LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –
Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – rel. Consigliere –
Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –
Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –
Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 24542/2020 proposto da:
D.F., D.M.A., V.T., elettivamente domiciliati in Roma, Via del Monte Oppio 5, presso lo studio dell’avvocato Francesco Pascucci e rappresentati e difesi dall’avvocato Luigi Rotondi, in forza di procura speciale a margine del ricorso;
– ricorrenti –
contro
C.A., C.M.C., C.R. tutti nella qualità di eredi di G.S. (deceduta);
Procuratore Generale Corte Appello Napoli;
Procuratore Generale Corte Cassazione;
V.M.D., V.M.A.;
– intimati –
nonché contro C.A., C.M.C., C.R. tutti nella qualità di eredi di G.S. (deceduta), elettivamente domiciliati in Roma, Via Ridolfino Venuti 20, presso lo studio dell’avvocato Francesco Orsomarso e rappresentati e difesi dall’avvocato Spartico Capocefalo in forza di procura in calce al controricorso;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 6080/2019 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 16/12/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 20/09/2021 dal Consigliere SCOTTI UMBERTO LUIGI CESARE GIUSEPPE.
FATTI DI CAUSA
1. Con ricorso depositato il 12/5/2014 G.S. ha citato dinanzi al Tribunale di Benevento gli eredi di V.M., nato a ***** e deceduto a *****, e cioè i signori M., T., M.A. e V.M. e F. e D.A. per sentir accertare e dichiarare il proprio stato di figlia naturale del defunto con tutte le conseguenze di legge.
La ricorrente, nata a *****, inizialmente registrata come F.S., era stata riconosciuta dalla madre naturale, V.R., e successivamente, a seguito di matrimonio di quest’ultima con G.A., riconosciuta figlia legittima di entrambi, benché, come rivelatole in presenza di testi dalla madre, ella fosse in realtà figlia del predetto V.M..
Si sono costituiti separatamente, chiedendo dichiararsi improcedibile o inammissibile la domanda, da un lato, D.M. e V.M.A., quest’ultimo anche in qualità di procuratore di V.M., poi deceduta in corso di giudizio, e, dall’altro, T. Vetere e F. e D.A..
Con ordinanza del 6/6/2016 il Tribunale ha rilevato che nelle more dei termini per il deposito degli scritti conclusionali era sopravvenuta la sentenza, passata in giudicato, di disconoscimento di paternità dell’attrice G.S. per difetto di veridicità nei confronti di G.A. e ha ritenuto per questa ragione superata l’eccezione di difetto di una condizione di ammissibilità dell’azione di riconoscimento di paternità.
Esperita consulenza tecnica, con sentenza n. 787 del 2018 (successivamente corretta da alcuni errori materiali che la inficiavano nell’indicazione dei nomi delle parti) il Tribunale di Benevento ha dichiarato che la sig.ra G.S., nel frattempo deceduta il *****, era figlia di V.M., mandando all’ufficiale di stato civile di provvedere agli adempimenti di competenza e condannando i convenuti alla rifusione delle spese in favore degli eredi dell’attrice, nel frattempo costituitisi in giudizio, ossia M.C., A. e C.R..
2. Avverso la predetta sentenza di primo grado hanno proposto separatamente appello, da un lato, M.D. e V.M.A., e, dall’altro, T. Vetere e F. e D.A., a cui hanno resistito gli eredi dell’attrice M.C., A. e C.R..
La Corte di appello di Napoli con sentenza del 16/2/2019 ha respinto gli appelli, condannando gli appellanti alla rifusione delle spese del grado.
