LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –
Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –
Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –
Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –
Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 28893-2019 proposto da:
D.M.G., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZALE GREGORIO VII n. 16, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI MARCHESE, che lo rappresenta e difende
– ricorrente –
contro
S.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GERMANICO n. 107, presso lo studio dell’avvocato CINZIA DE MICHELI, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato ALFREDO MONTEVERDE;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1121/2019 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 27/06/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10/06/2021 dal Consigliere Dott. OLIVA STEFANO.
PREMESSO IN FATTO
D.M.G. proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 585/2013 emesso dal Tribunale di Novara in favore di S.M. per il saldo dei compensi professionali dovuti allo stesso a fronte delle prestazioni di progettazione di una unità abitativa dal medesimo svolte in favore dell’opponente.
Nella resistenza dell’opposto, il Tribunale rigettava l’opposizione.
L’appello della D.M. avverso la decisione di prime cure veniva a sua volta rigettato, con la sentenza impugnata, n. 1121/2019.
Propone ricorso per la cassazione di detta decisione D.M.G., affidandosi a tre motivi.
Resiste con controricorso S.M..
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il Relatore ha avanzato la seguente proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c.: “PROPOSTA DI DEFINIZIONE EX ART. 380-BIS COD. PROC. CIV. INAMMISSIBILITA’ del ricorso, articolato in tre motivi, proposto avverso sentenza della Corte di Appello di Torino che ha confermato la decisione del Tribunale di Novara, con cui era stata respinta l’opposizione proposta da D.M.G. avverso il decreto ingiuntivo chiesto ed ottenuto, nei suoi confronti, da S.M., in relazione al compenso per opere di progettazione svolte nell’interesse dell’odierna ricorrente.
Con il primo e secondo motivo la ricorrente lamenta, rispettivamente, la mancata valutazione delle risultanze della deposizione resa da Merci Maria nell’ambito di un procedimento penale, che avrebbero efficacia di atto pubblico, (primo motivo) e la valutazione relativa all’attendibilità dei testimoni svolta dal giudice di merito (secondo motivo).
Il primo motivo è inammissibile, dovendosi ribadire il principio per cui il giudice civile, al di fuori dalle ipotesi previste negli artt. 651 e 652 c.p.p., deve valutare liberamente tanto le risultanze della sentenza penale pronunciata sui medesimi fatti oggetto del giudizio civile, quanto gli elementi di prova acquisiti nell’ambito di quel giudizio, ivi incluse le deposizioni testimoniali, le quali pertanto non hanno efficacia di atto pubblico né valenza probatoria privilegiata (Cass. Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 17316 del 03/07/2018, Rv. 649457).
Il secondo motivo è inammissibile, dovendosi ribadire che il motivo di ricorso non può mai risolversi in un’inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento del giudice di merito tesa all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, certamente estranea alla natura ed ai fini del giudizio di cassazione (Cass. Sez. U, Sentenza n. 24148 del 25/10/2013, Rv. 627790), né può avere ad oggetto la richiesta di una nuova e diversa valutazione delle risultanze istruttorie rispetto a quanto ritenuto dalla Corte territoriale, posto che l’apprezzamento delle prove e la scelta degli elementi ritenuti più rilevanti ai fini della formazione del libero convincimento appartiene al giudice di merito, “… il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata” (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 12362 del 24/05/2006, Rv. 589595: conf. Cass. Sez. 1, Sentenza n. 11511 del 23/05/2014, Rv. 631448; Cass. Sez. L, Sentenza n. 13485 del 13/06/2014, Rv. 631330).
Il terzo motivo, con il quale la ricorrente si duole del fatto che la Corte di Appello abbia confermato la statuizione di condanna ex art. 96 c.p.c. pronunciata dal Tribunale, è inammissibile perché detta norma può essere applicata anche d’ufficio in tutti i casi in cui, anche a prescindere dalla sussistenza dell’elemento soggettivo del dolo o della colpa grave (che non rappresenta un elemento costitutivo della fattispecie), si ritenga sussistere una condotta oggettivamente valutabile alla stregua di “abuso del processo”, quale l’aver agito o resistito pretestuosamente (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 27623 del 21/11/2017, Rv. 646080; conf. Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 29812 del 18/11/2019, Rv. 656160)”.
Il Collegio condivide la proposta del Relatore.
In prossimità dell’adunanza camerale la parte ricorrente ha depositato memoria, il cui contenuto non offre argomenti nuovi rispetto ai motivi di ricorso, essendo meramente reiterativa degli stessi.
Il ricorso, pertanto, dev’essere dichiarato inammissibile.
Le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
Ricorrono i presupposti processuali di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 comma 1-quater per il raddoppio del versamento del contributo unificato, se dovuto
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento in favore della parte controricorrente delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.500 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta-2 Sezione Civile, il 10 giugno 2021.
Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2021