Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.33597 del 11/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. DI MARZIO Mauro – rel. Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Luigi – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8478/2018 proposto da:

S.R., elettivamente domiciliata in Roma, Via Giulio Venticinque n. 23, presso lo studio dell’avvocato Urbani Paolo, rappresentata e difesa dall’avvocato Mussari Giovanni Vincenzo, giusta procura in calce alla memoria di costituzione di nuovo difensore;

– ricorrente –

contro

Associazione Amici del Conservatorio, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via G. Nicotera n. 29, presso lo studio dell’avvocato Acciardi Franca, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato Valseriati Flaminio, giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1490/2017 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA, pubblicata il 21/11/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 17/09/2021 dal cons. DI MARZIO MAURO.

RILEVATO IN FATTO

CHE:

1. – S.R. ricorre per sei mezzi, nei confronti dell’Associazione Amici del Conservatorio di Musica di Darfo Boario Terme, contro la sentenza del 21 novembre 2017, con cui la Corte d’appello di Brescia, provvedendo in parziale riforma della sentenza resa tra le parti dal locale Tribunale, ha condannato la S. al pagamento, in favore dell’Associazione, della somma di Euro 172.206,35, oltre accessori e spese.

2. – L’Associazione resiste con controricorso e deposita memoria.

CONSIDERATO IN DIRITTO

CHE:

3. – Il ricorso contiene i seguenti motivi:

1) Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., dell’art. 346c.p.c., dell’art. 22 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4 (error in procedendo).

2) Violazione e falsa applicazione degli artt. 18,22,1710 e 1713 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

3) Omesso esame e travisamento circa un fatto decisivo per la decisione. – (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) omesso esame del fatto storico dei finanziamenti effettuati da S.R..

4) Omesso esame e travisamento circa un fatto decisivo per il giudizio che stato oggetto di discussione tra le parti (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), in particolare, omesso esame delle critiche svolte alla CTU.

5) Violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nonché in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5.

6) Nullità della sentenza per error in procedendo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 per aver omesso ogni valutazione circa una istanza istruttoria (ordine di esibizione del Progetto Educarte) indispensabile al fine del decidere.

RITENUTO CHE:

4. – Il ricorso va respinto.

4.1. – Il primo mezzo è volto a sostenere che la Corte d’appello sarebbe incorsa in vizio di ultrapetizione perché avrebbe accolto una domanda dell’Associazione, quella di responsabilità ai sensi dell’art. 22 c.c., che l’associazione aveva proposto in primo grado ma non riproposto in appello, rinunciando altresì alla domanda di rendiconto.

Il motivo è infondato.

La sentenza impugnata contiene a pagina 2 la trascrizione delle conclusioni prese dall’Associazione, la quale ha chiesto accertarsi “che la S. ha indebitamente prelevato dai conti correnti intestati all’Associazione importi ammontanti ad almeno Euro 180.780,43, condannare l’appellata a restituire all’appellante l’importo”: tale la domanda su cui la Corte d’appello ha pronunciato, accogliendo in parte, sicché è da escludere la sussistenza del vizio di ultrapetizione.

4.2. – Il secondo mezzo è volto a sostenere che la Corte d’appello avrebbe errato a ritenere applicabile nei confronti della S., nella sua veste di presidente dell’associazione con mansione di tesoriere, la disciplina del mandato, giacché “per giurisprudenza costante e secondo quanto affermato dalla dottrina prevalente, il rinvio operato dall’art. 18 c.c. ha portata limitata essenzialmente all’art. 1710 c.c.”. Il motivo è infondato.

Il ricorso non indica gli asseriti precedenti giurisprudenziali conformi, né l’opinione dottrinale invocata: ma, al di là di tale osservazione, sta di fatto che, in forza dell’art. 18 c.c., “gli amministratori sono responsabili verso l’ente secondo le norme del mandato”, di guisa che la norma richiama espressamente l’intera disciplina concernente la responsabilità del mandatario, disciplina che dunque la Corte d’appello ha correttamente applicato alla S..

4.3. – Il terzo mezzo addebita alla Corte d’appello di non aver “dato alcun valore probatorio ai documenti prodotti da parte S. nel corso della esperita CTU”, e di aver “omesso ogni motivazione circa l’irrilevanza di un fatto storico provato, con documenti, nel corso della CTU, ovvero la effettuazione di bonifici in favore dell’associazione con la causale di “versamento””. Dopodiché il motivo, alle pagine 18-24, contiene un prospetto che ricapitola i versamenti in tesi effettuati.

Il motivo è inammissibile, prima ancora che infondato.