3. Avverso la predetta sentenza del 16/12/2019, notificata a mezzo p.e.c. in data 27/2/2020, con atto notificato il 17/9/2020 hanno proposto ricorso per cassazione V.T. e F. e D.A. nei confronti di M.C., A. e C.R., coinvolgendo altresì per integrità del contraddittorio M.D. e V.M.A. ed il Pubblico Ministero, svolgendo nove motivi, così rubricati:
1. ex art. 360 c.p.c., n. 3, 4 e 5, in relazione agli artt. 39 e 273 c.p.c., correlati agli artt. 3,24 e 111 Cost., nonché agli artt. 112,113,114,115 e 116 c.p.c. e all’art. 6 CEDU;
2. ex art. 360 c.p.c., n. 3, 4 e 5, in relazione agli artt. 3,24,101 e 111 Cost., nonché agli artt. 253 e 269 c.c., e agli artt. 112,113,114,115,116, 1175 e 189 c.p.c. e all’art. 6 CEDU;
3. ex art. 360 c.p.c., n. 3, 4, 5, in relazione agli artt. 3,24,101 e 111 Cost., nonché agli artt. 253 e 269 c.c., e agli artt. 112,113,114,115,116 e 195 c.p.c. e art. 2697 c.c. e all’art. 6 CEDU;
4. ex art. 360 c.p.c., n. 3, 4, 5, in relazione agli artt. 3,24,101 e 111 Cost., nonché agli artt. 253 e 269 c.c., e agli artt. 112,113,114,115,116 e 195 c.p.c. e all’art. 6 CEDU;
5. ex art. 360 c.p.c., n. 3, 4, 5, in relazione agli artt. 3,24,101 e 111 Cost., nonché agli artt. 253 e 269 c.c., e agli artt. 51,112,113,114,115,116 e 195 c.p.c. e all’art. 6 CEDU;
6. ex art. 360 c.p.c., n. 3, 4, 5, in relazione agli artt. 3,24,101 e 111 Cost., agli artt. 112,113,114,115 e 116, c.p.c. e all’art. 6 CEDU;
7. ex art. 360 c.p.c., n. 3, 4, 5, in relazione agli artt. 3,24,101 e 111 Cost., nonché agli artt. 112,113,114,115 e 116, c.p.c. e all’art. 6 CEDU;
8. ex art. 360 c.p.c., n. 3, 4 e 5, in relazione agli artt. 3,24,101 e 111 Cost., nonché agli artt. 112,113,114,115 e 116, c.p.c. e all’art. 6 CEDU;
9. ex art. 360 c.p.c., n. 3, 4 e 5, in relazione agli artt. 3,24,101 e 111 Cost., nonché agli artt. 112,113,114,115 e 116 c.p.c. e all’art. 6 CEDU.
Con istanza del 2/10/2020 i ricorrenti hanno chiesto di essere rimessi in termini ai sensi dell’art. 153 c.p.c., comma 2, argomentando sull’inapplicabilità dell’art. 325 c.p.c. e sulla situazione emergenziale legata alla pandemia Covid 19.
Con atto notificato il 15/10/2020 hanno proposto controricorso gli intimati M.C., A. e C.R., chiedendo in principalità la dichiarazione di inammissibilità del ricorso per tardività, con la condanna dei ricorrenti per responsabilità aggravata, e in subordine, previa integrazione del contraddittorio con gli eredi di V.M., il rigetto dell’avversaria impugnazione.
Entrambe le parti hanno depositato memoria illustrativa.
I ricorrenti hanno chiesto con riferimento al D.L. n. 137 del 2020, art. 23, comma 8 bis, l’ammissione alla discussione orale.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. In linea preliminare la Corte non ravvisa l’opportunità di una discussione orale della controversia, così come richiesto dai ricorrenti, peraltro con riferimento ad una norma non applicabile alla fattispecie (in cui l’esame del ricorso era stato fissato in camera di consiglio), ossia il D.L. n. 137 del 2020, art. 23, comma 8 bis, che si riferisce ai ricorsi proposti per la trattazione in udienza pubblica a norma degli art. 374 c.p.c., art. 375 c.p.c., u.c., e art. 379 c.p.c..
2. Il ricorso è stato proposto tardivamente, come del resto riconoscono gli stessi ricorrenti, che hanno richiesto la rimessione in termini.
La sentenza impugnata della Corte di appello di Napoli depositata il 16/12/2019 e rettificata il 26/2/2020, è stata notificata a mezzo p.e.c. al procuratore dei ricorrenti in data 27/2/2020.
Il ricorso è stato notificato solo il 17/9/2020 e quindi ben oltre il termine di giorni sessanta stabilito dall’art. 325 c.p.c., che scadeva il 30/6/2020, tenuto debitamente conto del carattere bisestile dell’anno 2020 e della sospensione dei termini processuali per l’emergenza sanitaria scaturente dalla pandemia Covid 19 dal 9/3/2020 all’11/5/2020, disposta con i decreti L. 17 marzo 2020, n. 18, convertito con modificazioni in L. 24 febbraio 2020, n. 27, e 8/4/2020 n. 23, convertito con modificazioni in L. 5 giugno 2020, n. 40.
