LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –
Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –
Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –
Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –
Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 28883-2019 proposto da:
P.G. e C.G.G., rappresentati e difesi dall’avv. ANTIOCA GIOVANNA MARIA PISANU e domiciliati presso la cancelleria della Corte di Cassazione;
– ricorrenti –
contro
Z.P.N., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PIEMONTE n. 39, presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRA CALABRO’, rappresentato e difeso dall’avvocato GIUSEPPE LUIGI CUCCA;
– controricorrente –
e contro
S.F.;
– intimato –
avverso la sentenza n. 76/2019 della CORTE D’APPELLO SEZ.DIST. DI di SASSARI, depositata il 15/02/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10/06/2021 dal Consigliere Dott. OLIVA STEFANO.
PREMESSO IN FATTO
Con atto di citazione notificato il 14.6.1996 Z.P.N. evocava in giudizio innanzi la Pretura Circondariale di Nuoro S.F., C.G.G. e P.G., invocandone la condanna al risarcimento del danno derivante dall’inadempimento dei predetti al contratto di appalto avente ad oggetto la realizzazione di un immobile destinato a civile abitazione, a fronte dei vizi e difetti, nonché delle difformità rispetto al progetto, riscontrati nell’opera eseguita dai convenuti.
Nella resistenza di questi ultimi il Tribunale, con sentenza n. 11/2010, rigettava la domanda.
Interponeva appello avverso detta decisione la Z. e si costituivano in seconde cure, per resistere al gravame, gli appellati.
Con la sentenza impugnata, n. 76/2019, la Corte di Appello di Cagliari, sezione distaccata di Sassari, accoglieva il gravame, condannando gli appellati, in solido tra loro, al pagamento della somma di Euro 16.000 oltre accessori in favore dell’appellante.
Propongono ricorso per la cassazione di detta decisione P.G. e C.G.G..
Resiste con controricorso Z.P.N..
S.F., intimato, non ha svolto attività difensiva nel presente giudizio di legittimità.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il Relatore ha avanzato la seguente proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c.: “PROPOSTA DI DEFINIZIONE EX ART. 380-BIS COD. PROC. CIV. INAMMISSIBILITA’ del ricorso, articolato in due motivi, proposto avverso sentenza della Corte di Appello di Cagliari, Sezione distaccata di Sassari, che in accoglimento dell’appello proposto da Z.P.N. avverso la sentenza del Tribunale di Nuoro ha dichiarato gli appellati, odierni ricorrenti, responsabili di alcuni vizi riscontrati nell’immobile sito in territorio del Comune di Ottana, da essi realizzato in virtù di contratto di appalto concluso con la committente Z., e li ha condannati in solido al risarcimento del danno, liquidato in Euro 16.000.
I ricorrenti contestano, con il primo motivo, la qualificazione del contratto intercorso tra le parti sub specie di appalto, senza rapportarsi con il consolidato principio per cui il procedimento di interpretazione del contratto si compone di due fasi, la prima delle quali -consistente nella ricerca e nella individuazione della comune volontà dei contraenti- è un tipico accertamento di fatto riservato al giudice di merito, sindacabile in sede di legittimità solo per vizi di motivazione in relazione ai canoni di ermeneutica contrattuale di cui agli artt. 1362 e s.s. c.c., mentre la seconda -concernente l’inquadramento della comune volontà nello schema legale corrispondente- si risolve nell’applicazione di norme giuridiche e può quindi formare oggetto di verifica e riscontro in sede di legittimità sia per quanto attiene alla descrizione del modello tipico della fattispecie legale, sia per quanto riguarda la rilevanza qualificante degli elementi di fatto così come accertati, sia infine con riferimento alla individuazione delle implicazioni effettuali conseguenti alla sussistenza della fattispecie concreta nel paradigma normativo (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 29111 del 05/12/2017, Rv. 646340; conf. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 420 del 12/01/2006, Rv. 586972). Nel caso di specie, il giudice di merito ha valorizzato, ai fini della qualificazione del rapporto come appalto, da un lato il fatto che i due ricorrenti avessero operai alle loro dipendenze e dall’altro lato il valore delle prestazioni loro affidate, con statuizione che non risulta attinta in modo sufficientemente specifico dal motivo in esame, nel quale i ricorrenti si limitano a sostenere che le loro ditte individuali avrebbero piccole dimensioni, senza aver cura di indicare da quale elemento tale circostanza emergerebbe, né quando la relativa prova sarebbe stata introdotta nel giudizio di merito.
Con il secondo motivo, invece, i ricorrenti contestano il fatto che il giudice di merito abbia posto a fondamento della sua decisione le risultanze della C. T. U. esperita in seconde cure, ma da un lato non specificano di aver tempestivamente contestato le risultanze della relazione di consulenza tecnica nella prima difesa utile (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 19427 del 03/08/2017, Rv. 645178; conformi Cass. Sez. 3, Sentenza n. 4448 del 25/02/2014, Rv. 630339 e Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 15747 del 15/06/2018, Rv. 649414) e dall’altro non tengono conto del principio per cui quando il giudice di merito ritenga di aderire al parere dell’ausiliario non è tenuto ad esporne in modo specifico le ragioni, poiché l’accettazione del parere delinea già di per sé il percorso logico della decisione e ne costituisce adeguata motivazione, non suscettibile di censure in sede di legittimità, essendo il giudice di merito onerato solo di rispondere soltanto alle critiche specifiche e circostanziate mosse alla relazione peritale dai consulenti di parte o dai difensori, dando atto del motivo per cui ritenga di aderire all’una o all’altra delle soluzioni prospettate (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 15147 del 11/06/2018, Rv. 649560). Dovendosi, inoltre, ribadire che la valutazione delle prove e la scelta degli elementi ritenuti più rilevanti ai fini della formazione del libero convincimento appartiene al giudice di merito, “… il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata” (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 12362 del 24/05/2006, Rv. 589595: conf. Cass. Sez. 1, Sentenza n. 11511 del 23/05/2014, Rv. 631448; Cass. Sez. L, Sentenza n. 13485 del 13/06/2014, Rv. 631330)”.
Il Collegio condivide la proposta del Relatore.
In prossimità dell’adunanza camerale il controricorrente ha depositato memoria, il cui contenuto non offre argomenti nuovi rispetto al controricorso, essendo meramente reiterativt dello stesso.
Il ricorso, pertanto, dev’essere dichiarato inammissibile.
Le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
Ricorrono i presupposti processuali di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, per il raddoppio del versamento del contributo unificato, se dovuto.
PQM
La Corte Suprema di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento in favore della parte controricorrente delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.000 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta-2 Sezione Civile, il 10 giugno 2021.
Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2021