LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –
Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –
Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –
Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –
Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 28616-2019 proposto da:
C.I., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEL TRITONE n. 102, presso lo studio dell’avvocato PAOLO TAVONE, rappresentato e difeso dall’avvocato STEFANO COCO;
– ricorrente –
contro
O.M.T., M.M., M.B., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DELLA GIULIANA n. 82, presso lo studio dell’avvocato CANTARO FELICE ALESSANDRO, rappresentati e difesi dall’avvocato RICCARDO MALLUS;
– controricorrente –
e contro
V.S.;
– intimato –
avverso la sentenza n. 481/2019 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI, depositata il 30/05/2019;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio del 10/06/2021 dal Consigliere Dott. OLIVA STEFANO.
PREMESSO IN FATTO
C.I. evocava in giudizio innanzi il Tribunale di Cagliari O.M.T., M.B., M.M. e V.S., i primi tre come promittenti venditori, ed il quarto come mediatore immobiliare, invocando la declaratoria della risoluzione del contratto preliminare di compravendita immobiliare del 7.4.2005, perché il bene compromesso in vendita non aveva destinazione abitativa, ma uso ufficio, nonché la condanna dei convenuti alla restituzione delle somme percepite in acconto sul prezzo di vendita, i primi tre, e per la mediazione, il quarto.
Si costituivano i convenuti resistendo alla domanda.
Con sentenza n. 10/2016 il Tribunale accoglieva la domanda.
Interponevano appello O.M.T., M.M. e M.B. e si costituiva in seconde cure C.I., resistendo al gravame.
Con la sentenza impugnata, n. 481/2019, la Corte di Appello di Cagliari accoglieva l’impugnazione rigettando la domanda proposta da C.I..
Propone ricorso per la cassazione di detta decisione C.I. affidandosi a sei motivi.
Resistono con controricorso O.M.T., M.M. e M.B..
V.S., intimato, non ha svolto attività difensiva nel presente giudizio di legittimità.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il Relatore ha avanzato la seguente proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c.: “PROPOSTA DI DEFINIZIONE EX ART. 380-BIS C.P.C.
INAMMISSIBILITA, o comunque RIGETTO, del ricorso.
Con la sentenza impugnata, n. 481/2019, la Corte di Appello di Cagliari, in riforma della decisione di prima istanza, ha respinto la domanda proposta da C.I., promissaria acquirente, nei confronti dei promittenti venditori, di risoluzione del contratto preliminare sottoscritto tra le parti in data 7.4.2005. La Corte isolana ha in particolare ritenuto che, in base al tenore letterale del preliminare, le parti avessero compromesso un immobile ad uso ufficio, e da ciò ha ricavato l’infondatezza della doglianza dell’originaria attrice, che aveva lamentato il fatto che i promittenti venditori non avessero ottenuto il cambio di destinazione dell’immobile, da uso ufficio ad abitativo.
Il ricorso si articola in sei motivi, i primi tre dei quali, suscettibili di trattazione congiunta, attengono alla interpretazione del contatto fornita dal giudice di merito e sono inammissibili, in ragione del principio posto da Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 29111 del 05/12/2017, Rv. 646340; conf. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 420 del 12/01/2006, Rv. 586972, posto che le censure non riguardano l’inquadramento giuridico della fattispecie, ma la ricostruzione della volontà delle parti, che è un tipico accertamento di merito riservato al giudice di merito, e considerato cha la Corte cagliaritana ha fornito ampia e coerente motivazione, non inficiata da irriducibili contrasti logici, ritenendo decisive le risultanze letterali degli artt. 1, 3 e 8 del contratto preliminare.
Il quarto motivo, con cui si lamenta la violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, è inammissibile poiché, una volta esclusa la sussistenza dell’obbligo, da parte dei promittenti venditori, di assicurare il mutamento della destinazione d’uso del bene invocata dalla promissaria acquirente, non si configura alcun profilo di violazione del termine fissato nel preliminare per la stipulazione del rogito definitivo, a prescindere da qualsiasi considerazione circa la natura di detto obbligo. Nella stessa prospettazione di parte ricorrente, infatti (cfr. pag. 5 del ricorso), la mancata stipulazione del definitivo sarebbe stata causata dalla mancanza di autorizzazione al cambio di destinazione d’uso dell’immobile compromesso in vendita.
Il quinto motivo, rivolto contro l’ordinanza di correzione della sentenza impugnata – che ha integrato la decisione condannando l’odierna ricorrente anche alla restituzione di quanto percepito in base alla decisione di prime cure – è inammissibile, posto che la relativa richiesta era contenuta nelle conclusioni rassegnate in appello e tenuto conto che la statuizione costituisce diretta conseguenza dell’accoglimento del gravame, il cui effetto è la rimozione del provvedimento impugnato.
Il sesto motivo, relativo al governo delle spese, è inammissibile poiché la Corte di Appello ha applicato il principio generale della soccombenza”.
Il Collegio condivide la proposta del Relatore.
Non risultano depositate memorie.
Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile.
Le spese del presente giudizio di legittimità, da liquidare nei soli confronti dei controricorrenti, vanno poste a carico della parte soccombente.
Ricorrono i presupposti processuali di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, per il raddoppio del versamento del contributo unificato, se dovuto.
PQM
La Corte Suprema di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 6.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sesta-2 Sezione Civile, il 10 giugno 2021.
Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2021