3. La richiesta di remissione in termini avanzata dai ricorrenti ai sensi dell’art. 153 c.p.c., comma 2, non può essere accolta.
Secondo tale disposizione la parte che dimostra di essere incorsa in decadenze per causa ad essa non imputabile può chiedere al giudice di essere rimessa in termini, a norma dell’art. 294, secondo e comma 3.
3.1. Nella fattispecie la stessa lettura dell’istanza in parallelo al ricorso introduttivo dimostra che i ricorrenti sono incorsi in decadenza per causa a loro imputabile, visto che essi deducono che l’emergenza sanitaria che avrebbe paralizzato le attività del loro difensore sarebbe cessata il 26/6/2020 e quindi in una data che avrebbe ancora consentito la notificazione del ricorso prima del 30/6/2020.
3.2. In secondo luogo, le affermazioni dei ricorrenti circa l’inoperatività dei servizi di cancelleria della Corte di appello di Napoli, peraltro indimostrata, perdono di ogni efficacia e rilevanza ove si consideri, da un lato, l’introduzione a pieno regime del processo civile telematico presso gli uffici giudiziari italiani e in particolare presso la Corte partenopea, e, dall’altro il documentato ritiro del loro fascicolo di parte e di tutti gli atti necessari per la predisposizione del ricorso sin dal 29/1/2020.
3.3. In terzo e dirimente luogo, le argomentazioni – peraltro del tutto generiche – svolte dai ricorrenti circa l’esistenza e diffusione della pandemia, la situazione sanitaria campana, il “terrore” sparso “per nobili fini dalle ordinanze presidenziali”, la qualificazione come una “pazzia” l’uscita da casa del difensore dei ricorrenti e degli stessi ricorrenti, debbono cedere all’evidenza che il legislatore ha regolato, in via generale ed astratta, con specifici provvedimenti aventi forza di legge, lo svolgimento dell’attività giudiziaria nel contesto pandemico, sospendendola, con alcune eccezioni, nello specifico periodo 9/3-11/5/2020, e per il resto disciplinandola con apposite misure volte a contenere il rischio di contagio.
3.4. Per altro verso, i ricorrenti argomentano in modo del tutto generico e perciò totalmente inidoneo a comprovare una situazione di impossibilità giustificatrice derivante dalla forza maggiore sia quanto alla situazione pandemica in Campania e in particolare nel Comune di Guardia Sanframondi, sia quanto alle condizioni personali dei ricorrenti e del loro difensore.
3. Il ricorso deve quindi essere dichiarato inammissibile.
Le spese seguono la soccombenza liquidate come in dispositivo.
Non può essere accolta la richiesta di condanna proposta dai controricorrenti al risarcimento dei danni per lite temeraria, in evidente riferimento all’art. 96 c.p.c., comma 2 e non già al comma 3 dello stesso articolo, in difetto di idonee allegazioni da parte loro in ordine al danno subito.
Infatti la domanda di risarcimento dei danni ex art. 96 c.p.c., non può trovare accoglimento tutte le volte in cui la parte istante non abbia assolto all’onere di allegare (almeno) gli elementi di fatto necessari alla liquidazione, pur equitativa, del danno lamentato (Sez. 3, n. 21798 del 27/10/2015, Rv. 637545 – 01; Sez. U, n. 7583 del 20/04/2004, Rv. 572205 – 01).
4. La Corte ritiene necessario disporre che, in caso di utilizzazione della presente sentenza in qualsiasi forma, per finalità di informazione scientifica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, sia omessa l’indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi delle parti riportati nella sentenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese in favore dei contro ricorrenti, liquidate nella somma di Euro 6.000,00 per compensi, Euro 200,00 per esposti, 15% rimborso spese generali, oltre accessori di legge;
rigetta la domanda dei controricorrenti di risarcimento dei danni ex art. 96 c.p.c..
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.
Dispone che, in caso di utilizzazione della presente sentenza in qualsiasi forma, per finalità di informazione scientifica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, sia omessa l’indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi delle parti riportati nella sentenza.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Prima Sezione civile, il 20 settembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2021