantomeno nelle parti essenziali, il testo della sentenza che si assume passata in giudicato e ad indicare tempi, modo e luogo della produzione del documento nel giudizio di merito (Cass. n. 15737/2017 e Cass. S.U. n. 1416/2004);

3.2. è stato precisato al riguardo che “poiché la sentenza prodotta in un giudizio per dimostrare l’esistenza di un giudicato esterno rilevante ai fini della decisione assume rispetto ad esso – in ragione della sua oggettiva intrinseca natura di documento – la natura di una produzione documentale, il requisito di ammissibilità del ricorso per cassazione indicato dall’art. 366 c.p.c., n. 6, concerne, in tutte le sue implicazioni, anche una sentenza prodotta nel giudizio di merito, riguardo alla quale il motivo di ricorso per cassazione argomenti la censura della sentenza di merito quanto all’esistenza, alla negazione o all’interpretazione del suo valore di giudicato esterno” (Cass. n. 21560/2011 e negli stessi termini Cass. n. 12658/2014);

3.3. il ricorso non soddisfa i requisiti richiesti a pena di inammissibilità dall’art. 366 c.p.c., perché, oltre a non fornire indicazioni in ordine alle modalità della produzione documentale, si limita a trascrivere un minimo stralcio della motivazione, non sufficiente per valutare la fondatezza della critica mossa alla Corte territoriale, la quale, come evidenziato nello storico di lite, ha ritenuto che con il precedente giudicato, intervenuto quando già era vigente la norma di interpretazione autentica, fosse stato riconosciuto il diritto degli ex lettori a percepire il trattamento retributivo previsto per i ricercatori confermati a tempo definito, parametrato al numero di ore prestate, riconoscimento che, in assenza di sopravvenienze di fatto o di diritto, doveva spiegare effetti anche per il futuro;

4. l’inammissibilità del primo motivo è assorbente poiché, una volta ritenuto formato il giudicato sul parametro al quale rapportare la “giusta retribuzione” spettante all’ex lettore, non può assumere alcun rilievo l’asserita violazione della legge di interpretazione autentica;

5. le spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza e vanno poste a carico della ricorrente;

6. occorre dare atto della sussistenza delle condizioni processuali di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, ai fini e per gli effetti precisati da Cass. S.U. n. 4315/2020, perché l’esenzione prevista in via generale dal richiamato D.P.R. opera per le Amministrazioni dello Stato e non per gli enti pubblici autonomi, seppure autorizzati ad avvalersi del patrocinio dell’Avvocatura dello Stato.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità liquidate in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 6.000,00 per competenze professionali, oltre al rimborso spese generali del 15% ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto, per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 10 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2021

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