Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.33564 del 11/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28443-2019 proposto da:

B.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GIOSUE’ SORSI n. 4, presso lo studio dell’avv. FEDERICA SCAFARELLI, rappresentato e difeso dall’avv. FEDERICO CASA;

– ricorrente –

contro

S.D., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA F.

CONFALONIERI n. 5, presso lo studio dell’avv. GIANLUCA CALDERARA, rappresentato e difeso dall’avv. ROBERTA NESTO;

– controricorrente –

avverso l’ordinanza della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 17/06/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10/06/2021 dal Consigliere Dott. OLIVA STEFANO.

PREMESSO IN FATTO

S.D. otteneva dal Tribunale di Venezia decreto ingiuntivo nei confronti di B.F. per il pagamento di Euro 100.000, somma pari al doppio della caparra versata giusta contratto preliminare di compravendita del 16.3.2015, dal quale egli era receduto perché il cespite compromesso in vendita era privo dei requisiti di agibilità.

Interponeva opposizione B.F. resistendo all’opposizione e deducendo che era il promissario acquirente a non aver rispettato le scadenze previste dal preliminare, in particolare non avendo comunicato, entro il termine contrattualmente stabilito del 30.12.2015, se egli intendesse ancora dare esecuzione al contratto o meno.

Con sentenza n. 2187/2018 il Tribunale rigettava l’opposizione.

L’appello proposto dal B. avverso la decisione di prima istanza veniva dichiarato inammissibile dalla Corte di Appello di Venezia con ordinanza del 22.6.2019.

Propone ricorso per la cassazione della sentenza di prime cure il B. affidandosi a tre motivi.

Resiste con controricorso S.D..

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il Relatore ha avanzato la seguente proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c.: “PROPOSTA DI DEFINIZIONE EX ART. 380-BIS COD. PROC. CIV. INAMMISSIBILITA’ del ricorso.

Con ordinanza del 17.6.2019 la Corte di Appello di Venezia dichiarava inammissibile il gravame proposto da B.F. avverso la sentenza n. 2187/2018 del Tribunale di Venezia con cui era stata rigettata l’opposizione a decreto ingiuntivo proposta dallo stesso B. avverso il provvedimento con cui il giudice di prime cure, su istanza di S.D., gli aveva ordinato il pagamento in favore di quest’ultimo della somma di Euro 100.000, pari al doppio della caparra confirmatoria dal medesimo versata in occasione della stipulazione del preliminare di compravendita del 16.5.2015, intercorso tra le parti. Il Tribunale aveva in particolare rilevato che il contratto preliminare prevedeva che entro il 30.9.2015 il B., promittente venditore, avrebbe dovuto assicurare la regolarizzazione dell’immobile sotto il profilo edilizio ed urbanistico, e che in caso contrario lo S. avesse la facoltà di manifestare la propria intenzione di procedere comunque all’acquisto, ovvero di concedere una proroga del termine fino al 31.12.2015, o ancora di sciogliersi dal contratto, in tale ultimo caso con obbligo del B. di restituire la caparra entro 20 giorni. Aveva poi ritenuto che lo S. avesse manifestato il proprio perdurante interesse alla stipula del definitivo, mediante diverse missive inviate dal 30.11.2015 in avanti, mentre il B., che non aveva ma dato inizio alla procedura per conseguire la regolarizzazione del bene compromesso in vendita, avesse tenuto una condotta incompatibile con l’adempimento del contratto preliminare. Su tali premesse logiche, il primo giudice aveva dichiarato legittimo il recesso alfine esercitato dal promissario acquirente. Ricorre per la cassazione di detta decisione il B. affidandosi a tre motivi, il terzo dei quali è icto oculi inammissibile in quanto contiene solo argomenti a favore della preliminare istanza di sospensione degli effetti della pronuncia impugnata.

Del pari inammissibili sono i primi due motivi, con i quali il ricorrente sostiene: con il primo, la natura perentoria del termine del 30.9.2015, entro il quale lo S. avrebbe dovuto manifestare la propria intenzione in relazione al progettato acquisto del cespite oggetto del preliminare, e la mancata valorizzazione, da parte del giudice di merito, del fatto che quegli, alla data suindicata, non avesse comunicato alcunché, essendo la sua prima missiva di due mesi successiva al decorso del termine di cui si discute; con il secondo motivo, invece, l’illegittima attribuzione al promissario acquirente del doppio della caparra, in assenza di una chiara manifestazione, da parte sua ed entro il termine predetto, della volontà di procedere all’acquisto. Le due censure attingono la complessiva valutazione del comportamento delle parti condotta dal Tribunale nell’ambito del giudizio sull’alterazione del sinallagma e si risolvono pertanto in un’istanza di riesame del merito, preclusa in questa sede (cfr. Cass. Sez. U, Sentenza n. 24148 del 25/10/2013, Rv. 627790)”.

Il Collegio condivide la proposta del Relatore.

Non risultano depositate memorie.

Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile.

Le spese del presente giudizio di legittimità vanno poste a carico della parte soccombente.

Ricorrono i presupposti processuali di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, per il raddoppio del versamento del contributo unificato, se dovuto.

PQM

La Corte Suprema di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 6.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta-2 Sezione Civile, il 10 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2021

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