E’ cosa nota che il “fatto” cui si riferisce l’art. 360, n. 5 è uno specifico fatto storico che il giudice di merito abbia omesso di considerare e che, se considerato, avrebbe condotto ad una decisione diversa. Nel caso di specie, la censura, lungi dall’appuntarsi su un qualche specifico fatto storico che la Corte d’appello non avrebbe considerato, dissente dalla valutazione del giudice di merito, il quale ha ritenuto che la S. aveva “dedotto di avere effettuato “finanziamenti” in favore dell’associazione esponendo che alcuni dei movimenti di cui la controparte ha richiesto giustificazione, si riferiscono alla restituzione di tali “finanziamenti”; nel corso della consulenza tecnica la S. ha fatto pervenire un riepilogo “di finanziamenti che ella sostiene di aver erogato a favore dell’Associazione Amici del Conservatorio e dei prelievi considerati nella stessa come resi di tali finanziamenti ricevuti dall’Associazione”… Il consulente d’ufficio, in proposito, ha evidenziato dalla lettura della documentazione fornita dalla S. “risulterebbero giustificati tutti i pagamenti” precisando, però, che “tali giustificazioni non sono riscontrabili contabilmente” e “oggettivamente”… La effettuazione di alcuni bonifici in favore dell’associazione con la causale di “versamentò, non può costituire prova del fatto che la S. avesse diritto alla restituzione da essa stessa effettuata mediante prelievi sui conti dell’associazione; invero, il consulente d’ufficio non ha rinvenuto riscontro oggettivo di tali bonifici dei conti dell’associazione”.

Insomma, la Corte d’appello ha espressamente preso posizione sui versamenti effettuati dalla S., ed ha ritenuto che essi, in mancanza di pezze d’appoggio, non valessero a giustificare i prelievi dalla medesima S. effettuati dai conti della società: accertamento di merito, quest’ultimo, che la ricorrente ha inammissibilmente inteso rimettere in discussione.

4.4. – Il quarto mezzo sostiene che la Corte d’appello non avrebbe risposto alle critiche da essa rivolte alla consulenza tecnica d’ufficio espletata in primo grado: e ciò fa invocando il numero 5 dell’art. 360 c.p.c..

Il mezzo è inammissibile.

Questa Corte ha difatti già affermato che l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, nel cui ambito non è inquadrabile la consulenza tecnica d’ufficio, atto processuale che svolge funzione di ausilio del giudice nella valutazione dei fatti e degli elementi acquisiti (consulenza c.d. deducente) ovvero, in determinati casi (come in ambito di responsabilità sanitaria), fonte di prova per l’accertamento dei fatti (consulenza c.d. percipiente), in quanto essa costituisce mero elemento istruttorio da cui è possibile trarre il fatto storico, rilevato e/o accertato dal consulente (Cass. 24 giugno 2020, n. 12387).

4.5. – Il quinto mezzo sostiene che la Corte d’appello non avrebbe fatto corretto uso dei principi in tema di onere della prova, ritenendo che incombesse solo sulla S. l’onere di provare la inerenza delle movimentazioni contabili contestate e dei finanziamenti-pagamenti effettuati a favore o per conto dell’associazione: viceversa, secondo la ricorrente, essa S. non aveva la possibilità di produrre documentazione utile allo scopo, giacché “la copia di tale documentazione anche se è reperibile, può essere in possesso solo di chi era parte del rapporto… in forza del principio, di elaborazione giurisprudenziale di “vicinanza alla prova””.

Il motivo è inammissibile.

La Corte d’appello ha ritenuto che fosse la S. a dover provare che i suoi prelievi dai conti dell’associazione fossero effettivamente riferibili a ripetizione di esborsi fatti in favore di essa, affermazione, questa, correttamente tratta dall’art. 1713, comma 1, secondo cui il mandatario deve rendere al mandante il conto del suo operato; dopodiché la stessa Corte d’appello ha osservato che la stessa S., aveva “dedotto che gli esercizi gestionali sono stati approvati e deliberati e che il C. è in possesso della documentazione contabile relativo alla gestione 2004/2005… ma è stata dichiarata decaduta dal diritto di formulare istanze istruttorie”. Sicché è sufficiente osservare che la censura non attinge la complessiva ratio decidendi posta a sostegno della pronuncia impugnata, laddove essa ha addebitato alla S. di non aver provato quanto dovuto, per la menzionata decadenza, senza che occorra aggiungere che il principio di vicinanza della prova non può valere a ribaltare il riparto degli oneri probatori direttamente derivanti dalla legge, in questo caso dal citato art. 1713.

4.6. – L’ultimo mezzo lamenta che la Corte territoriale non avrebbe tenuto conto dell’istanza istruttoria di esibizione “della domanda di contributo del Progetto Educarte formulata da parte S. con la memoria ex art. 183, comma 5”: ma, a parte il fatto che il motivo si fonda sull’assunto, riguardo al quale il motivo non è autosufficiente, secondo cui alla domanda di contributo erano allegate le fatture di acquisto di beni e servizi ed i relativi pagamenti, esso non si misura con l’affermazione contenuta pagina 14 della sentenza secondo cui la decadenza dalle istanze istruttorie era dipesa dall’inosservanza dei termini per il deposito delle relative memorie.

5. – Le spese seguono la soccombenza. Sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato se dovuto.

PQM

rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso, in favore della controricorrente, delle spese sostenute per questo giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 6.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15% ed agli accessori di legge dando atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, che sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 17 settembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2021

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